Riconduzione delle arti alla Teologia, La conoscenza di Cristo, Il mistero della Trinità, Itinerario della mente in Dio.
Lettera a un maestro non nominato su tre questioni, Lettere ufficiali, Costituzioni generali dell'Ordine dei Frati Minori; Leggenda maggiore di S.Francesco d'Assisi, Leggenda minore di S.Francesco
(qq. 21-29 e indice analitico): il bene, la tendenza al bene, la volonta di Dio, il libero arbitrio, la sensualita, le passioni dell'anima, la grazia, la giustificazione dell'empio, la grazia di Cristo.
Lo studio intende mettere in luce la personalita del Beato Angelico, domenicano e pittore sacro del Quattrocento toscano, e fare da guida alle sue ammiratissime opere. Il libro contiene oltre cento illustrazioni a colori.
Questa raccolta di pensieri di Madre Maria Candida dell'Eucaristia costituisce una sorta di piccolo breviario che ripercorre in sintesi la sua intensa vita spirituale.
L’abitare insieme tra fratelli
è dunque uno stadio ove lottare,
una via sicura di progresso,
un continuo esercizio
e un’ininterrotta meditazione
dei comandamenti del Signore.
E il fine di questa vita comune è la gloria di Dio,
secondo il comandamento del Signore nostro Gesù Cristo.
I testi qui presentati fanno parte dell’insieme degli scritti “ascetici” e hanno come destinatari immediati fraternità di vita comune che vedevano in Basilio una guida capace di condurle con sapienza evangelica: la tradizione ha dato loro il titolo di “Regole”, ma in realtà sono solo risposte, a volte elaborate e sviluppate, a sollecitazioni o domande poste dai monaci a Basilio in occasione delle sue visite alle fraternità. I cristiani del nostro tempo – non solo i monaci e le monache – che si interrogano su come restare fedeli all’Evangelo e ai segni dei tempi nelle mutevoli condizioni della vita odierna troveranno in Basilio un testimone dell’eroica radicalità delle esigenze evangeliche e un sapiente ispiratore della vita monastica come ministero umile ma necessario al cuore di una chiesa convocata e unita nell’unica vocazione alla santità.
(dalla “Prefazione” di Enzo Bianchi, priore di Bose)
Molte ipotesi sono state fatte sul culto dei martiri nella Chiesa cristiana primitiva, e sugli "Atti e Passioni", raccolti in questo volume. Sappiamo con certezza che questi acta martyrum presuppongono un'opera di redazione, che poggiava sia sulla consultazione degli archivi sia su quella dei testimoni oculari. Quando il redattore greco o latino - spesso uno scrittore di grandi qualità letterarie - aveva ultimato il proprio lavoro, il documento era riconosciuto come ufficiale dalla Chiesa e depositato nei suoi archivi. Lo si impiegava nella celebrazione dell'anniversario, sul luogo stesso del martirio. Oggi riconosciamo in questi "Atti e Passioni dei Martiri" alcuni dei grandi testi, in cui l'antichità - sia pagana che cristiana, persecutori e vittime - ci parla con voce più diretta e commovente. La passione del martire è una continuazione della passione di Cristo: Dio è sempre presente nella storia, e " mantiene le sue promesse in ogni tempo, come testimonianza per i non credenti, come grazia per i credenti ". Gli Atti e le Passioni sono elaborate opere letterarie, dove gli orrori e le crudeltà e gli strazi di gusto elisabettiano, le visioni oniriche che anticipano il martirio, la fedeltà, la fiducia, le estasi e il fanatismo dei credenti, la strana tolleranza dei persecutori, un grandioso senso teatrale e spettacolare, radiosi anticipi celesti si fondono in forme sovente perfette. Questo volume, curato da un gruppo di studiosi olandesi allievi di Christine Mohrmann, raccoglie tutti i testi più significativi: il "Martirio di san Policarpo", il "Martirio dei santi Carpo, Papilo e Agatonice", il "Martirio di san Giustino", gli "Atti dei Martiri di Lione", gli "Atti dei Martiri di Scili", la "Passione di Perpetua e Felicita", il Martirio di san Pionio, gli "Atti di Cipriano", gli "Atti di Massimiliano", gli "Atti di Filea", il "Testamento dei quaranta Martiri", la "Passione di Agnese".
Indice - Sommario
Introduzione
Bibliografia generale
TESTI E TRADUZIONI
- Martyrium Polycarpi
- Martyrium Carpi, Papyli et Agathonicae
- Acta Iustini
- Martyrium Lugdunensium
- Acta Martyrum Scilitanorum
- Passio Perpetuae et Felicitatis
- Martyrium Pionii
- Acta Cypriani
- Acta Maximiliani
- Acta Phileae
- Testamentum XL Martyrum
- Peristephanon Hymnus XIV - Passio Agnetis
COMMENTO
- Martyrium Polycarpi
- Martyrium Carpi, Papyli et Agathonicae
- Acta Iustini
- Martyrium Lugdunensium
- Acta Martyrum Scilitanorum
- Passio Perpetuae et Felicitatis
- Martyrium Pionii
- Acta Cypriani
- Acta Maximiliani
- Acta Phileae
- Testamentum XL Martyrum
- Peristephanon Hymnus XIV - Passio Agnetis
Indice dei passi della Sacra Scrittura
Prefazione / Introduzione
Dall'introduzione
1. Questioni di terminologia
L'antichità cristiana ci ha trasmesso una serie di scritti di carattere assai particolare, comunemente denominati acta martyrum: gli atti dei martiri. Si tratta di resoconti di processi e di esecuzioni, inflitti a uno o più cristiani in ragione della loro fede in Cristo. Il termine acta, qui, non va inteso nel senso tecnico di procedimento verbale di una sessione giudiziaria, che condanna i cristiani. In nessun caso si tratta di un documento ufficiale proveniente dalla magistratura imperiale: tutt'al più, di uno scritto nel quale tale documento è stato utilizzato. Ma, poiché negli scritti in questione uno degli elementi importanti è il processo, il confronto col giudice terreno, davanti al quale il confessore pronuncia la sua testimonianza, il termine acta non è del tutto improprio. Del resto, fuori del gergo burocratico il termine latino acta sta anche a designare azioni coraggiose, gesta, e di qui può applicarsi senza difficoltà al comportamento eroico del martire, che sopporta azione giudiziaria, torture e morte in nome della sua fede. Quindi l'espressione acta martyrum, purché non la si prenda in un'accezione strettamente burocratica, ma in senso lato, a comprendere tutta la serie di afflizioni che il fedele di Cristo deve subire nel suo confrontarsi col potere temporale, è giustificabile, e non proviamo imbarazzo a utilizzarla. Si trova a volte, aggiungiamo, il termine gesta, che nella sua accezione e nel suo impiego coincide perfettamente con acta.
Esiste anche, per designare gli scritti relativi al martirio, il termine passiones, in uso fin dal principio della latinità cristiana nell'accezione di "passioni dei martiri"': lo si trova ad esempio in un canone del concilio d'Ippona del 393, il quale stabilisce che a fianco delle scritture canoniche si debbono anche leggere in chiesa le passiones martyrum. E evidente che in questo termine è sottolineata, da una parte, l'idea di sofferenza, e che, d'altra parte, è messo in evidenza il carattere narrativo: si tratta di una narrazione di lotte e di dolori, culminanti nella morte. La distinzione rispetto ad acta non è, a rigore di termini, che una distinzione di punto di vista. Ma l'impiego del termine passio s'impone là dove l'elemento narrativo è preponderante, come in quello scritto che, parzialmente redatto dalla sua propria mano, riferisce gli avvenimenti ai quali partecipava Perpetua durante i giorni di prigionia. Tuttavia, come si è detto, la parola acta come termine generico è da raccomandarsi, e ce ne serviremo regolarmente nelle pagine che seguono.
2. Influssi pagani all'origine degli acta martyrum?
Che cosa ha portato i cristiani a comporre gli acta dei loro martiri? La domanda ha suscitato risposte svariate, ciascuna delle quali merita la nostra attenzione. La prima di esse vi scorge forti connessioni pagane e affonda le sue radici nella pregiudiziale sin-cretistica che, all'inizio di questo secolo, permeava gli studi sulle origini del cristianesimo. Si dava grande importanza ai frammenti di papiro, scoperti in Egitto, che trattavano di processi e di morti subiti da alessandrini per mano delle autorità romane. I frammenti riflettevano il conflitto che non cessava di turbare i rapporti tra alessandrini e romani, poiché Alessandria, città ellenica per eccellenza e centro di cultura, non poteva che rassegnarsi difficilmente alla preponderanza politica dei latini, gente ai suoi occhi sprovvista di cultura. Durante i primi due secoli della nostra era questo conflitto si accendeva ad ogni istante; veniva complicato, a volte, da tratti di antisemitismo, fenomeno endemico ad Alessandria, che ospitava un gran numero di ebrei. Vi furono sommosse, processi a Roma, chiamate di testimonianza dinanzi agli imperatori, recriminazioni nei loro confronti, accuse di lesa maestà e, spesso, vi fu la pena capitale. I nostri papiri presentano gli alessandrini nel loro conflitto con lo stato romano quali protagonisti della cultura ellenica, difensori dei valori della patria, veri martiri, morti d'una morte gloriosa. Per stabilire la parentela con gli atti dei martiri cristiani, l'erudizione moderna si basava sull'aspetto giudiziario: i dibattiti fra giudici e accusati erano messi in luce, e si inventò il termine di acta martyrum paganorum, atti dei martiri pagani. Si cercava anche di stabilire rapporti fra questi acta e gli exitus virorum illustrium, le descrizioni della fine di personaggi eminenti vittime di imperatori tirannici, che, a quanto dice Plinio il Giovane, erano di mano di letterati del suo tempo. E sotto l'influsso delle tendenze sincretistiche del principio del secolo si pervenne alla tesi che gli acta martyrum christìanorum erano scritti di mano cristiana, imparentati a questi exitus virorum illustrium e, soprattutto, modellati su questi acta martyrum paganorum.
La tesi è insostenibile, poiché i punti di contatto che collegherebbero gli acta dei martiri pagani a quelli dei martiri cristiani fanno difetto. Indubbiamente, l'ammirazione dinanzi alla morte eroica di pagani non mancava da parte cristiana. Cosi, Clemente d'Alessandria e Tertulliano presentano, quale esempio per i loro correligionari, patrioti come Muzio Scevola e Attilio Regolo, filosofi intrepidi come Eraclito di Efeso, Socrate e Zenone d'Elea, donne coraggiose come Didone e Lucrezia. Ma non vi è alcuna menzione, nemmeno in Clemente, loro compatriota e, parzialmente, loro contemporaneo, né dei "martiri" alessandrini ne delle loro testimonianze davanti alle autorità, che dovrebbero essere i modelli delle testimonianze cristiane. Sembra proprio che la storia dei nostri alessandrini fosse troppo oscura per attirare l'attenzione cristiana. E non è immaginabile che ciò che era oscuro persino ad Alessandria potesse spingere i cristiani d'Asia Minore, d'Africa, di Spagna alla redazione degli atti dei loro martiri.
Il libro
L’opera di Hamman, che viene qui presentata per la prima volta in traduzione italiana, ha il merito indubbio di offrire un panorama sintetico, vivace, accessibile al grande pubblico, di coloro che comunemente vengono designati con il nome di "Padri della Chiesa» e che, con un'accezione più ampia del termine, sono costituiti dagli scrittori che hanno illustrato la letteratura cristiana antica dei primi secoli della nostra era... Il lavoro di Hamman offre un ampio ventaglio di autori, fino a Giovanni Damasceno, esaminati non solo da un punto di vista letterario, ma anche nel loro contesto storico e geografico. Inoltre, e questo è un altro pregio del presente libro, il discorso è arricchito da una scelta antologica di numerosi passi, alcuni dei quali poco noti al di fuori dell'ambito degli specialisti, che forniscono una documentazione assai utile per una conoscenza più diretta e concreta degli scrittori e dei temi di volta in volta presi in considerazione... Il libro di Hamman è senz'altro uno strumento utile e didatticamente efficace per introdurre lo studio dei Padri della Chiesa. Con tono appassionato, vivo entusiasmo e stile talora immaginifico il nostro autore attira l'attenzione del lettore coinvolgendolo nella trama del proprio discorso, proponendogli piste di ricerca e stimolandolo ad approfondire la personale riflessione (SERGIO ZINCONE)
Nel caso di Abelardo, come forse mai accade nella cultura medievale, il personaggio sovrasta l'autore, che pure è fra i grandissimi dell'epoca: logico, filosofo morale, teologo audace che aprì la "pagina sacra" della Bibbia a significati più comprensivi e universali. Ma anche scrittore noto e amato fino al Settecento e oltre, come autore di un'autobiografia nella quale narra le vicende turbolente e tragiche della sua vita e soprattutto lo straordinario amore che visse con Eloisa. Il suo "Dialogo tra un filosofo, un giudeo e un cristiano", forse la sua ultima opera, presenta l'idea di un cristianesimo "naturale" e quindi tollerante, l'utopia di una convivenza, forse perfino di una convergenza, con le altre fedi nate dalla Bibbia (l'ebraismo e l'Islam), la sua ricerca di un Bene Sommo vicino a quello proposto dalla filosofia platonica e stoica, raggiungibile con la virtù ma anche con la ricerca intellettuale.