La preparazione adeguata e seria al matrimonio si può effettuare solo coinvolgendo attivamente tutti i soggetti responsabili. Spesso però si è testimoni di situazioni in cui non si sa precisamente chi debba fare cosa o si trascurano le proprie responsabilità. La preparazione stessa deve essere intesa come interesse, impegno e responsabilità dell'intera comunità ecclesiale, guidata dai Pastori, affinché lo stato matrimoniale perseveri nello spirito cristiano, e i giovani possano cogliere l'attrattiva di un'unione fedele e indissolubile.
In questo volume è riportata, tradotta, introdotta e commentata la riflessione sui "peccati di lingua", scritta in latino da Guilielmus Peraldus, frate dell'ordine dei Predicatori, vissuto nel XIII secolo in Gallia. Nell'introduzione viene presentata dal curatore la questione sui "peccati di lingua", nell'attualità e con alcuni importanti riferimenti storici; vengono poi proposti i tratti essenziali della vita e delle opere di fra Guglielmo Peraldo. Quindi il testo del trattato de peccato linguae (ultimo capitolo della Summa vitiorum, pubblicata nel 1236) è riprodotto nell'originale in lingua latina e in traduzione italiana. La prima parte del trattato offre i motivi per dover custodire la lingua. Nella seconda lunga parte vengono passati in rassegna ventiquattro peccati di lingua: per ogni peccato sono presentati i motivi per cui esso va detestato, evitato, represso; sta qui la struttura portante dell'opera. Infine, nella breve terza parte, si presentano alcuni rimedi contro i peccati di lingua.
Questo percorso di riflessione ha lo scopo di rispondere ad alcune domande del nostro vissuto quotidiano. Il primo momento concerne la fondamentale questione del "senso" e le conseguenze del vuoto esistenziale che l'uomo oggi sperimenta: depressione, suicidio, anoressia, bulimia. Si affronta poi la grande domanda sulla sofferenza con la risposta cristiana su questo tema, in un mondo che sembra sempre più esorcizzare il dolore ed esaltare l'efficienza fisica. Infine, si esamina il tema della libertà umana deformata, spesso, da un erroneo esercizio nelle scelte attraverso cui, piuttosto che possedere se stessi, si diventa dipendenti: droga, alcol, fumo, gioco, sesso. Il testo, oltre alle analisi delle varie problematiche, offre una proposta sia di tipo terapeutico che di riscoperta della propria identità filiale nella relazione con Cristo.
In corrispondenza con il Giubileo straordinario della misericordia (2015-2016) l'Accademia Alfonsiana ha voluto rivisitare il nesso tra misericordia e vita morale con un corso "Misericordia e vita morale", svolto durante l'anno accademico 2016-2017. La dimensione multidisciplinare coincide con gli approcci che strutturano lo studio in Accademia, corrispondendo alla praticità e alla benignità pastorale alfonsiana: oltre la sensibilità epistemologica, la visione morale sistematica viene elaborata ed esplicitata, per la prassi più concreta, attingendo alla Scrittura, alla storia, alla teologia e all'antropologia, in dialogo con le scienze umane e sempre "alla luce del mistero di Cristo" che vive e agisce nell'umanità di oggi.
I recenti avvenimenti che hanno contraddistinto il panorama internazionale con particolare riferimento al settore dei beni culturali, hanno evidenziato la parziale efficacia degli strumenti pattizi rivolti alla tutela dei suddetti beni durante la pendenza di un conflitto armato. Il consolidamento di nuovi attori operanti nella Comunità internazionale e l'affermazione di un paradigma conflittuale sorretto da rinnovate motivazioni antigiuridiche, dimostrano la precarietà dei meccanismi di garanzia predisposti dall'ordinamento internazionale in reazione ad eventi scarsamente regolamentati. La portata emergenziale dei frequenti attacchi rivolti al patrimonio culturale e naturale ha intensificato il contributo delle organizzazioni non governative e delle forme di cooperazione regionale al fine di apprestare una tutela dei beni culturali che fosse, maggiormente, capillare ed effettiva rispetto alle principali e, spesso disattese, forme di regolamentazione pattizia. Si consolida, in tal senso, un sistema binario che, allo stato attuale, potendo beneficiare del supporto proveniente dalla giurisprudenza della Corte penale internazionale, concretizza una dimensione preventiva e repressiva, precipuamente, rivolta alla salvaguardia dei beni culturali pendente bello.
La questione antropologica, come viene illustrata dai nostri Autori, è un invito a tornare a cogliere il senso pieno di che cosa significhi vivere la vita in prima persona e di rendere un servizio al nostro prossimo: ricomporre la dignità del nostro essere creature, in relazione a Dio, Padre e Creatore.
L'Autobiografia di s. Ignazio di Loyola, nota anche come Il racconto del pellegrino, è un testo fondamentale della spiritualità ignaziana, e una risorsa indispensabile per conoscere la personalità del fondatore della Compagnia di Gesù. S. Ignazio era un uomo umile e riservato, che non amava parlare di se stesso. Se raccontò la storia della sua esperienza personale, fu solo perché la richiesta insistente di alcuni giovani confratelli gli fece comprendere che gli ascoltatori e i futuri lettori, intuendo il significato universale di quanto era a lui accaduto, avrebbero potuto trovare aiuto e orientamento per il loro cammino umano e spirituale.
L'inno Jesu dulcis memoria, pur essendo composto in una lingua ormai desueta, è custode di una promessa ancora in grado di sorprendere chiunque si lasci avvicinare e, quasi, toccare dal suo "segreto". Non si tratta infatti, in primo luogo, di capire qualcosa che non risulta chiaro alla mente, bensì di sperimentare una "presenza" inattesa, la sola capace di sciogliere quel nodo interiore che è sorgente perenne di inquietudine. La bellezza semplice del testo, la vivacità delle sue immagini, la linea musicale sobria e pacata hanno, nel loro insieme, una sorprendente capacità di suscitare sentimenti di serenità e di pace. Ma la particolare profondità di questi effetti non si spiega a partire soltanto dal testo o dal canto o dalle immagini evocate, e nemmeno dall'insieme di tutte queste cose, bensì, appunto, a motivo del "segreto" che questo inno custodisce e che invita a scoprire.
Il Castello interiore è l'opera più matura, più sistematica di tutti gli scritti di Teresa. Non è un racconto autobiografico, né un elenco di grazie mistiche, ma, con l'allegoria del viaggio attraverso le diverse dimore del "castello", è descritto il "santo viaggio" nella preghiera, così come l'ha sperimentata l'Autrice. Teresa ne descrive il percorso con le difficoltà, i rischi e gli inganni, ma anche con le gioie e favori speciali che Dio concede per attrarre a sé chi si incammina su questa strada.
Perché i papi da un certo momento hanno scritto encicliche sociali? Prima di allora, la Chiesa non aveva un insegnamento in materia? È la società che rende cattivo l'uomo o viceversa? Per rispondere a queste domande occorre seguire, enciclica dopo enciclica e senza trascurare il Concilio Vaticano II, il tragitto del magistero pontificio rispetto alle problematiche sociali degli ultimi due secoli. Ne emerge un pensiero sempre attuale, capace di interpretare i singoli momenti storici e di proporre risposte che hanno spesso anticipato le migliori acquisizioni della cultura contemporanea. La fraternità e la solidarietà tra i singoli e tra i popoli, la pace come frutto della giustizia, i diritti dell'uomo che precedono gli ordinamenti degli stati, l'equità come fondamento della giustizia e della legalità, il valore del lavoro come occasione per la realizzazione personale e sociale di sé, la sussidiarietà come condizione di una soggettività sociale più ricca, il bene comune invece degli interessi di parte, i diritti educativi della famiglia di fronte allo stato e l'impegno delle religioni a favore della pace perché «solo la pace è santa e nessuna violenza può essere perpetrata in nome di Dio, perché profanerebbe il suo Nome» (Francesco), anche grazie al magistero sociale cattolico, sono ideali ormai acquisiti da larga parte dell'umanità, spesso sanciti nelle convenzioni internazionali.