In questo saggio l'autore rilegge tutta la letteratura, la cultura e la civiltà occidentali muovendo dalla tesi, originale e dirompente, secondo cui la lirica cortese e la relativa concezione dell'amore derivano dall'eresia catara, diffusasi in Occidente tra l'XI e il XIII secolo.
Un deforme schiavo frigio costruisce con parole di favola un democratico palcoscenico di provincia. Calcano la scena gli eroi di una nuova letteratura: la volpe e l'agnello, il cervo e il leone, l'asino e il cavallo, la cicala e la formica, il pastore e il lupo. Duemila anni dopo, il lettore moderno coglie nell'eternità dei ruoli che essi rappresentano uno dei frutti più fecondi della fantasia greca e sorride dinanzi all'immutabilità della natura umana. Introduzione di Giorgio Manganelli. Nota di Giovanni Mardersteig. Con le xilografie veneziane del 1491.
Lo scrittore di narrativa presenta il mistero attraverso il sociale, la grazia attraverso la natura, ma sempre, giunto al termine, deve perdurare quel senso del Mistero che nessuna formula umana può liquidare.
Una prolungata immersione nelle profondità dell'io, una turbolenta esplorazione dei luoghi più reconditi e inaccessibili della nostra interiorità. Questo ha significato per Carl Gustav Jung portare alla luce i ricordi di una vita e scrivere la propria autobiografia. Un travaglio attraverso il quale lo psichiatra di Zurigo riuscì a far riaffiorare gli intimi legami che univano le idee della maturità, esposte all'interno delle sue opere scientifiche, alle sue più torbide memorie: l'infanzia, i viaggi, le immagini sconvolgenti che ne segnarono le prime esperienze oniriche, la passione per la filosofia, la letteratura e le religioni, gli studi e i primi successi professionali; fino all'incontro con Sigmund Freud, la collaborazione tra i due, le incomprensioni e le rivalità. Pagine in cui Jung racchiuse la sostanza spirituale del proprio insegnamento e tracciò una meravigliosa geografia dell'animo umano.
Cosa può succedere quando tre amici (e un cane) decidono di compiere un viaggio in barca lungo il Tamigi? Di tutto, quando a partire sono J. e i suoi amici: J. è un sanissimo ipocondriaco sicuro di avere tutte le malattie tranne il ginocchio della lavandaia; Harris è sempre pronto ad assumersi il peso di tutto, per poi scaricarlo sulle spalle altrui; George è dotato dell'invidiabile capacità di dormire in qualunque circostanza; e infine c'è Montmorency, il fox terrier della compagnia, nonché membro più saggio del gruppo. In un susseguirsi di esilaranti peripezie e avventure paradossali, Jerome dà vita a un'arguta narrazione capace di entusiasmare anche il lettore di oggi. Perché, come ricorda Manlio Cancogni nell'introduzione, "la fama di Tre uomini in barca non è mai diminuita dal tempo in cui fu scritto", e il libro continua a conquistare "lettori di ogni specie, uomini, donne, vecchi e ragazzi".