Il malessere delle nuove generazioni è evidente: sono giovani fragili e stressati, bulli (o peggio) e bullizzati, con disturbi dello sviluppo e disagi psicologici, oggi più che mai. E non è colpa della chiusura sociale causata dalla pandemia, perché i dati prima del 2020 erano già preoccupanti. Sarà colpa dei "genitori Peter Pan"? Sarà colpa della scuola? Sarà perché i ragazzini sono spaventati dall'incertezza del futuro? In una società che li sessualizza precocemente, subiscono abusi attinenti la sfera sessuale; la pornografia, la pedofilia e la pedopornografia non solo non vengono combattute con efficacia, ma sono oggetto di un tentativo ideologico di normalizzazione. Forse, però, sono addirittura più gravi i danni che subiscono attraverso gli schermi dei telefonini, dei tablet e dei computer. E poi, quanta parte del disagio giovanile dipende dai falsi miti sulla droga "leggera" (che in questo libro vengono smantellati uno a uno)? Il rimedio a tanto malessere e a tanto ingiusto dolore innocente sta anche nella riscoperta, nella valorizzazione, nella protezione della famiglia. Nel mettere a fuoco - anche attraverso riflessioni di buon senso e dati e studi consultabili in letteratura - ciò che fa male ai nostri ragazzi, speriamo di invogliare gli educatori a una riflessione più ampia sulla sofferenza delle nuove generazioni, andando oltre i problemi materiali ed economici, che certamente ci sono. Per guardare con gli occhi del cuore, capaci di vedere oltre la realtà oggettiva che è fatta di dati e notizie di cronaca inquietanti. Per guardare dove sta la speranza. Ciascuno di noi può contribuire alla ricostruzione di quello che è andato distrutto. Ma innanzitutto bisogna rendersi conto di che cosa manca e dove sta il problema. Possiamo e dobbiamo farlo. Per amore dei nostri figli (Francesca Romana Poleggi).
"Siamo la societa dell'immagine dove nessuno immagina; pensateci: nessuno pensa più".
Matteo Salvatti. In una società dove l'informazione compulsiva ha sostituito la riflessione, c'è urgenza di tornare ad affrontare i grandi temi della vita, e al tempo stesso fronteggiare quelli quotidiani con profondità.
Matteo Salvatti convoca scrittori del passato, scienziati, filosofi, artisti, teologi a confortare le sue tesi e ad aprirci squarci di pensiero acuto e spesso simpatico sull'esistenza.
Una carrellata di immagini composte con il godibilissimo stile che contraddistingue questo autore, in grado di accompagnare il lettore a interrogarsi con uno sguardo curioso e intelligente sulle "cose del mondo".
Capitoli croccanti che spaziano dalla burocrazia ai Cambiamenti, dal mistero ai privilegi, dal buonsenso alla saggezza, dal gusto agli eroi; parole capaci di incidere e scrollare dal torpore della retorica, stimolando riflessioni su argomenti con i quali forse non ci si era mai confrontati, dilatando i nostri parametri mentali.
Ne risulta una serie di sagge chiacchierate ideali in grado di scuotere con colta originalità e di istruire, tener compagnia e far sorridere: un giardino di osservazioni dove confrontarsi con se stessi e con gli altri.
Con «Quello che gli uomini non dicono. La crisi della virilità», lo psicologo Roberto Marchesini ci ha parlato della mancanza di senso della vita dell'uomo d'oggi. Tuttavia, dopo la presa di coscienza del problema, occorre individuare una soluzione. Qual è l'alternativa all'uomo in crisi proposta dalla società moderna? L'uomo edonista, materialista, superficiale. Un uomo che si accontenta dei simboli esteriori della vera forza: quella interiore, quella che la Chiesa chiama «fortezza». Ma l'uomo del terzo millennio non è costretto a scegliere tra l'uomo in crisi e il selvaggio con il telefonino, tra doverismo ed edonismo. C'è una terza possibilità: la via del cavaliere. È un modello affascinante che, tuttavia, richiede disciplina interiore e perseveranza. Richiede, in poche parole, un codice. Un codice non imposto dalla società, ma scelto liberamente. Perché, come scriveva Goethe, «Vivere secondo il proprio gusto è da plebeo; l'animo nobile aspira a un ordine e a una legge». Per tutti gli uomini che aspirano a un ordine e a una legge, Roberto Marchesini propone, in una nuova edizione completamente rivista, il suo «Codice cavalleresco per l'uomo del terzo millennio». Per pochi fortunati, per un manipolo di fratelli. «Il Codice cavalleresco per l'uomo del terzo millennio si presenta come una mappa per l'uomo contemporaneo per riscoprire se stesso e la grandezza del suo essere maschile attraverso l'arduo cammino delle virtù (da vir, uomo) che contraddistinguono il cavaliere, figura appropriatamente presa dall'autore a modello dell'uomo di ogni tempo. Già, perché, checché ne dica il relativismo storicista, non tutto scorre (facile ricordare il famoso «panta rei» eraclitiano): la natura dell'essere umano resta immutata e immutabile attraverso i tempi. Dunque, non è anacronistico prendere una figura, in questo caso il cavaliere, come riferimento virtuoso per l'uomo di oggi che ha smarrito se stesso sballottato tra modelli effeminati o machisti, non certo virili. Voi uomini sapete e potete compiere straordinarie imprese, a cominciare da quelle della quotidianità» (dalla Prefazione di Giorgia Brambilla).
In quattro successive sezioni, le prime tre originarie e la quarta aggiunta in questa nuova edizione, il libro raccoglie venti articoli, suggeriti da occasioni, letture e incontri molteplici e per lo più pubblicati in epoche diverse su giornali e riviste; ma tutti, o quasi tutti, legati tra loro da qualche connessione con il mondo manzoniano. Si tratta di riflessioni o «difese», spesso scherzose o semiserie e quasi sempre controcorrente, dedicate a famosi personaggi de «I promessi sposi»; di evocazioni di piccoli eventi personali o familiari dell'autore, stranamente intrecciati con l'opera del Manzoni; di ritratti di persone singolari incontrate nella vita, le quali, nella loro umiltà e umanità, suggeriscono confronti con i protagonisti maggiori o minori del romanzo; di meditazioni più recenti, legate alle tragedie, alle crisi, ai costumi dei nostri tempi e condotte dall'autore in un tacito e commosso colloquio «manzoniano» con il padre scomparso.