Gli studi sul paesaggio agrario di Emilio Sereni restano tuttora di grande attualità. La storia dei territori, nel loro intrinseco rapporto tra uomo e natura, è la storia del suolo modellato dal lavoro dei contadini, delle trasformazioni fondiarie, degli ordinamenti colturali, degli insediamenti e delle infrastrutture, ma anche dei rapporti di produzione, con esiti che si caricano di valenze sociali, culturali e visive. I contributi qui presenti raccolgono l'eredità di Emilio Sereni e dimostrano l'attualità della sua lezione, la robustezza delle sue argomentazioni e il fascino che il mondo delle campagne non smette di esercitare. Riprendere oggi a studiare Emilio Sereni ha un significato forte, che richiama i valori dell'antifascismo, della resistenza e le lotte per la giustizia sociale.
A trent'anni dalla morte di Armando Saitta, l'Istituto Storico Italiano per l'Età Moderna e Contemporanea, di cui Saitta fu presidente dal 1973 al 1991, ha inteso avviare un'ampia riflessione critica sulla storiografia italiana della seconda metà del Novecento, letta attraverso il percorso di uno dei suoi protagonisti. Cultura e organizzazione è il titolo che Saitta volle dare ad una delle più significative rubriche della "sua" rivista, «Critica Storica». Due termini che indicano assai chiaramente le linee lungo le quali Armando Saitta testimoniò il suo modo di essere e di sentirsi professore di storia, uomo di scuola, impegnato a contribuire con i suoi studi, i suoi manuali, la sua rivista, al consolidarsi di una cultura storica che era in sé un valore civile e politico.
L'abile uso dei media e della propaganda rappresenta una delle caratteristiche più evidenti dell'era fascista e nazista. Finora la storiografia si è concentrata prevalentemente sul lato politico di questa storia, tralasciando la cosiddetta «propaganda commerciale», la pubblicità, che nell'arco degli anni Trenta venne a costituire uno degli elementi chiave della strategia del consenso di entrambi i regimi. Attraverso un misto di terrore e seduzione, i totalitarismi reclutarono ampi settori dell'industria pubblicitaria per fabbricare una visione distintamente fascista di (futura) prosperità da proiettare sulle masse di aspiranti consumatrici e consumatori. Basandosi su approfondite ricerche d'archivio in Italia, Germania e negli Stati Uniti, questo studio propone una sostanziale reinterpretazione del rapporto tra fascismi e consumi, sfatando così il mito della natura imprescindibilmente democratica delle società dei consumi.
Stabilire chi e a quali condizioni possa detenere o portare con sé armi da fuoco è questione delicata, su cui il dibattito è acceso. Le norme che oggi regolano in Italia il possesso e il porto delle armi da parte dei privati sono il frutto di due secoli di evoluzione normativa, politica e sociale. Se ne indaga qui la vicenda storica, osservando l'interazione tra politiche preventive e repressive, tra controllo delle armi in tempo di pace e disarmo della popolazione in tempo di crisi. Il libro approfondisce alcuni aspetti cruciali del rapporto tra Stato e cittadini nel fragile equilibrio tra interessi privati e sicurezza pubblica. L'arco cronologico è compreso tra il debutto del porto d'armi moderno e la promulgazione della legge di pubblica sicurezza attualmente in vigore. Tra questi due estremi si ricostruisce una storia complessa e stratificata che accompagna, e in parte determina, la nascita, la crisi e il collasso dello Stato liberale in Italia.
Nel 1961 entrano in servizio le prime donne del nuovo Corpo di polizia femminile, istituito su proposta della democristiana Maria Pia Dal Canton e sciolto nel 1981. L'Italia si allinea così con ritardo alle nazioni europee ed extra europee dove la creazione di analoghi corpi di polizia è stata la risposta alla paura generata dalla tratta delle bianche, dilagante nel periodo interbellico. Il nuovo Corpo assume in Italia una fisionomia distinta all'interno della polizia, come esito del compromesso tra un principio di uguaglianza e di piena cittadinanza e le diffuse forme di resistenza istituzionale e sociale che ne scoraggiano l'istituzione. Nonostante abbia attraversato i decenni Sessanta e Settanta - tra profonde mutazioni, rivoluzioni sociali, ma anche persistenti retaggi etico-giuridici e morali - la storia della polizia femminile è rimasta a lungo nell'ombra. Questo volume ne ripercorre le vicende, dalla costituzione allo scioglimento, con l'intento di restituire alla storia un tema che non poco ha contribuito al processo di emancipazione delle donne italiane.
The chapters brought together in this volume build on the idea that in the 1970s-1980s the global language of human rights contributed to stimulating ideas of reform in the communist world. The protagonists were Mikhail Gorbachev and the Italian communists. The experience of the PCI was in many ways a peculiar case, but one that was linked to underground ideas of cultural change even in Eastern Europe and the Soviet Union. Gorbachev's ascent signalled a fundamental shift, as he rejected the approach of reducing human rights to an ideological battleground and instead made it the centrepiece of a universalist relaunch. By exploring the encounter between reform communists and human rights, the authors reconstruct the metamorphosis and the end of communism within the context of the wider transformations taking place in European political cultures at the end of the Cold War.
La Prima guerra mondiale ha contribuito a modificare fortemente i tradizionali assetti del sistema delle assistenze all'infanzia e alla maternità in Italia, in gran parte gestito fino ad allora da una fitta rete di istituti e realtà confessionali, nonché da una notevole quantità di Opere pie caratterizzate da metodi antiquati e irrazionali. A questo cambiamento contribuiscono soprattutto il mondo dei medici, clinici e direttori di brefotrofi, quello istituzionale, e infine quello del volontariato laico di base, all'interno del quale ruolo fondamentale hanno le donne. Tutte e tre queste realtà sono stimolate dall'evento bellico e dalle sue drammatiche urgenze a misurarsi con maggiore impegno e creatività con queste tematiche. Le varie forze in campo collaborano e confliggono fra loro in maniere diverse determinando un quadro particolarmente complesso e articolato - ricco di contraddizioni ma anche di risultati - come testimonia la dettagliata mappa delle modalità di intervento che si realizzano nelle diverse città della penisola.
Il volume offre un panorama ampio e nello stesso tempo ricco di puntualizzazioni della società italiana di fronte allo sconvolgimento bellico. Si affrontano temi e nodi storici sui quali la storiografia ha poco lavorato, ricostruendo in modo originale la vivace e complessa azione dei soggetti che negli anni del conflitto hanno dato vita a quello che ormai si definisce 'il fronte interno'. L'intento è far interagire realtà e fenomeni diversi, a volte non facilmente relazionabili, come l'ampia e articolata azione sociale e politica delle donne borghesi e aristocratiche, delle interventiste, delle cattoliche, fino alle pacifiste e alle operaie; le vicende dei giovani esploratori laici, delle varie associazioni nazionaliste, irredentiste, ginniche, pacifiste ed emancipazioniste, nonché della miriade di comitati e gruppi nati in occasione del conflitto.
La Prima guerra mondiale fu il primo conflitto durante il quale governi ed eserciti si trovarono ad affrontare, su una scala non comparabile per dimensione e latitudine con quanto era avvenuto nelle precedenti guerre interstatali, il problema degli stranieri nemici, persone che si trovarono nel posto sbagliato al momento sbagliato. I governi dei paesi belligeranti cercarono di neutralizzare chiunque avesse, o fosse sospettato di avere, legami con uno stato nemico. Anche l'Italia, come dimostrano le pagine di questo volume, diede il suo contributo alla caccia allo straniero nemico adottando misure che colpirono tre sfere: quella dei diritti civili, quella della libertà personale e quella dei diritti di proprietà. L'attacco a queste tre sfere condotto in nome della sicurezza si risolse in un attacco al sistema liberale che dalla guerra uscì a pezzi.
Questa è la storia della prima globalizzazione della prostituzione vista dalla prospettiva del caso italiano. È una storia di corpi, di migrazioni, di lavoro, costruita attraverso fonti originali e che copre un ampio arco cronologico, dove l'interesse per le vicende personali si intreccia con quello per le politiche, le iniziative diplomatiche e le misure di polizia. Studiare il mondo della prostituzione nel suo divenire mercato transnazionale significa guardare da un punto di vista nuovo, laterale e perciò meno frequentato dalla storiografia, alcune delle pagine più significative della storia contemporanea: i fenomeni migratori, l'espansione coloniale, i processi di costruzione della nazione.
L'antigiudaismo che esamina David Nirenberg in questo libro non è solo l'insieme dei pregiudizi e delle persecuzioni contro gli ebrei: è una delle modalità fondamentali con cui il pensiero occidentale ha definito se stesso e il proprio modo di interpretare il mondo in contrapposizione a una tradizione diversa. Come spiega l'autore, "L'antigiudaismo non va inteso come un anfratto arcaico e irrazionale nel vasto edificio del pensiero occidentale, ma come uno dei principali strumenti con cui tale edificio è stato costruito". Se l'antisemitismo prende di mira la concreta esistenza degli ebrei, le loro pratiche culturali e religiose, l'antigiudaismo si concentra su tratti e caratteri attribuiti all'influenza della tradizione ebraica ma rintracciabili anche al di fuori di essa, dal letteralismo religioso al materialismo. Già nel mondo antico si affaccia il motivo ricorrente di una "diversità ebraica" che anticipa, spesso con toni e caratteri simili, l'antigiudaismo cristiano e occidentale: è da qui che parte il viaggio di Nirenberg, per tracciare la storia del rapporto dell'Occidente (e del mondo islamico) con l'idea di giudaismo, in un percorso che da san Paolo arriva fino alla tormentata riflessione novecentesca sulle cause dell'antisemitismo e sul ruolo dell'ebraismo nell'Occidente contemporaneo.