Negli anni il compito del parroco, "amministratore unico della parrocchia", è divenuto sempre più impegnativo e complesso tanto da occupare molta parte del tempo e delle energie dei sacerdoti che vengono sottratte purtroppo alla cura delle anime, loro primo compito quali pastori. Si è pensato quindi di raccogliere in questo libro alcune delle questioni amministrative con cui il parroco si trova più spesso a contatto, trattandole in una forma "nuova" rispetto alle altre pubblicazioni, privilegiando cioè un approccio "immediato". Si tratta, quindi, non solo di un libro sull'amministrazione della parrocchia, ma di un vero manuale da utilizzare come uno "strumento di lavoro" da parte dei parroci e dai membri del Consiglio Parrocchiale Affari Economici.
«Se continuiamo a parlare di parrocchia non è soltanto perché di fatto esiste, anche se in condizioni precarie di salute, ma perché è il momento di pensare alla presenza della Chiesa a livello locale in modi ben diversi da come finora è stata vissuta e in buona misura continua a esistere». A partire da questa provocazione, mons. Selvadagi si sofferma a riflettere sulle forme di parrocchia che esistono in Italia e nei Paesi occidentali, fortemente indebolite dalla secolarizzazione in termini di capacità aggregativa, di rilevanza sociale e sottoposte a una severa prova di resistenza, per cercare di proporre percorsi che la rendano rilevante nella società e, insieme, più aderente alle attese evangeliche. La parrocchia, per l'autore, vescovo ausiliare di Roma, va in qualche modo vivificata: non si può accettarne una sorta di lento declino, né conservarla per rassegnazione, né la si può ridurre all'aspetto pragmatico-organizzativo: non è infatti in questione «se la parrocchia sia l'unica forma di comunità cristiana, ma come lo possa essere meglio in maniera propria [...] per dare corpo alla sua costitutiva natura comunitaria dell'essere cristiani nel territorio». Una riflessione attuale, appassionata e soprattutto concreta, che apre strade possibili per le comunità parrocchiali, sensibili alle relazioni umane ed orientate a presentare con creatività il Vangelo.
Quando Samuel Favre, giornalista ateo e in cerca di scandali da portare direttamente sul giornale locale, decide di indagare sulla parrocchia di Sant'Ugo, non immagina certo di incappare in un microcosmo così variegato... e così diviso, fragile, ferito. Don Luc Le Goff, il giovane parroco, vorrebbe lavorare a un grande piano di riforma missionaria, sull'onda delle indicazioni di papa Francesco, ma nulla va come previsto: il tran tran quotidiano rischia di avere la meglio su ogni velleità di evangelizzazione. Ma proprio mentre tutto sembra dar ragione alle mediocrità intravista da Sam Favre, ecco che avviene qualcosa di inatteso. Anne Kurian, giovane narratrice francese e voce freschissima nella ricca letteratura cristiana contemporanea, ci offre un romanzo intelligente, divertente e mai cattivo, fine e profondamente spirituale. Chiunque non si riconoscerà nei parrocchiani di Sant'Ugo getti loro la prima pietra!
In un tempo da poco post pandemico, don Giustino (il Gigi Riva dei preti) riceve una chiamata di soccorso da un vecchio amico parroco e "prete del Festival-: è malato e non potrà svolgere il suo incarico di padre spirituale alla kermesse sanremese che quest'anno riapre i battenti al pubblico. Don Giustino, animato dalla sua solita passione per l'uomo in difficoltà (oltre che da quella per Dio), non può dire di no e si mette in moto per raggiungere l'amico e il Festival nazional popolare per eccellenza. Accompagnato da un gesuita che ha vissuto per anni nel lontano Oriente, il prete di Sciurcanosta sta per fare il suo ingresso in un mondo di lustrini e paillettes, di invidie a stento celate, ma anche di intensi affetti e di ricchissima umanità, che riserverà al lettore non poche sorprese... canore e non solo. E nella sua parrocchia? Finalmente, lontano il parroco, laici di destra e di sinistra saranno obbligati a lavorare insieme per far sì che non si perda una tradizione faticosamente conquistata. Un romanzo leggero (ma non troppo), che farà molto ridere e un poco anche commuovere (il che non guasta).
C'è una bella differenza, per un giocatore, tra l'essere inserito nella formazione titolare e l'essere destinato alla panchina. Eppure nella vita della parrocchia la "panchina- ha un fascino tutto particolare: è il luogo in cui vivere da spettatori, senza farsi troppo coinvolgere, pensando che siano altri a dover fare. Quanto sarebbe bello però che tutti potessero scendere in campo, mettendo in gioco i propri talenti! A partire dalla sua esperienza in parrocchia, l'autore indica alcuni atteggiamenti fondamentali per giocare insieme agli altri una buona partita: lo spirito di collaborazione, la stima e il rispetto reciproco, la capacità di fare spazio agli altri. Non si nasce già formati. È necessaria una formazione a tutto tondo e permanente anche alla vita cristiana, nella sua dimensione umana, intellettuale, spirituale, pastorale. Sarà così possibile mettere solide radici, ancorarsi al vangelo e testimoniarlo nella propria vita. Sulla scia di Mosche bianche e di Ricalcolo il percorso, anche questo libro desidera offrire spunti e suggestioni per arricchire la vita delle nostre parrocchie.
Una mattina come tante altre, la gente in parrocchia si accorge che don Giustino è improvvisamente cupo, prima della messa. Di fatto, egli sale all’altare e fa un’omelia durissima, accusatoria...
Le voci si diffondono, la gente comincia a discutere, si scatena una “caccia” senza tregua, che coinvolgerà, in un crescendo di pathos e ironia, tutto il paese e non solo.
Un libro che, partendo da un’occasione dai toni di commedia, diviene una riflessione sul tema dell’accoglienza, delle parrocchie e della condivisione secondo il Vangelo. Non manca nessuno: dalla sindaca leghista al vescovo preoccupato di non finire sui giornali, da un europeo di calcio all’intrattenimento televisivo, dal pettegolezzo di paese alla globalità della “rete”. Ma soprattutto non manca un piccolo animale che diventa la vera cartina di tornasole di tante chiacchiere vane e di tanti discorsi che val la pena affrontare.
Alla vita teologale di fede, speranza e amore – considerata anche in rapporto alla sfida educativa a essa connessa – sono consacrati i testi raccolti in questo volume: si tratta di sette lettere pastorali scritte da Bruno Forte ai fedeli della diocesi di cui è pastore, e ora messe a disposizione «di chiunque voglia meditare sullo specifico dell’esistenza resa partecipe della comunione trinitaria nella Chiesa voluta dal Signore».
Il legame tra doni divini e accoglienza umana esprime perfettamente il raccordo evangelico con la vita concreta, quotidiana e redenta. E, come dice l’autore, «l’impegno che continuamente va vissuto nel proporre e accogliere questo dono può ben a ragione essere indicato come “sfida educativa”, su cui si gioca la vita tutta della Chiesa e la missione dei discepoli, chiamata a portare con la parola e con le opere l’annuncio della buona novella fino alla fine del tempo e agli estremi confini della terra».
In questi giorni in cui la riscoperta del valore educativo è al centro del dibattito non solo ecclesiale, queste pagine si offrono come una riflessione originale e feconda.
La Chiesa è nata come forte elemento di comunione, ma nel tempo ha perso questo suo ruolo diventando momento e struttura di conservazione. È come se si fosse addormentata e, al suo risveglio, il mondo per il quale era stata creata fosse scomparso. Come fare dunque per ritrovare la giusta via? Che cosa bisogna fare perché la parrocchia sia «comunione di comunità» o «comunità per la comunione»?
La parrocchia, per don Tonino, deve riscoprire la sua essenziale natura missionaria, superando ogni forma di frammentazione e di autarchia, e deve accogliere la ricchezza dei doni spirituali presenti nei gruppi, nelle associazioni e nei movimenti.
don Tonino nacque ad Alessano (Lecce) nel 1935. Ordinato sacerdote nel 1957, fu educatore in seminario e parroco. Nel 1982 divenne vescovo di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi. Costruttore infaticabile di pace e di dialogo, dal 1985 presidente nazionale del movimento Pax Christi, fu pastore mite e difensore dei poveri, degli immigrati e degli ultimi che ospitò anche a casa sua. Colpito da un male incurabile, visse il suo calvario facendone un “luminoso poema”. Morì il 20 aprile 1993. Scrittore ispirato e profeta della speranza, si è imposto all’attenzione del pubblico per la profondità del suo messaggio e la freschezza del suo stile. La pubblicazione delle sue opere è stata possibile grazie all’accurato lavoro della Fondazione Don Tonino Bello in collaborazione con le Edizioni San Paolo.