Le Dolomiti sono una tra le più belle regioni montuose della Terra. Meta apprezzata da escursionisti, scalatori, ciclisti, naturalisti e da tutti gli amanti della montagna, stupiscono ogni volta l'osservatore con le loro imponenti pareti rocciose, i verdissimi alpeggi, i boschi rigogliosi. La grande varietà delle formazioni rocciose che le costituiscono rispecchia la molteplicità degli ambienti in cui si sono formate e ha contribuito alla definizione di un paesaggio unico al mondo. Le splendide montagne che vediamo oggi sono il risultato di una storia iniziata trecento milioni di anni fa in un contesto completamente diverso da quello attuale. La loro area ha visto, nel corso del tempo geologico, l'alternarsi di aridi deserti, imponenti eruzioni vulcaniche, caldi mari tropicali, pianure costiere in cui camminavano i dinosauri, estesi ghiacciai. Con uno stile semplice e divulgativo, il volume fornisce le basi geologiche per comprendere come si sono originate le Dolomiti, raccontando la storia della loro formazione dall'era Paleozoica ai giorni nostri, ed offrendo degli interessanti spunti di approfondimento.
«Questo foglio, questa penna, questa stanza, questi colori, suoni e sfumature e ombre delle cose e dell'animo sono eterni». Questa affermazione del filosofo Emanuele Severino si fonda sulla pura ragione, libera dall'ottundimento nichilistico in cui versa l'Occidente. Il tentativo di questo libro è di illustrare quanto possa essere affascinante pensare ciò che nessuno mai oserebbe pensare, e cioè che ciascuna cosa è connessa a tutte le altre, e che proprio grazie a tale intreccio è possibile trovare un nuovo significato del tempo e dell'eternità. È appunto in questa tesi dell'eternità di tutte le cose, dell'impossibilità di ogni cosa di venire dal nulla e finire nel nulla - perché semplicemente il nulla non è - il fascino inconfondibile dell'opera di Severino. Questo libro cerca di restituirlo, pur tenendo vivo il vaglio critico che temi di così alta levatura filosofica, e di grande bellezza, necessariamente richiedono.
Recenti studi hanno dimostrato che... moltissimi italiani non conoscono la geografia! Questa è, però, una materia indispensabile per comprendere i fenomeni che ci circondano, ci offre uno sguardo generale sul mondo e ci aiuta a capirlo, a ragionare in modo globale e completo. Conoscere le capitali, la forma e la posizione degli Stati europei non è mai stato così semplice! Età di lettura: da 3 anni.
Non è l’economia che traina il sociale, ma il contrario; per fare sviluppo occorrono processi di autocoscienza e di autopropulsione collettiva, non interventi dall’alto: ho sempre tenuto a mente questi principi studiando il Mezzogiorno italiano.
«I primi due esperti di sviluppo che ho frequentato all’inizio del mio meridionalismo sono stati Giorgio Sebregondi e Padre Louis-Joseph Lebret. Il primo era convinto che nella ‘lunga durata’ non è l’economia che traina il sociale ma il contrario; e che quindi lo sviluppo va perseguito con adeguati interventi sul sociale e sollecitando la partecipazione delle popolazioni locali; Lebret, dal canto suo, era convinto che per fare sviluppo occorrono non interventi dall’alto, ma profondi processi di autocoscienza e di autopropulsione collettiva. Io sono nato su quel duplice imprinting, e su di esso ho sempre fedelmente lavorato».
Una raccolta di testi che attraversano sessant’anni di storia italiana e ripercorrono l’impegno di Giuseppe De Rita per il Mezzogiorno.
Il nostro sistema scolastico e, conseguentemente, quello universitario non forniscono strumenti sufficienti a porre tutti i cittadini su un piano di equità. La rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale prevista dall’articolo 3 della nostra Costituzione appare da lungo tempo inefficace, a dispetto della storia del nostro paese che ha conosciuto il riscatto culturale e sociale come leva per la crescita civile. La cieca furia riformatrice, spesso enfatica e priva di risorse, è lo specchio di una società sempre meno interessata alla cultura. Ma adeguarsi alla dilagante perdita della preparazione di base, allargare le braccia in segno di impotenza, è il modo per cristallizzare l’impreparazione e la condizione di iniquità sociale che ne deriva.
Come abbiamo scoperto l'importanza dell'ambiente e della salute del nostro pianeta? Un viaggio attraverso le tappe fondamentali che hanno portato alla nascita della coscienza ambientalista contemporanea. La nuova visione del mondo che ha assegnato all'ambiente un posto di rilievo si è affermata velocemente nel corso di questi ultimi sessant'anni. Ci sono stati alcuni momenti di particolare importanza che hanno fatto registrare un salto di qualità. Ciascuno di essi è fotografato da un libro che ha rappresentato un momento decisivo e ha impresso una svolta nella storia dell'ambientalismo, arricchendola con una nuova prospettiva o valorizzando un aspetto importante in precedenza ignoto o, più semplicemente, non ancora imposto all'attenzione dall'evolversi della realtà. Così, a partire dalle prime denunce dell'inquinamento alla presa di coscienza dei limiti della crescita economica e demografica, dallo sviluppo sostenibile fino alla consapevolezza del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici, viene tessuta la storia della nascita e dello sviluppo del movimento ambientalista a livello globale.
Trasformare il disagio sociale in consenso politico è da sempre la cifra di ogni forma di demagogia: solo affrontando i problemi che sono all'origine della disuguaglianza, la nostra democrazia potrà vincere la sfida populista. Negli ultimi anni movimenti e partiti populisti hanno registrato, in Italia come in Europa, un costante aumento di consensi. Certo, pesano il risentimento contro le élites e le ansie provocate dall'insicurezza, l'immigrazione e la paura della perdita delle tradizionali identità 'culturali', ma sono le disuguaglianze il vero, potente, motore del loro successo: disparità economiche, sociali e culturali, sia tra i ceti che tra i territori, che hanno creato una 'classe dimenticata'. Analizzando il nostro paese da nord a sud e dai centri alle periferie, mettendo insieme risultati elettorali e peculiarità economiche e demografiche, Pier Giorgio Ardeni arriva a un'evidenza incontestabile: che il successo dei populismi trae linfa da divari di condizione a cui non è stata data risposta. I poveri contro i più ricchi, i ceti 'non protetti' contro quelli 'garantiti', le aree interne e periferiche contro quelle urbane. Scopriremo che se vogliamo salvaguardare la nostra democrazia non c'è altra strada che affrontare il problema alla radice: ridurre le disuguaglianze.
Processo a Socrate è un saggio capace di portare il lettore nel clima culturale della democrazia ateniese e di guardare a quella clamorosa tenzone cercando di comprendere le ragioni di entrambe le parti in conflitto.
Marco Bracconi, “la Repubblica”
Un’indagine ben condotta tra le fonti antiche, con uno stile limpido che consente una lettura agevole sia al lettore non specialista sia al lettore erudito.
Dino Piovan, “Alias - il manifesto”
399 a.C.: la città di Atene condanna a morte uno dei suoi figli più autorevoli, Socrate. Si ripete spesso che si trattò di un processo politico mascherato, per colpire le simpatie oligarchiche dell’anziano filosofo. Ma forse il vero oggetto del contendere in questa vicenda fu proprio il pensiero di Socrate. Fino a che punto una comunità – ieri come oggi – può tollerare che i principi e i valori su cui si fonda siano messi radicalmente in discussione? E davvero le ragioni della filosofia e quelle della città non sono compatibili?
La ricostruzione del processo a Socrate, uno dei più celebri della storia, in cui va in scena il conflitto tra l’integrità morale dell’individuo e le ragioni della politica.
Chi sono i banditi? Criminali comuni, assassini, ladri, disperati. E ancora: nobili decaduti, artigiani, contadini, giovani ribelli che non accettano il giogo attorno al collo, sia quando viene da un aristocratico del luogo sia quando arriva da un invasore straniero. La loro presenza causa incertezza nelle strade, difficoltà nelle comunicazioni, violenza diffusa. E tuttavia, quando c'è aria di mutamenti di regime essi rappresentano un'opportunità per i potenti che li utilizzano contro i propri nemici. Il libro offre un ampio affresco della reazione ai fenomeni di banditismo dagli albori dell'età moderna fino alla repressione messa in atto nei primi decenni dell'Italia Unita. Emerge un quadro complesso che vede al centro questioni sociali legate alla terra. La lotta del regno sabaudo contro il brigantaggio propriamente detto è quindi solo l'ultimo capitolo di una secolare storia di sanguinose repressioni, in cui i poteri statali che si sono via via avvicendati non sono stati in grado di trovare altra risposta che non fosse il sangue. Certo, è soprattutto in uno stato che si definisce liberale che colpisce la delega assoluta concessa ai militari che governano con leggi eccezionali, stati d'assedio e tribunali militari. Ma Enzo Ciconte ci ricorda che quanto è accaduto nel Mezzogiorno non può essere attribuito alla responsabilità dei soli piemontesi: le truppe venute dal Nord sono state aiutate con le armi da tanti meridionali espressione di una borghesia in ascesa.
La Rivoluzione francese fu una mistificazione di pochi fatta passare per movimento di popolo: è quanto sostiene Nesta Webster in questo studio, che ricevette il plauso di Winston Churchill, per la prima volta tradotto in italiano, che dimostra come l'intero movimento rivoluzionario sia stato concepito e realizzato da quanti si trovavano immediatamente sotto la classe dirigente dell'Antico Regime e si opponevano agli interessi della piccola borghesia in ascesa: in maniera consapevole e programmata fecero sparire il grano dal mercato per fomentare il malcontento, aumentarono l'inflazione per portare alla rovina le classi lavoratrici, incitarono l'opera di scrittori e panflettisti al fine di incolpare la corona di ogni cosa. In questo modo la Webster ribalta l'idea che la Rivoluzione sia stata l'inizio di una società più giusta e prospera, dipingendola invece come un complotto ai danni dell'intero popolo francese.
Cosa farebbe l'uomo che si ritrovasse ad affrontare da solo le domande che gli rosicchiano l'animo? Il raglio del somaro non è altro che il grido, dal profondo del cuore, di chi vive, giorno dopo giorno, il dilemma del Signore che si svela e si nasconde, lungo tutto il pellegrinare dell'uomo verso l'eternità. Un grido che può essere ora di gioia, ora di delusione, di paura, di angoscia, di felicità, di sgomento, di affanno, di speranza, di vittoria, di disperazione o di liberazione. Tutto questo è il riflesso dello stato d'animo dell'uomo in cerca delle risposte esistenziali che lo tormentano da sempre e che, nella sua ricerca, ora inciampa e grida: L'ignoranza è il mio sapere. Gli errori sono la mia verità. I difetti sono la mia ricchezza.
Un padre che lascia in eredità insegnamenti di vita cristiana, vissuta in semplicità e umiltà. Due figli che lo ricordano, l'uno, con una breve ma intensa e commovente riflessione personale, l'altro, esprimendo sensazioni, considerazioni e ragionamenti sospesi tra fede e scienza. Il tutto costruito, con leggerezza, intorno al "caso" della Sindone e alla preghiera del "Credo" e con un interrogativo immanente: la nostra vita finirà o, semplicemente, cambierà forma e sostanza? Diventeremo oblio di noi stessi o ci trasformeremo in energia cosciente?