Nel luglio 1823 la basilica paleocristiana di San Paolo fuori le mura a Roma, una delle chiese più importanti del cristianesimo, fu distrutta da un incendio. La Chiesa romana, provata dalle perdite e dalle umiliazioni inflitte dalla Rivoluzione francese e da Napoleone, e dal susseguente trionfo dell'ordine liberale in Europa occidentale, decise di usare la ricostruzione come simbolo di restaurazione papale e di rinascita cattolica: dopo un dibattito controverso che avrebbe dominato per due anni la scena culturale romana, si scelse di intraprendere una ambiziosissima ricostruzione precisa dell'edificio distrutto, resa possibile grazie alla prima campagna di raccolta fondi veramente globale nella storia del mondo. Questo volume, centrato su una nuova analisi archivistica, propone non solo nuove prospettive sulla modernità architettonica europea e il posto di Roma in questo contesto, ma getta un nuovo sguardo sulla storia della città e della Chiesa attraverso il periodo della Repubblica Romana del 1848-49 fino alla grande rinascita mariana dei decenni dopo il 1850.
Il Sessantotto è inseparabile oggi dalle sue rappresentazioni successive, dal racconto che su di esso hanno costruito una produzione scientifica e una memoria costruite quasi esclusivamente da un unico punto di vista, quello del movimento studentesco, della generazione dei protagonisti. Ma gli altri attori? I molti che sulla scena pubblica e privata furono direttamente coinvolti nelle vicende della contestazione studentesca: docenti, studenti all'epoca estranei o contrari al movimento, genitori, fratelli e sorelle di età diverse e magari lontane, e poi in generale l'establishment politico? Esiste una loro memoria del Sessantotto? Ed è questa memoria diversa, altra da quella del movimento? Quante differenze e quante contaminazioni? Quali, soprattutto? Ecco le domande che presiedono a questi due volumi. E che si sono concentrate su chi, inevitabilmente, a prescindere dal proprio giudizio e dal proprio atteggiamento verso i 'contestatori' di allora, ha condiviso con quelli - materialmente negli stessi spazi e virtualmente dentro lo stesso discorso - ciò che accadeva nell'università durante quel periodo. A chi, insomma, seppure con altro protagonismo, fece parte in quell'anno del corpo docente coinvolto nelle lotte studentesche.
Storico curioso dai molteplici interessi, Gianvittorio Signorotto ha saputo riflettere, nel corso della sua attività di studioso, su molte questioni: le vicende religiose dell'Italia moderna, la Lombardia spagnola e borromaica, la magnificenza delle corti europee, i concetti di progresso, crisi e decadenza. Seguendo come filo conduttore la modernità, il volume raccoglie i saggi con cui amici e colleghi hanno reso omaggio ai molti ambiti che le ricerche di Signorotto hanno stimolato ed esplorato, attraversando alcuni nuclei salienti: l'intreccio tra politica, religione e diplomazia, passando per Milano; l'incontro fra l'Europa cattolica e gli altri mondi; la riflessione storiografica e culturale. Il quadro che ne emerge è quello di un mondo in costante trasformazione, in cui il mestiere di storico assume, come Signorotto ha mostrato, un valore tutt'oggi inesaurito.
Il volume, frutto di una estesa ricerca d'archivio, analizza le formazioni riconducibili a quella peculiare area politica che è stata la sinistra rivoluzionaria italiana fra gli anni Quaranta e Settanta del Novecento. L'anarchismo e le dissidenze antistaliniste "storiche" hanno dato vita a esperienze organizzative significative che, a contatto con le lotte sociali e anticoloniali, hanno saputo intercettare le tensioni generazionali e politiche affiorate negli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento. Già prima del Sessantotto sono nate così nuove strutture di matrice antiautoritaria, operaista, marxista-leninista, e/o antimperialista, che hanno raggiunto il loro apogeo nella prima metà del decennio successivo per entrare poi rapidamente in crisi, strette tra il fenomeno della lotta armata, il disimpegno politico e l'emergere di altri bisogni e antagonismi (femminismo in primis).
Dotate di un importante valore culturale e simbolico, le biblioteche pubbliche conoscono una forte diffusione durante l'età moderna diventando la vetrina delle ambizioni della Chiesa controriformistica prima e dello Stato assolutista poi. Per questo, quando la Rivoluzione arriva nella Penisola italiana, le investe. Se ne appropria. Le trasforma mettendole al servizio di un progetto di emancipazione collettiva. Questo saggio studia le logiche e le forme di tale volontà politica, che porta alla costruzione di un nuovo ruolo sociale della biblioteca pubblica durante il decennio repubblicano fino a farne un laboratorio in costante trasformazione grazie all'intervento delle istituzioni pubbliche, ma anche grazie alle iniziative prese da una cittadinanza capace di riappropriarsi dialetticamente dello spazio bibliotecario e influenzarne la gestione. Studiato in questa prospettiva, l'ordine dei libri allora si rivela l'occasione per interrogare e rileggere la costruzione del nuovo regime in Italia.
Res sacrae è un'espressione che comprende una molteplicità di oggetti legati al culto, cui in ogni religione vengono attribuiti poteri spirituali e poteri materiali di protezione. Questo volume si concentra sui tre principali strumenti della devozione in ambito cristiano, le reliquie, le immagini, l'eucarestia, indagando sulla fonte del potere loro attribuito, sul ruolo avuto nella vita religiosa delle società medievali, in un arco cronologico che va dall'età tardo antica al secolo XIV, quando si afferma il culto eucaristico. Il lungo percorso di ricerca nella storia della santità, del culto dei santi e dei santuari permette all'autrice di inserire a pieno titolo le res sacrae tra gli oggetti degni di attenzione da parte della storiografia.
Tra il 1940 e il 1943 circa 70.000 soldati alleati furono prigionieri in Italia. Catturati sui fronti africani, vennero detenuti in quasi tutte le regioni italiane, in campi che rappresentarono uno specifico universo di cattività, indagato qui per la prima volta nella sua interezza. L'Italia della seconda guerra mondiale non fu in grado di rispettare i suoi doveri di potenza detentrice, e la miseria patita dai suoi cittadini ebbe serie conseguenze anche sui prigionieri. In alcuni casi, poi, le autorità dei campi si resero responsabili di veri e propri crimini di guerra nei confronti dei nemici detenuti. La prigionia alleata nel nostro paese, che questo libro ricostruisce, è dunque un altro dei "luoghi" della storia in cui si infrange il mito degli italiani brava gente.
Il rapporto fra montagna e culto, altitudine e sacralità, elevazione e devozione è un tema che continua ad interessare, e non solo perché la montagna è da sempre considerata elemento fondamentale di molte religioni. È infatti necessario andare al di là delle impressioni alimentate dal topos della "montagna sacra", per verificare come l'ambiente montano sia particolarmente adatto a cogliere l'intreccio - consolidatosi nel corso dei secoli - fra la dimensione religiosa e quella sociopolitica, economica, culturale. In questa prospettiva qualificati studiosi con formazione e competenze diverse, coinvolti in un progetto di ricerca di respiro internazionale, hanno focalizzato la loro attenzione sul mondo alpino, assunto a laboratorio privilegiato di un'indagine diacronica e multidisciplinare proiettata anche - in termini di comparazione tematica e metodologica - verso la realtà appenninica e quella pirenaica.