Un'assolutista travestita da illuminista? O l'interprete più coraggiosa della vicenda storica della Russia, capace di tradurre le idee più avanzate della seconda metà del Settecento in una proficua stagione di governo? Fin dalla sua ascesa al trono Caterina II di Russia è stata prigioniera di un mito contraddittorio. Nel delineare la sua figura non sempre è stato facile per i biografi sottrarsi al fascino delle leggende accumulatesi attorno al suo personaggio e alla sua opera: quelle che la dipingono come la «Messalina del nord», la sovrana dall'appetito sessuale smisurato; o, di contro, quelle che la raffigurano come la monarca "illuminata" autrice del 'Nakaz', l'Istruzione in cui sintetizza le idee dei 'philosophes', e come colei che è riuscita a liberare per sempre l'Europa dal pericolo degli Ottomani. In questa biografia politica, l'autore ricostruisce dapprima la formazione personale di una Caterina che cerca di sovvertire le regole scritte e gli usi della tradizione per trovare la propria identità, le radici delle sue convinzioni e delle sue scelte; e poi percorre le tappe fondamentali - di cui rivela aspetti poco noti e retroscena inediti - di un regno che si è intrecciato con quel processo di trasformazione dell'impero russo da monarchia tollerata nel concerto degli Stati europei a potenza in grado di gettare un ponte verso il continente asiatico. Ma racconta anche i successi e i fallimenti di un'intera generazione politica alle prese con trasformazioni destinate a mutare il volto di una società di Antico regime rigidamente divisa in ordini. Così i rapporti mutevoli e ambivalenti della zarina con l'Europa occidentale sono posti in una prospettiva originale che spinge a interrogarsi sulla storia della Russia e sul suo ruolo nella costruzione dell'identità europea. l'indice, possa scomporre e ricomporre il testo affrontando i temi secondo la priorità d'interesse.
Si può immaginare un Napoleone giardiniere, con un largo cappello di paglia e un comodo camicione di lino per difendersi dal sole, che zappa e innaffia nella illusoria speranza di far crescere le sue stentate piantine al caldo e all'umido dei Tropici? A Sant'Elena Napoleone fu anche questo. Allontanando i fantasmi del passato, impastati di gloria e di sconfitta, egli usò il lungo esilio per guardarsi dentro, lavorare sulla memoria, scoprire la vastità di uno spazio interiore, dopo che gli spazi non meno vasti ai quali lo avevano abituato le sue imprese si erano ridotti progressivamente a una isola minuscola, a un giardino intorno casa e, quando tutto sta per finire, a una stanza, l'ultima.
Filippo IV fu l'interprete della malinconia di un impero, quello spagnolo, che, nel giro di qualche decennio, oscillò tra apogeo e declino, tra delirio imperialistico e speranza di restare il centro del mondo, tra sfarzo e decadenza. Regnò dal 1621 al 1665, un periodo sconvolto dalla guerra dei Trent'anni (1618-1648), da rivoluzioni e trasformazioni socio-economiche che colpirono tutta l'Europa. Nei primi vent'anni del suo regno fu il sovrano della prima e unica grande potenza mondiale della storia. Ma a metà secolo quella potenza era già in declino, il mondo stava cambiando: nuovi protagonisti si affacciavano sulla scena. Tuttavia Filippo si dimostrò uno statista di primo piano, capace di gestire uno dei periodi più travagliati della storia dell'impero su cui "non tramontava mai il sole". La sua epoca fu l'apoteosi del barocco e Madrid ne fu la capitale: nella vita e nella società di Corte, nel suo cerimoniale, esempio e modello per Versailles; nel mecenatismo del re e del suo favorito Olivares; nelle vite parallele di Filippo, Rubens, Velazquez e Calderon. Gli eccessi del tempo si riflettevano nelle stanze dei suoi palazzi: la sessualità di Filippo fu sfrenata, tanto che qualcuno lo definì "sultano poligamo". Fu attratto da donne nobili e popolane, prostitute, attrici, cantanti. Ebbe molti figli, legittimi e non: alcuni morirono appena nati o bambini. Ebbe una vita familiare sfortunata, colpita da lutti che lasciarono un segno indelebile su di lui, malinconico come il suo impero.
"Del buon uso del tradimento" è il titolo di un celebre libro di Pierre Vidal-Naquet sulla figura e sulla straripante opera del comandante militare, sacerdote, storico Giuseppe Flavio (nato nel 37 d.C. e vissuto fin sotto il regno di Traiano). Straripante e giunta a noi intatta. Come è avvenuta la straordinaria salvazione, caso unico in tutta la storiografia di lingua greca dei quattro secoli che intercorrono tra Polibio e Cassio Dione? Chi prese in carico l'opera e perché? Quale ruolo ebbe in questo prodigioso fenomeno storico-letterario il cosiddetto Testimonium sulla vita e morte di Gesú, inserito nelle Antichità giudaiche di Giuseppe? E cosa intendeva davvero essere quella sottile e tormentata testimonianza? L'interpolazione - se tale è - più controversa della storia dei testi greci racchiude la chiave che può avviare alla soluzione di queste domande. Con qualche sorpresa.
Quarta edizione del Napoleone di Luigi Mascilli Migliorini, vincitore del Grand Prix della Fondation Napoléon, diventato in questi anni una delle maggiori biografie del grande personaggio. Un libro affascinante, un rinnovato, esaustivo contributo alla conoscenza di una delle piú appassionanti figure della storia, in cui la trattazione, resa avvincente dal riferimento a particolari aneddotici e ad autorevoli fonti letterarie, piuttosto che celebrare il politico o l'uomo d'armi, narra la storia dell'uomo, "spettatore e attore" della propria esistenza nel quadro storico in cui ha vissuto.
Il mito di Enea, protagonista dell'Eneide, è uno dei racconti che hanno fatto la storia della cultura europea negli ultimi duemila anni, influenzando in modo determinante l'immaginario collettivo e alimentando innumerevoli riscritture, rivisitazioni, interpretazioni iconografiche e teatrali, oltre a una sterminata messe di studi alla quale danno il loro contributo ricercatori di ogni parte del mondo. Mario Lentano, docente di Letteratura latina all'Università di Siena, affronta per la prima volta questa figura centrale del nostro panorama culturale in chiave biografica, raccontando la sua vita come quella di un personaggio storico: concepimento e nascita, infanzia e giovinezza, età matura, morte e apoteosi, se tale fu. Fonti letterarie, testi storiografici e raffigurazioni su marmo o su terracotta sono interrogati per ricostruire la parabola dell'eroe che i Romani consideravano come il proprio capostipite, il remoto antenato dei gemelli Romolo e Remo, e che per questo tramite è diventato uno dei padri dell'Occidente. Un'avvincente scrittura narrativa, il tono accattivante e l'eliminazione delle note, supplite da una generosa bibliografia finale, rendono questa vita di Enea un libro accessibile a chiunque ami il mito antico e sia curioso di conoscerne un protagonista di primo piano, lo stesso che ha incontrato, da ragazzo, sui banchi di scuola.
Il colpo di sciabola che avrebbe dovuto trafiggere il cranio di Andreas Kramer, rifugiatosi nella chiesa di S. Giovanni dove lo trovarono i lanzichenecchi croati, fu frenato dal corposo volume che il pastore luterano teneva tra le mani, una raccolta di testi biblici e di commenti alle scritture. Era il 1631 e in Europa infuriava la guerra dei Trent'anni. La lama squarciò ma non distrusse quella bibbia, simbolo di un conflitto religioso la cui ferocia sarebbe rimasta insuperata fino al XX secolo. Questo libro racconta la storia di tre luoghi perduti, tre episodi della violenza che si abbatté sulle popolazioni di fede protestante nel cuore del continente: la strage di Valtellina (1620), l'assedio di La Rochelle (1627-'28) e quello di Magdeburgo (1630-'31), dove persero la vita ventimila uomini in poche ore. Tre catastrofi che scossero profondamente l'Europa del tempo e che interrogano ancor oggi la nostra coscienza.
In un mondo come quello odierno, in cui le religioni sono tornate ad essere forza motrice di rivoluzioni politiche e sociali, il "caso Savonarola" appare più che mai emblematico. Si tratta di un `comunicatore' rinascimentale e del suo tentativo di trasformare una città "corrotta" come la Firenze medicea in una Repubblica di santi, avanguardia della rigenerazione dell'intero mondo cristiano. Giovandosi di una ricchissima tradizione di ricerche, la presente biografia ripercorre in chiave aggiornata la controversa vicenda del Frate che pagò con la vita la sua sfida alla Roma di papa Alessandro VI Borgia. Lasciando aperto l'interrogativo sulla santità o l'impostura del personaggio, l'autore presenta con scrupolo di obiettività e con ampie citazioni documentarie la figura di un visionario che salì alla ribalta della grande storia. In un crescendo di rivelazioni e moniti dal pulpito, Savonarola sfruttò spregiudicatamente la sua reputazione di uomo di Dio per elevare Firenze a nuova Gerusalemme, patria di un popolo rinnovato nei costumi e nelle istituzioni. Impose austerità e utilizzò la propaganda, ma si astenne dal fondare la sua riforma sulla violenza. Si attirò per questo il biasimo di Machiavelli, che nel rogo su cui il predicatore salì nel maggio 1498, vide il destino di qualsiasi profeta disarmato. Le ragioni del suo tragico fallimento, destinato a lasciare una traccia durevole sulla coscienza cristiana di Firenze e non solo, sono qui ripercorse alla luce della storia generale dell'Italia di fine Quattrocento, di cui l'autore è tra i maggiori esperti sulla scena internazionale.
Destinati a segnare le sorti del proprio tempo, gli Ordini militari compaiono in Terra Santa nel XII secolo, per difendere i possedimenti dei latini durante le crociate e assistere i pellegrini. Tra le formazioni principali spiccano i cavalieri del Tempio, meglio noti come templari, i cavalieri di san Giovanni detti anche ospitalieri e i cavalieri teutonici. Ma perché nacquero e come acquisirono potere e ricchezza? In parte monaci e in parte guerrieri, questi milites Christi sconvolsero l'ordinamento etico-morale della Cristianità latina, rappresentando una straordinaria novità militare per una società, come quella medievale, che in nome della Guerra Santa seppe riunire uomini di preghiera e uomini d'armi. Questo libro indaga la storia, la struttura e la formazione dei principali Ordini religioso-militari, confrontando sistemi di potere, missioni e costumi, e restituendo, al di là delle leggende e delle fantasie popolari, la vera storia delle armate di Dio.
Né icona marxista, né frutto della guerra fredda: Fidel Castro, l’ultimo Re cattolico, è il più coerente erede, nell’età contemporanea, della cristianità ispanica in America Latina.
Galiziano e cubano, gesuita e comunista, la sua parabola umana e politica è la continuazione ideale dell’eterna lotta della Spagna cattolica contro l’illuminismo prima e la modernità liberale poi, figlie del mondo protestante.
La sua biografia, la sua formazione, il suo universo morale, il suo immaginario politico e sociale, il suo regime, esprimono la concezione organica del mondo tipica di quel retaggio; il suo viscerale odio per il liberalismo, la democrazia rappresentativa, le libertà individuali, l’economia di mercato e i paesi occidentali ne sono il naturale corollario.
Fidel Castro emerge in questo volume come un leader religioso, più che politico; come Re e Pontefice di un ordine confessionale che fuse ciò che il liberalismo aveva separato: politica e religione, individuo e comunità, Stato e società.
La natura totalitaria del suo regime non imitò gli alleati socialisti, ma fu frutto spontaneo della matrice antiliberale del populismo latino: falangismo, peronismo, chavismo sono i suoi più stretti parenti. Il suo Stato fu uno Stato etico dedito a catechizzare i fedeli e convertire gli infedeli con la croce della sua fede e la spada dei suoi eserciti. Il suo comunismo è un’utopia cristiana, culminata nell’invocazione dell’unione di cristiani e musulmani contro il peccato liberale e capitalista. Aveva promesso prosperità, morì intonando lodi alla povertà evangelica: il frutto dei suoi disastri economici.
Guerriero invincibile, sovrano ambizioso, Alessandro Magno è il Conquistatore per antonomasia. Alessandro Magno è uno dei pochi personaggi storici che continuano a ispirare biografie, opere teatrali e cinematografiche: questo volume fa il punto dei più recenti risultati raggiunti dalle ricerche, aggiornando e talvolta rivedendo completamente l’immagine del grande sovrano macedone, la cui morte segna la fine dell’età classica e l’inizio dell’Ellenismo, ossia di un’età universalistica, che, per molti aspetti, ricorda la globalizzazione dei giorni nostri ed è stata a lungo sottovalutata dagli studiosi moderni. La repentina morte di Alessandro consegnò alla leggenda il suo nome e le sue imprese; da allora egli è rimasto nella memoria storica dell’occidente il conquistatore per antonomasia: guerriero invincibile uscito indenne da innumerevoli battaglie, fondatore di numerose di città. Proprio per questo, in tutte le lingue europee, al suo nome si associa l’epiteto che racchiude tutta la sua grandezza: ‘Magno’. In questo libro l’autrice ricostruisce il percorso militare cercando di tracciare anche un profilo umano del grande condottiero. Quando ad esempio ci parla della sua improvvisa scomparsa, dovuta a una violenta malattia, esalta la drammaticità della situazione affinché il lettore possa immaginare come, mentre periva febbricitante, nella mente del sovrano scorressero le immagini del suo più lontano passato, e i sentimenti che lo avevano animato