Il testo esce in una nuova edizione arricchita e ampliata. Si tratta di un racconto storico dei trent'anni di vita dell'importante movimento dei cattolici nato dopo la Società della Gioventù cattolica e precedente l'Azione cattolica vero nomine. L'Opera dei Congressi è un'associazione di associazioni che unisce, dopo il compimento dell'unificazione italiana, i cattolici della Penisola assolutamente impreparati a operare dentro il Paese unificato. Lo strumento principale per unire le forze sono i Congressi, celebrati quasi ogni anno, convocati per indicare ai fedeli la linea da seguire accanto al Papa "prigioniero in Vaticano" dopo il 1870 e per ricostruire una civiltà cristiana dopo un secolo di rivoluzione. Molto importanti per comprendere cosa fu l'Opera dei Congressi, come operò e perché venne sciolta dalla Santa Sede, sono i profili dei principali protagonisti, i militanti dell'intransigenza cattolica. L'Opera dei Congressi ha contribuito in maniera determinante a costruire quel tessuto sociale a partire dalle parrocchie, fatto di banche, società di mutuo soccorso, cooperative, casse rurali, scuole parrocchiali e cattoliche, che è stato per decenni, almeno fino agli Anni cinquanta del Novecento, il Paese "reale" contrapposto a quello "legale" e finalmente vittorioso a livello politico con le elezioni del 18 aprile 1948. Poi comincerà quella rivoluzione culturale che ha posto definitivamente fine all'Italia cristiana. Tuttavia i cattolici di oggi sono in debito nei confronti di quei militanti che hanno speso le rispettive vite combattendo la buona battaglia per la gloria di Cristo e per edificare un insieme di relazioni e di ambienti che hanno rallentato la scristianizzazione. Nell'opera sono riportati i profili dei principali protagonisti.
17 marzo 1861. Concluso il tempo delle battaglie risorgimentali e dell'epopea, l'Italia trova espressione in un Parlamento che è insieme istituzione e prassi politica, cassa di risonanza per dibattiti infuocati ed espressione unanime della scommessa unitaria. A dar voce alla Nazione in fieri c'è anche Matteo Raeli, avvocato di Noto, reduce da una convinta adesione al liberalismo che lo ha portato a sperimentare la sconfitta della rivoluzione del 1848 e la solitudine dell'esilio. I suoi discorsi parlamentari sono l'espressione di questo impegno costante in direzione dello State e del Nation building, la testimonianza di una carriera di respiro "italiano" che non dimentica la centralità del Mezzogiorno, la rappresentazione più autentica di un uomo che affronta da protagonista le questioni cruciali della politica nazionale, senza mai smarrire la difesa della libertà e la coerenza ideologica e morale.