L'Italia sta diventando sempre meno cristiana, più secolarizzata, con una consistente presenza musulmana, e soprattutto più individualista: spesso anche chi crede lo fa a modo suo, senza curarsi dei dogmi della fede. Come reagisce il cardinale Ruini a una situazione del genere? Non facendo sconti sulle esigenze del cristianesimo ma dando dei motivi concreti per credere e vivere da cristiani. La Chiesa sembra spesso in ritirata, sul piano pastorale come su quello culturale e su quello politico. Ruini sottolinea i legami profondi che uniscono la fede alla cultura e la cultura alla politica, legami che la Chiesa non deve stancarsi di promuovere. Due grandi domande gli stanno particolarmente a cuore: anzitutto la domanda su Dio, non solo sulla sua esistenza ma sulla sua rilevanza per noi. In secondo luogo la vita oltre la morte, quella vita piena che ci è promessa nella risurrezione di Cristo. Il cardinale è realista, non si nasconde le difficoltà che stiamo attraversando. Crede però nella libertà. Perciò ritiene che il futuro sia sempre aperto. Le sue parole danno serenità e aprono alla speranza.
Il teologo Giuseppe Ruggieri affronta la complessa questione dell'unificazione della realtà nell'esperienza di fede e si chiede se la teologia possa ancora continuare a fare ricorso a un'ontologia generale e a un sapere metafisico che funga da raccordo tra le varie esperienze e linguaggi contemporanei. Il volume avanza la proposta di una "teologia storica", ovvero di un sapere credente che, consapevole della distanza che separa il tempo presente dal clima culturale ed ecclesiale del passato, è in grado non solo di cogliere svolte e continuità, ma anche di aiutare a discernere nuove vie di testimonianza del vangelo.
Il problema della giustificazione della proprietà privata attraversa l'intera storia umana. A lungo il dibattito ha fatto prevalentemente ricorso ad argomenti teologici o comunque metafisici (dai miti mesopotamici ai giusnaturalisti). La secolarizzazione e positivizzazione del diritto, che ha caratterizzato le fasi iniziali della modernità capitalistica, si è dovuta misurare con due influenti culture critiche: la dottrina sociale della Chiesa e il marxismo. Con la globalizzazione ritorna un sistema economico e giuridico basato sull'individualismo possessivo. Le giustificazioni del neoliberismo appaiono a molti una nuova teologia: il mercato come Dio, è stato detto. Il libro ripercorre nelle grandi linee l'intera vicenda, e sottolinea l'attualità della dottrina sociale della Chiesa, e del nesso che essa instaura tra questione sociale e questione antropologica.
Nessuno, ma proprio nessuno di noi, cittadini dell'Occidente avanzato, accetta più di considerarsi o di venire considerato "vecchio". A qualsiasi età qualcuno muoia, muore giovane. Anzi: troppo giovane. E tutto ciò perché la vecchiaia nel nostro tempo è scomparsa, ostracizzata, resa oscena, diventata non più degna di venire a parola, praticamente espulsa dal ciclo naturale dell'esistenza umana. Siamo messi così di fronte all'effetto più conturbante che l'odierno fenomeno della longevità di massa ha sull'immaginario diffuso: grazie ad essa, non si pensa di avere oggi una vita semplicemente più lunga dei nostri antenati, il cui ultimo tratto si chiama appunto vecchiaia, naturalmente proiettato sull'evento della morte. Si ritiene piuttosto di avere a propria disposizione più vite, più esistenze, più possibilità, più occasioni, in cui ricominciare sempre daccapo e grazie alle quali potersi sentire sempre giovani e disponibili a nuovi cambiamenti e progetti, eterni tirocinanti nel laboratorio dell'esistenza. In ogni caso mai adulti o vecchi o semplicemente mortali. Ed è per questo che si muore sempre troppo giovani ed alla realtà della morte viene tolto quel valore di questione ultima e decisiva per la qualità della vita stessa. Questo libro interroga in profondità tali cambiamenti, la loro ripercussione nell'ambito delle relazioni educative e sociali, ed infine il loro effetto sulla pratica della fede, mai immune da ciò che tocca l'umano che è comune.
L'indizione di un Giubileo sul tema della misericordia induce a riprendere il grande tema del soffio divino sulle acque del creato di cui nel primo versetto della Genesi. Lo spirito scende sulle acque turbolente della terra ora con forza, ora come una carezza e giunge fino agli estremi della decadenza del creato chiamati tohu e bohu, cioè tenebre e desolazione; fra le pieghe del male estremo, in cui sono le acque stagnanti del creato, si nasconde però ancora un fremito di vita sul quale soffia lo spirito divino per un tempo che noi consideriamo con l'incerto vocabolo di eterno fino a ricondurre tutto verso l'armonia della misericordia creatrice.
Per circa due secoli, un intero filone di ricerche intellettuali, sia sincere sia propagandistiche, ha cercato di convincerci degli errori, delle colpe e infine dell'insignificanza del cristianesimo. Oggi queste ricerche hanno esaurito la loro spinta iniziale: l'ateismo è morto di morte naturale. È morto perché non è riuscito, nonostante l'abbondante tempo a disposizione, a portare a compimento il programma di ricerca che si era assegnato. L'ateismo è morto, insomma, perché non ha saputo proporre una visione filosofica alternativa di un qualche valore e che offra un senso all'esistenza umana. È probabile che, nella sua caduta, l'ateismo trascinerà con sé anche il nichilismo, altro triste prodotto della cultura europea degli ultimi secoli. Nel silenzio dell'ateismo contemporaneo, la voce del cristianesimo torna a farsi sentire e diventa di nuovo la grande impresa intellettuale della nostra epoca.
Da secoli la fortezza silenziosa della Chiesa cattolica è la presenza delle donne: sono loro che principalmente trasmettono la fede alle nuove generazioni e sono sempre loro che con generosità portano a compimento numerosi ministeri ecclesiali. Eppure all'orizzonte appaiono i primi segni di rottura di questa intesa. Protagoniste di un tale cambiamento di rotta sono soprattutto donne che hanno tra i 20 e i 40 anni: vanno di meno a Messa, scelgono di meno il matrimonio religioso, pochissime ancora seguono una vocazione religiosa, e più in generale esprimono una certa diffidenza verso la capacità educativa degli uomini di religione. Prima che sia troppo tardi, è questa l'ora di provare a rinegoziare i termini di una nuova alleanza tra la Chiesa e le donne.
Oggi l'opposizione tra il laicismo e la Chiesa cattolica, tra l'esistenza senza Dio, libera dai valori tradizionali, e l'esistenza nella fede cristiana, in Dio e con la libertà legata alle norme morali cristiane, sembra "essersi avviata su un binario morto". Il vero conflitto, invece, ha luogo tra i laicisti da un lato e i tanti laici dall'altro, che vivono con Dio e in libertà sulla base dei valori cristiani affermati dalla Chiesa. Percorrere quest'ultimo binario è lo scopo del libro, che mette a confronto la filosofia laicista di origine illuministica con la filosofia della grande tradizione filosofica cui si richiamano i laici cattolici, nonché la Chiesa stessa. Dopo un'analisi approfondita di questo tema centrale, il volume chiarisce alcuni fraintendimenti su punti talvolta ritenuti "irragionevoli" della fede cristiana, per poi affrontare la discussione dei temi più attuali nel campo dell'etica e in particolare della bioetica.