Monaco 1929. La madre di Edgar è pianista, il padre editore, casa sua è abitualmente frequentata da Thomas Mann, Carl Schmitt e Richard Strauss. Di fronte a casa sua abita un uomo il cui volto comincia allora a comparire sulle pagine dei giornali: Edgar lo osserva salire e scendere dalla sua Mercedes nera senza sapere nulla di lui e senza curarsene troppo. Fino al 1933, quando quel suo vicino, Adolf Hitler, viene nominato cancelliere del Reich e la sua vita, così com'era prima, finisce: ciò che fino ad allora gli era sembrata un'avventura si trasforma in un incubo, tra rappresaglie, arresti e fucilazioni. Il suo migliore amico Ralph non gli parla più, e sua madre la sera firma con gli occhi rossi le croci uncinate che disegna sui suoi quaderni di scuola. "È la fine della Repubblica mio piccolo Bürschi, guarda molto attentamente. Non devi dimenticare", proverà a spiegargli suo padre davanti alle immagini dei deputati in camicia bruna che si scambiano il saluto. Edgar e la sua famiglia dovranno partire, ma per andare dove? Come vivranno? Chi incontreranno? In questo libro, insieme romanzo di formazione e documento storico, l'autore ripercorre la sua infanzia vissuta nel pieno del fervore culturale e artistico della Germania di Weimar, fino all'incubo improvviso del nazismo e delle persecuzioni razziali: "Me la ricordo bene, la mia infanzia. I miei compagni di scuola ariani mi invitavano alle loro feste di compleanno. A quei tempi non esisteva neppure la parola 'ariano'..."
"La luce si sta spegnendo su tutta Europa e non la vedremo più riaccendersi nel corso della nostra vita": sir Edward Grey, segretario di Stato inglese per gli Affari esteri, percepì con chiarezza le dimensioni della crisi che nel giro di pochi giorni, di poche ore, avrebbe portato il continente europeo sull'orlo della catastrofe. Ma lo scoppio del conflitto, nell'agosto 1914, non fu che l'ultima maglia di una lunga catena di eventi, il momento che racchiuse - comprimendole - inquietudini e aspirazioni di un'epoca intera. Insieme ai profondi mutamenti sociali, culturali e tecnologici che trasformarono la natura della civiltà europea tra Ottocento e primo Novecento, l'autrice ripercorre gli antefatti, le tensioni accumulate, le scelte contingenti, spesso dovute a fraintendimenti, debolezze, ripicche tra politici e generali: il risultato è una ricostruzione, capillare e brillante, di un'ora fatale dell'umanità.
Volevo dimostrare di non essere da meno di un uomo" ha risposto Erna Petri a chi le chiedeva come avesse potuto freddare a bruciapelo sei bambini ebrei ai quali, poco prima, aveva offerto ospitalità e cibo. E il suo non fu un gesto isolato. Durante la Seconda guerra mondiale, quando il Reich si estese verso est, migliaia di giovani tra insegnanti, infermiere, segretarie e interpreti si trasferirono nelle regioni occupate e finirono per essere coinvolte nella macchina dell'Olocausto: nei lager ben cinquemila guardie, un decimo del totale, erano donne. La storiografia si è occupata poco di loro, e così anche i processi giudiziari, da Norimberga in poi. Dopo numerose ricerche d'archivio e interviste ai testimoni, l'autrice porta alla luce un mondo di inconcepibile ferocia, aggiungendo un tassello fondamentale alla comprensione della più grande tragedia del Novecento, ma soprattutto della storia e della natura umana.
Tra l'estate del 1914 e la fine del 1918 si svolse il primo grande conflitto che coinvolse quasi tutte le più influenti potenze mondiali e che, per le caratteristiche di guerra totale che assunse, rappresentò la più feroce contesa armata mai combattuta fino a quel momento. Questo volume raccoglie le prime pagine del "Corriere" relative a quegli anni: dall'attentato di Sarajevo all'intervento italiano, dal coinvolgimento delle nazioni extraeuropee alle sanguinose battaglie su fronti contrapposti fino all'armistizio che sancì la risoluzione delle ostilità. Un libro per tutti gli appassionati di storia e per tutti coloro che, attraverso una selezione arricchita da commenti e approfondimenti, desiderano comprendere il significato e la portata di un momento imprescindibile della storia dell'umanità. Con un inserto speciale a colori sulle più belle prime pagine della "Domenica del Corriere" degli anni della guerra. Introduzione di Paolo Mieli.
"Hitler è il portavoce di un gruppo di intellettuali formatosi nella dimestichezza con la cultura occulta": questa la tesi dirompente che da vent'anni Giorgio Galli oppone all'idea che il nazismo sia stata solo la follia sanguinaria di un megalomane. Analizzando elementi a lungo trascurati dagli storici, l'autore evidenzia come proprio il legame con gli ambienti esoterici permetta di spiegare il percorso di Hitler, dalla sua ascesa appoggiata da influenti personaggi di circoli esoterici austriaci e tedeschi alla scelta di dare avvio a una folle guerra contro l'intera Europa, fino alle ultime disperate mosse prima della caduta. L'indagine di Galli, che ha saputo mettere in evidenza aspetti sconosciuti della storia del Novecento, si spinge fino alle radici intellettuali del movimento nazista e racconta di un'Europa inquietante: massona, esoterica, irrazionale. E di come il Führer seppe trasformarla nel proprio dominio.
“Esco nella strada che brucia! Intorno a me, tutto è in fiamme. Il ghetto è un mare di fuoco. È spaventoso. Nessuno sa dove scappare. Il muro del ghetto è completamente circondato, nessuno può entrare o andar via. I vestiti ci bruciano addosso. Il fumo ci soffoca. Molti, quasi tutti, invocano Dio. Muto come una sfinge, Dio non risponde. E voi, popoli della Terra, perché tacete, non vedete che ci stanno uccidendo? Perché non dite niente?” Così termina il diario ritrovato di una giovane testimone di uno degli episodi più atroci della Seconda guerra mondiale: l’annientamento del ghetto di Varsavia.
È l’aprile del 1943 quando Himmler incarica il generale delle SS Jürgen Stroop di radere al suolo il quartiere e di sterminare i ribelli che pochi mesi prima avevano osato insorgere contro la furia nazista. La stessa sorte toccherà a tutti gli abitanti superstiti. Tra loro c’è un bambino che, immortalato con le mani alzate e il volto impaurito, diventerà l’immagine simbolo dell’Olocausto.
Ma chi è? Che ne è stato di lui? È riuscito a salvarsi? Per rispondere a queste domande, Dan Porat ricostruisce le vicende di quel giorno e della distruzione del ghetto di Varsavia. Lo fa ripercorrendo più di sessant’anni di storia in un libro che intreccia le vite di quel bambino, di una giovane ebrea attiva nella resistenza e di tre soldati SS; un libro in cui assieme alla narrazione viva e partecipata di quel dramma scorrono le fotografie selezionate da Stroop per documentare la “Grosse Aktion” nazista, e altre inedite scovate dall’autore in anni di ricerche: volti e gesti di uomini e donne comuni che il caso destinò a essere vittime o carnefici.
Ezio Tarantelli cade sotto una raffica di mitra il 27 marzo del 1985 all'uscita della Sapienza di Roma, dove insegna. Le Brigate Rosse colpiscono così uno dei grandi artefici della riforma del lavoro, l'uomo simbolo della lotta all'inflazione, l'economista che ha osato mettere in discussione la scala mobile e il cui obiettivo fondamentale è stato, da sempre, uno: creare le condizioni per un mondo in cui nessuno debba più subire la disoccupazione. Questo libro è il viaggio del figlio Luca nella memoria del padre. Dopo venticinque anni di silenzio ha raccolto le forze e il coraggio per ricostruirne la vita, la personalità e il pensiero. Attraverso centinaia di testimonianze e decine di interviste, in gran parte inedite, Luca ci restituisce il ritratto di una delle figure più luminose degli Anni di piombo: un intellettuale libero, senza vincoli a partiti o istituzioni e mosso esclusivamente dall'incrollabile fiducia nelle proprie idee e dalla ricerca ostinata di soluzioni concrete alle sofferenze sociali. Un uomo che aveva sognato di ridisegnare il sistema delle relazioni industriali in nome della concertazione e del riconoscimento della dignità e dei diritti di tutte le parti. Le cui proposte, in anticipo di quasi vent'anni sul suo tempo e ancora attualissime, vennero tradite. Queste pagine ci offrono un potente scorcio degli anni Settanta e Ottanta come non ce li ricordiamo, un pezzo di storia rimossa dalla memoria collettiva... Prefazione di Carlo Azeglio Ciampi.
Ventisei chilometri di scaffali, oltre trenta milioni di fascicoli, mappe, disegni, grafici, quaderni, liste, effetti personali, fotografie: le stanze segrete dell'ex caserma delle Ss di Bad Arolsen custodiscono l'archivio definitivo dell'Olocausto, il registro più completo dell'ossessione nazista di documentare e catalogare ogni singolo aspetto dello sterminio. Un inferno di carta. Perché delle loro vittime gli aguzzini annotavano tutto, in bella calligrafia e su appositi moduli: i particolari agghiaccianti delle loro reazioni agli esperimenti scientifici e alle ispezioni, le inclinazioni sessuali, i comportamenti durante gli interrogatori e le torture, la composizione del rancio, i trasferimenti, gli orari dei decessi fino nel dettaglio dei minuti. Solo nel 2007, a più di sessant'anni dalla fine della guerra, e dopo un estenuante braccio di ferro diplomatico tra gli undici Paesi firmatari di un accordo sull'archivio, la Germania ha finalmente deciso di togliere i sigilli e di aprirlo al pubblico. Marco Ansaldo è il primo italiano a essersi addentrato in questo labirinto di fogli e storie. Quelle ignote degli internati illustri - Anna Frank, Primo Levi, i Finzi-Contini, Mike Bongiorno diciannovenne in fuga verso l'America - e quelle travagliate dei molti anonimi dimenticati. Vite spezzate, famiglie distrutte, gesti, vicende e destini che trasformano questo libro in un romanzo corale sulla forza dell'uomo e la sua costante ricerca della salvezza.
A Jalalabad, in Afghanistan, un distaccamento delle forze speciali della marina americana si prepara a entrare in azione: controllano il funzionamento delle armi portatili, verificano l'efficienza dei collegamenti radio, provano i mirini laser e i visori notturni, regolano le cinghie di imbragature ed elmetti. A Washington, Obama riunisce nella Situation Room della Casa Bianca le massime cariche di esercito e servizi segreti per passare in rassegna un'ultima volta il piano d'assalto: per il prestigio del Paese e del suo governo la posta in gioco è colossale. È il 1 maggio 2011: dopo mesi di sorveglianza e dieci anni di indagini, analisi e preparativi sempre più sofisticati, due Black Hawk silenziati e verniciati di nero attraversano nel buio il confine del Pakistan verso Abbottabad per chiudere la caccia iniziata all'indomani dell'undici settembre. Meno di un'ora dopo, uno dei militari trasmette via radio il messaggio in codice: "Geronimo E.K.I.A." enemy killed in action. L'America ha ucciso bin Laden. In questo reportage, Mark Bowden ripercorre la coreografia dell'intervento. Attingendo a fonti esclusive presso Casa Bianca, Cia e Pentagono svela retroscena non solo dell'operazione ma della guerra al terrorismo: dalla "vena madre" di documenti rinvenuta nel "raid di Sinjar" del 2007 all'identificazione di un misterioso "Passeggiatore" dietro le mura di cinta del complesso di Abbottabad; dagli interrogatori dei prigionieri di Guantanamo alle simulazioni dei Navy Seals in Nevada.
"Ho bisogno solo di qualche migliaio di morti da gettare sul tavolo delle trattative": così nell'estate del 1940 Mussolini giustifica all'allora capo di stato maggiore, Pietro Badoglio, l'ingresso dell'Italia nella Seconda guerra mondiale. E quando un anno dopo Hitler invade la Russia il Duce, abbagliato dalla possibilità di una vittoria veloce a fianco dei nazisti e della spartizione del bottino, invia in poche settimane un corpo di spedizione a sostegno delle truppe tedesche. Il prezzo di questa decisione, frutto di un calcolo cinico quanto catastroficamente sbagliato, è altissimo: dei 220.000 soldati italiani che nella primavera 1942 sono dislocati sul Don solo 100.000 tornano a casa. Impreparati sul piano militare, mal equipaggiati, guidati da comandi incompetenti e costretti a subire continue umiliazioni anche dai propri alleati, soccombono alla forza d'urto dell'esercito sovietico e al martirio della ritirata, alla fame, al gelo, alle condizioni disumane dei campi di lavoro e di rieducazione. Alla fine della guerra, le esigenze dei veterani si perderanno nel turbinio della retorica patriottica e la verità sul trattamento ricevuto da parte dei russi e le grandi sofferenze patite verrà sacrificata alle esigenze della propaganda politica: "Dite che siete stati bene" ordinerà qualcuno. A settant'anni dalla campagna di Russia, Hope Hamilton ripercorre la storia del corpo degli alpini attraverso le testimonianze di chi partecipò alla spedizione.