A cinquecento anni dal leggendario 31 ottobre 1517, in cui si favoleggia dell'affissione di 95 tesi contro le indulgenze papali da parte di Martin Lutero, il drammaturgo e regista Cesare Lievi ha immaginato di tornare a quella vicenda, nodale per la nostra storia, per mezzo di due gruppi di personaggi d'oggi, italiani e tedeschi. Ognuno di loro è chiamato a riattraversare i dilemmi che hanno dilaniato Lutero e lo hanno spinto ad agire. Tutti sono alle prese con la ricerca di un ricordo, vivo o morto, delle ragioni di quella grande "protesta" che spaccò l'Europa di allora.
Il video "Rebus per Ada", scheggia cinematografica del progetto Ada, cronaca familiare, ispirato all'omonimo romanzo di Vladimir Nabokov, è un gioco di enigmi in forma di ossessivo sogno attraverso il romanzo stesso. L'immagine del sogno, del resto, è proprio fatta di pieni e vuoti, come un enigma, un rebus. Con testi di Stefano Bartezzaghi, Chiara Lagani, Rodolfo Sacchettini, Nadia Ranocchi, Antonella Sbrilli.
"Meglio non veder niente ma sentire come si deve" raccomandò Carmelo Bene a chi assisteva all'evento "Voce dei Canti", di cui fu protagonista nel 1998, nel bicentenario della nascita di Giacomo Leopardi. Un documento video di quasi tre ore. Un laboratorio orale in divenire, proprio una scuola necessaria, giacché "non insegnandosi più il verso, da noi, il calo di qualità e di talento è ormai irrimediabile. L'orecchio se n'è andato", disse Carmelo Bene.
"In quest'opera c'è il ritratto, l'istantanea, di qualcosa di attuale e invisibile. C'è un dolore che sembra riguardare soprattutto l'occidente: la spaccatura micidiale fra noi e l'anima del mondo, quell'energia intuita e sempre tradita, che ci tiene vivi. Questa "anima del mondo", questo pezzo di brace cosmica che brucia nella terra e in ognuno di noi, è ciò che viene fotografato in questa opera. È anche fotografata la distanza fra ciò che sentiamo e il modo in cui viviamo, fra il nostro dentro e il nostro fuori, per dirla semplicemente. "Come siamo andati lontano da ciò che ci tiene in vita!" grida la filosofia. Qui appunto si fotografa quella lontananza. Non abbiamo smesso di credere nella forza della poesia, di pensare a uno spettacolo anche come atto di resistenza contro la Signoria Attuale. Che cosa sia questa Signoria Attuale in parte tutti lo sappiamo e in parte non lo sapremo mai: una forza, comunque, che tenta di fare di noi un ovile muto, di deprimere la nostra vivezza, di metterci sulla schiena pesi schiaccianti. Ci guardiamo intorno e scorgiamo ovunque segni invasivi di questa forza indebolente. Pochi chilometri più in là la vediamo all'opera coi suoi morti ammazzati e bombardati. Ecco, ci muove una voglia d'esortazione, una paura, una pietà. Soprattutto la voglia di tenerci ben desti, di pronunciare parole troppo taciute, di cantare e ballare con la potenza disarmata dei bambini." (Mariangela Gualtieri)
Aristofane, nel Simposio di Platone, prende la parola per definire l'amore come unità dell'essere e ci consegna la sua concezione sull'amore attraverso la narrazione di un mito: un tempo gli uomini erano esseri perfetti, non mancavano di nulla e non c'era distinzione tra uomini e donne. Erano una cosa sola. Zeus, invidioso di tale stato di perfezione, separò l'umano in due: da allora ognuno di noi è alla perenne ricerca della propria metà, e solo trovando la parte assente, quella che ci manca, si può tornare all'antica perfezione.