“Pochi paesi al mondo destano nell’animo del viaggiatore reazioni così vive e talvolta così ostili come gli Stati Uniti.”
Alberto Moravia sogna l’America fin da bambino. Come inviato va negli Stati Uniti nel 1935-1936, nel 1955 dopo numerosi rifiuti del visto, nel 1968 e nel 1969, e firma articoli lucidi e lungimiranti che attraversano l’America nello spazio, dall’East alla West Coast, ma soprattutto nel tempo, scavando nella memoria collettiva e nei suoi lasciti irrinunciabili. Ogni volta l’America gli appare il paese del futuro e delle insanabili contraddizioni: la definisce la terra degli estremi, tra la ricchezza e la miseria, la libertà e le sue distorsioni, molto più evidenti che nel vecchio continente. Questo libro, grazie a documenti dispersi e ritrovati, a mappe e diari di viaggio che ricostruiscono gli spostamenti dell’autore, raccoglie gran parte degli scritti e un inedito: un reportage postumo che offre uno spaccato di oltre trent’anni e di indubbia attualità. Nell’America rooseveltiana e post maccartista, in quella della rivolta sessantottesca e della conquista spaziale, Moravia viaggia, ragiona sull’uomo della modernità e sulle merci, sui conflitti razziali e sull’avvento di una tecnocrazia preoccupante già alla fine degli anni sessanta. Ammira e insieme condanna la realtà statunitense, sempre all’avanguardia e sempre reazionaria. In un momento storico in cui il razzismo e gli scontri politici si riaccendono e il ruolo degli Stati Uniti come modello culturale è messo in discussione a livello mondiale, le parole di Moravia mostrano tutta la loro potenza rivelatrice e tutto l’acume di un intellettuale libero da pregiudizi.
Dino insegue una farfalla gialla e nera che porta un teschio sul dorso e si addentra in un bosco nero: riesce a serrarla nel pugno ed è allora, quando l’ha catturata e sta per destinarla alla prigionia di una piccola scatola, che la sente parlare. La farfalla si chiama Atropo, appartiene alla Notte e gli racconta del Castello Senza Tempo, un luogo sinistro abitato dagli Immortali, anime scampate al diluvio universale e condannate all’eternità, che giocano un’eterna partita a dadi, unite a coppie, senza riuscire a ingannare il loro carceriere, il Tempo. Ma forse Dino ha il potere di liberarle: come, e con quali conseguenze? Gesualdo Bufalino gioca con atmosfere tenebrose, addensa il suo linguaggio scabro nei modi della fiaba e compone una storia di paura e mistero, impastata di elementi tradizionali, strana e inquietante. La versione del centenario è illustrata da Lucia Scuderi, artista catanese naturalmente affine alle atmosfere evocate, e introdotta da un testo di Nadia Terranova.
Incontriamo Edmond Bovet-Maurice una mattina di maggio, nel suo appartamento parigino, in colloquio con la governante: deve scegliere l’abito adatto per la giornata, fa già caldo, forse è ingrassato un po’ perché è goloso. Ha sessantotto anni, gliene mancano due alla pensione, è un uomo di successo, affascinante, elegante: direttore di un grande museo, sempre al centro dell’attenzione del mondo, ha fatto di una deliberata vaghezza la sua chiave di conquista di donne e uomini, ma sul lavoro è attento, rapace, sempre teso verso nuove conquiste. Il suo più grande desiderio è di entrare a far parte dell’Accademia di Francia. Si è dato molto da fare per questo, tessendo con garbo e determinazione una rete di relazioni utili. Ma in questo umido giorno di maggio tutto sembra premergli addosso: il pensiero doloroso della relazione finita con Odile, che la presenza della vivida Saskia non riesce a dissipare; un neo sul fianco, che sembra minaccioso e richiede una visita medica immediata. E poi la rivelazione: nei salotti parigini, nelle alcove intellettuali si mormora, si sussurra, si sostiene che all’Accademia lui non entrerà, a causa di una serie di macchie sulla reputazione della nonna e della madre. Tra memorie personali, memorie contraffatte, dicerie e verità, il viaggio velocissimo di un uomo ambizioso si compie nell’arco di un solo giorno. Un romanzo breve sulla brevità dei destini umani.
"Via Gemito" è la storia di un uomo che se non avesse avuto una famiglia sarebbe diventato un grande pittore, questa almeno sarà la convinzione di tutta la sua vita. Federì è un artista, ma deve fare il ferroviere, e al mondo non potrà mai perdonare il destino scelto per lui. E se la prende con la moglie, una donna soffocata nel ruolo di sarta e madre, e con i figli. Ed è uno di loro, il primogenito, a raccontare questa figura di padre verboso e rancoroso, violento con le mani e con le parole.
Sembra un semplice benzinaio, Valerio, nella sua tuta scolorita alla stazione di servizio di Anzio. Ma lo sguardo disilluso fa pensare che abbia alle spalle una storia più complicata, una storia finita male. Ed è proprio così: Valerio è un ex poliziotto, allontanato dalle forze dell'ordine in strane circostanze. Persi il lavoro e la famiglia, per sfuggire al dolore si è confinato in una vita di provincia solitaria e anonima. Fino al giorno in cui lo raggiunge la notizia che dalle acque torbide del Tevere è emerso il cadavere di suo figlio, Ettore, un ragazzo ribelle e idealista con cui Valerio ha rotto i rapporti da tempo. Il caso viene presto archiviato: suicidio. Ma Sara, una collega con cui Valerio ha avuto una storia che non è mai finita davvero, gli confida i propri dubbi sulla ricostruzione dei fatti. E lui decide di tornare a Roma per indagare. I dubbi di Sara diventano presto certezze: Ettore in realtà è stato ucciso, forse perché si era avvicinato troppo a una verità scottante. Valerio decide così di riprendere le fila della ricerca che il figlio non è riuscito a terminare. Ed è proprio attraverso questa indagine contro tutto e contro tutti che Valerio si riavvicina a Ettore, scoprendo una persona molto diversa da quella che credeva di conoscere. Un confronto dal quale uscirà profondamente cambiato.
A Pontinia, piccolo centro di fondazione fascista nel mezzo dell'Agro Pontino, la giovane Elena è stata uccisa dal fidanzato. A distanza di un anno, i suoi amici sono ancora divisi tra il dolore di quel trauma e il bisogno di un'adolescenza normale. Nell'arco di un'estate afosa, vissuta fra le architetture metafisiche di Pontinia e di Latina e le sensuali dune di Sabaudia, e con Roma, la grande città, sullo sfondo, si intrecciano i loro destini. C'è Diana, con la sua voglia sulla gamba che la rende tanto insicura, e c'è la sua migliore amica Vera, che sembra invece non aver paura di niente. Ci sono Giorgio, il fratello di Vera, che era innamorato di Elena e non lo ha mai detto a nessuno, e Vanessa, cugina di Giorgio e Vera e migliore amica di Elena. Intorno a loro una comunità ancora regolata nel profondo da valori patriarcali perfettamente interiorizzati, una comunità dove le famiglie sono spesso tenute insieme solo dall'ipocrisia e dal silenzio. Le ragazze e i ragazzi dovranno così crescere, perdersi e ritrovarsi da soli. Faranno i conti con il vuoto e la passione, l'insicurezza e l'ansia, l'accettazione e l'affermazione di sé. La morte di Elena assumerà per ognuno un significato diverso, e per ognuno si sovrapporrà alla propria storia personale, a un'educazione sentimentale e sessuale fatta di estremi, in cui l'amore, la tenerezza e il desiderio si mescolano alla sopraffazione, all'umiliazione e alla vergogna.
Disperso durante un'inondazione Rankstrail, il Re bastardo degli uomini, concepito sulle frontiere dalle violenze degli orchi, viene trovato solo, senza insegne e mezzo annegato, da un gruppo di nemici, che non lo riconoscono e lo catturano: uno dei tanti schiavi, uno dei tanti uomini rubati alla loro vita perché con la loro forza e il loro dolore costruiscano il mondo degli orchi. Il cuore di Rankstrail è pieno di odio. La sua anima attende solo il momento in cui potrà saldare i conti, ma il dolore è troppo, la disperazione è troppa e lo travolge. L'unica cosa che ancora riesce ad attendere è la morte, nella speranza che non sia troppo dolorosa. La sua anima si disperde nelle tenebre e in questa notte infinita che lo circonda da tutti i lati giunge fino a lui grazie all'antico incantesimo dei "Maghi del Fuoco", la fiamma delle candele, le migliaia di candele con cui il suo popolo piange la sua scomparsa. Quella luce dolcissima e potente gli permette di ricordarsi che lui è il Capitano, il comandante che non lascia mai nessuno indietro, il Re bastardo degli uomini, nel cui sangue scorre il sangue degli orchi: anche gli orchi sono il suo popolo. Lui dovrà assumersi la responsabilità di liberare la loro anima, di liberarla dalla ferocia e dalla barbarie perché gli orchi esistono e possono essere salvati.
La sera del 29 gennaio 1996 un incendio illumina il cielo di Venezia: il teatro La Fenice brucia. L'incendio è stato appiccato dal titolare di una piccola ditta in ritardo sulla fine dei lavori per il restauro del teatro. Giorgio Falco ha scritto un libro che come un incendio illumina e divora il suo oggetto: ricostruzione di una storia vera e sua decostruzione; romanzo di un'ossessione; indagine sul desiderio e sul potere del denaro di trasformare le cose e i corpi; ritratto in maschera degli ultimi quarant'anni di storia italiana, autobiografia di tutti. Quando l'incendio si spegne, "Flashover" è il libro per capire il mondo che resta.
Elena è giovane, Pietro è molto più vecchio di lei. Ma si sono scelti, e dalla loro relazione hanno deciso di tener fuori le ferite della vita di prima: fanno l'amore con il gusto di chi scopre tutto per la prima volta, bevono caipirinha quando lui torna tardi, si concentrano sull'ebbrezza del quotidiano. Quando Maria, l'ex moglie di Pietro, riesce a conoscere Elena con un inganno, la vita si complica per tutti. Le due donne si raccontano, si confidano e confrontano, e poco per volta la figura di Pietro si trasforma per tutt'e due. La scrittura affilata e rivelatrice di Cristina Comencini torna a illuminare i vortici e le secche delle relazioni, scegliendo la prospettiva di due donne rivali che in comune sembrano avere soltanto lo stesso uomo. Una turbinosa e vitalissima riflessione sulla complicità e sulla rivalità femminile. E su quella stanza tutta per sé a cui gli uomini - con questo romanzo - possono avere accesso.
La carriera di Oriana Fallaci è costellata da incontri con le figure femminili del suo tempo, a partire dai primi articoli di cronaca commissionati dall'«Europeo». La giornalista incontrerà modelle, cantanti, attrici di Cinecittà e star di Hollywood, ma anche personaggi della moda come Coco Chanel o Mary Quant, diventate poi icone per generazioni a venire. Negli anni ruggenti della protesta femminista, intervisterà le protagoniste del movimento come Kate Millett, osservando da testimone attento i cambiamenti epocali che segneranno l'Italia, uno su tutti il referendum sul divorzio. Negli anni Settanta, il periodo in cui colleziona le sue interviste ai potenti della Terra, riuscirà a incontrare Golda Meir e Indira Gandhi, tracciando il ritratto non solo di due eccezionali personalità politiche, ma anche di due profili femminili unici. Oriana Fallaci osserva e descrive un Novecento che vede mutare notevolmente il ruolo e la condizione della donna, in particolare nel mondo occidentale. Lei stessa, d'altra parte, ha incarnato nella sua vita gli ideali di un femminismo concreto: nella libertà profonda di poter essere ciò che voleva ha creduto fino alla fine dei suoi giorni. Questo libro raccoglie una selezione di pagine dedicate dalla giornalista fiorentina all'universo femminile: interviste, inchieste, ritratti finora mai raccolti in volume. Pagine da cui traspare il suo giudizio tagliente e la sua particolare visione delle donne: creature che dovrebbero essere sempre e necessariamente libere.
La città del Nord che ospita i personaggi di "Desideri deviati" è anche la sua protagonista, con i suoi uffici, le sue fabbriche dismesse e le sue passerelle. Chi la abita è animato da forze molto diverse: amore, cultura, successo, giustizia politica. E dunque, cos'è che vuole veramente, qual è il desiderio più profondo di Nico Quell, inquieto "ragazzo senza qualità" che avevamo già incontrato in "Cuori fanatici"? Attorno e insieme a lui, si muovono gli altri personaggi di questo romanzo, che a cavallo tra realismo e fantasia gotica racconta con uno sguardo affilato l'editoria e la moda, miniere di sogni e frustrazioni, all'inizio di un decennio, gli Anni Ottanta, in cui tutto è in mutazione: l'editore Minaudo e il deforme Coboldo, la modella Sheila B., misteriosa amazzone nera, gli ambigui architetti Igor e Vera Macchi, Irene, sorella persa e ritrovata, il maestro Chirone Ognuno ingaggiato in duelli intellettuali o amorosi, fatui o violenti, dove ci si gioca il senso della vita. Ma il desiderio non si compie mai, è per sua natura deviante: nella capitale del lavoro - fotografata un istante prima che si trasformi in città delle attrazioni - si smania sempre per qualcosa, e si finisce per ottenere o perdere qualcuno. E sotto la sua superficie scintillante, come nel film Metropolis, c'è un popolo che vive nelle sue viscere, un'energia barbarica, selvaggia, pronta a ribellarsi per riconquistare la città.
All'alba del 1925 il più giovane presidente del Consiglio d'Italia e del mondo, l'uomo che si è addossato la colpa dell'omicidio di Matteotti come se fosse un merito, giace riverso nel suo pulcioso appartamento-alcova. Benito Mussolini, il "figlio del secolo" che nel 1919, rovinosamente sconfitto alle elezioni, sedeva nell'ufficio del Popolo d'Italia pronto a fronteggiare i suoi nemici, adesso, vincitore su tutti i fronti, sembra in punto di morte a causa di un'ulcera che lo azzanna da dentro. Così si apre il secondo tempo della sciagurata epopea del fascismo narrato da Scurati con la costruzione e lo stile del romanzo. M. non è più raccontato da dentro perché diventa un'entità distante, "una crisalide del potere che si trasforma nella farfalla di una solitudine assoluta". Attorno a lui gli antichi camerati si sbranano tra loro come una muta di cani. Il Duce invece diventa ipermetrope, vuole misurarsi solo con le cose lontane, con la grande Storia. A dirimere le beghe tra i gerarchi mette Augusto Turati, tragico nel suo tentativo di rettitudine; dimentica ogni riconoscenza verso Margherita Sarfatti; cerca di placare gli ardori della figlia Edda dandola in sposa a Galeazzo Ciano; affida a Badoglio e Graziani l'impresa africana, celebrata dalla retorica dell'immensità delle dune ma combattuta nella realtà come la più sporca delle guerre, fino all'orrore dei gas e dei campi di concentramento. Il cammino di M. Il figlio del secolo - caso letterario di assoluta originalità ma anche occasione di una inedita riaccensione dell'autocoscienza nazionale - prosegue qui in modo sorprendente, sollevando il velo dell'oblio su persone e fatti di capitale importanza e sperimentando un intreccio ancor più ardito tra narrazione e fonti dell'epoca. Fino al 1932, decennale della rivoluzione: quando M. fa innalzare l'impressionante, spettrale sacrario dei martiri fascisti, e più che onorare lutti passati sembra presagire ecatombi future.