Perché riprendere questi scritti di Ortensio da Spinetoli piuttosto datati, si potrebbe obiettare? Perché i criteri interpretativi delle Scritture sono tuttora attuali, ordinati, oggi come allora, «a scoprire il senso ultimo del testo, cioè quello che l’autore ha voluto propriamente dire. Quello che normalmente non si fa è segnare una linea di demarcazione fra l’eventuale messaggio e quelle che possono essere o, meglio, sono le opinioni, le interpretazioni dell’autore sacro. Il punto critico dell’esegesi è stabilire quanto di soggettivo, di relativo, di secondario vi è nella “parola” che si chiama “di Dio”». (dall’intervista del 1994 a Tempi di Fraternità.)
Questi commenti ai vangeli domenicali rivelano una grande originalità, rispetto a “cose” simili oggi assai più diffuse, ma più scontate. L’autore intende coinvolgere l’ascoltatore, innanzitutto con una prosa molto piacevole, capace di incantare e di inquietare, allo stesso tempo. (dal «Discorso al termine» di A. Levi e B. Rinaldi)
Camillo De Piaz
nato nel 1918, frate dei Servi di Maria, compiuti gli studi è stato ordinato presbitero nel 1940. A Milano ha conseguito poi la laurea in Lettere. Dagli anni della Resistenza – periodo in cui collaborò al foglio clandestino L’Uomo –, è vissuto, come il suo amico e confratello David M. Turoldo, nel convento di S. Carlo al Corso in Milano.
Protagonisti ambedue di una grande stagione di ricostruzione civile, culturale e di rinnovamento ecclesiale, negli anni ’50, diedero inizio al centro culturale “Corsia dei Servi”. Ma venne poi allontanato da Milano nella metà degli anni ’50, e fu trasferito nella sua terra natale, Tirano (Valtellina) dove è rimasto fino alla morte, avvenuta il 31 gennaio 2010. Uomo di vasta cultura, fu attento al dialogo e costruttore di relazioni d’amicizia.
«Se m'avessi detto che dovevi venire stasera, maestro, avrei fatto preparare un pasto degno di te, un festino regale, con molti invitati, come piace a te. E noi ti avremmo ascoltato, sospesi alle tue labbra, abbagliati dalla tua saggezza. Ma tu arrivi così, da solo e senza preavviso. Hai la faccia stanca. Oh, capisco che sei stanco, stanco delle folle, dei discepoli, di tutto!» Attraverso la riproposta drammatizzata della narrazione evangelica, Bellet ci offre la lettura avvincente di un incontro che inquieta e segna in profondità l'uomo Zaccheo, pubblicano, peccatore disprezzato.