Questo volume si propone di riconsiderare il nepotismo - tema cruciale nella storia del papato moderno - esaminando le relazioni tra i sessi all'interno della famiglia papale e in particolare il ruolo delle donne: figlie, nuore, cognate, nipoti e sorelle. Di queste donne, da Lucrezia Borgia a Olimpia Maidalchini - inserite in una fitta trama di rapporti nella famiglia, nella città, nella corte - si ricostruiscono i vivaci comportamenti economici, la non trascurabile attività diplomatica informale, il continuo esercizio dell'intercessione come politica di creazione di consenso. Le fonti, numerose e variegate, ci restituiscono i loro gusti estetici e artistici, le loro letture, ci rivelano i loro affetti e il loro modo di viverli, ci parlano della loro religiosità e dei modi in cui la espressero. Alla realtà storica si è sovrapposto lo spessore delle rappresentazioni che i contemporanei e la storiografia ha nel tempo elaborato intorno a loro. Nonostante la loro importanza, molte di esse sono ancora oggi misconosciute; altre, aureolate da mala fama, sono assurte a simbolo e causa dei difetti del potere papale.
L'argomento scelto per questo studio è vasto, per l'estensione temporale in cui è destinato a svolgersi, e articolato per le inevitabili connessioni che esso mantiene con le diverse esperienze coinvolte nella sua rappresentazione e che l'autore riassume nel concetto di "Pensiero". Si trattava di definire una realtà, il "Pensiero", percepita come qualcosa di ormai separato dalla mente che lo elabora. Il pensiero si esprime attraverso la parola che diviene la voce del vero. La parola è rivelazione del pensiero che viene ordinato, vivificato, articolato dalla parola. Il libro segue il lungo corso del pensiero umano, comunicato e rappresentato dalla parola, e ci introduce in un mondo vastissimo e affascinante, che come un fiume scorre dalla sorgente fino al mare.
Monsignor Giuseppe Anfossi, con quest'ultima opera, ci parla in maniera magistrale e allo stesso tempo in modo semplice e agevole delle vocazioni adulte, ovvero di quelle persone che hanno già percorso un tratto di vita ricco e intenso e che scoprono, in età adulta, la chiamata a seguire il Signore. Il vescovo emerito di Aosta quindi passa in rassegna i ricordi degli anni in cui venne istituito un Seminario Regionale Piemontese per le Vocazioni Adulte. Richiamando esperienze di vita, fa riflettere il lettore sull'importanza delle vocazioni adulte, percorso umano e spirituale ancora oggi attuale e certamente da trasmettere alle nuove generazioni.
La novena al Natale dai testi e con le preghiere della Madre Canopi.
DESCRIZIONE: L'interrogativo sull'uomo è fondamentale per chi voglia comprendere se stesso; esso anzi costituisce un problema di fondo anche per il pensiero filosofico contemporaneo, che cerca di conoscere l'uomo nella sua intima essenza. Oggi più che mai si sente l'esigenza di un'antropologia filosofica; essa richiede il posto che le compete nell'insieme dell'insegnamento e della ricerca, insidiata com'è da pretese egemoniche delle «scienze umane» in senso puramente empirico, da un lato, e contestata dall'altro da alcuni orientamenti esclusivamente fideistici di antropologia teologica.
Questo volume è derivato da corsi di lezione tenuti dall'Autore all'Università di Innsbruck, qui pubblicate in forma ampliata e completa. Il suo primo intento è quindi di servire agli studenti; vuole essere inoltre uno strumento per docenti e quanti lavorano nell'università; infine si rivolge a quella fascia più ampia di persone che cercano un orientamento riguardo al problema della realtà dell'uomo. Il tenore del libro è volutamente di carattere non troppo specialistico, e perciò scritto in maniera leggibile e didatticamente chiara.
COMMENTO: La settima edizione del volume, derivato dai corsi tenuti dall'autore all'Università di Innsbruck, che affronta il problema della realtà dell'uomo, scritto in maniera leggibile e didatticamente chiara.
EMERICH CORETH ha insegnato filosofia presso l'Università di Innsbruck. Tra le sue opere ricordiamo: Grundfragen des menschlichen Daseins, Innsbruck 1956; Metaphysik. Eine methodisch - systematische Grundlegung, Innsbruck 19642; Grundfragen der Hermeneutik, Freiburg im Br. 1969 (alcune tradotte in spagnolo), oltre ai numerosi articoli su ontologia e antropologia in importanti riviste o miscellaneee.
"Domani mattina troverai un'auto sotto casa tua con un biglietto aereo per raggiungermi a Parigi. Non devi pensare a niente, ho già pensato a tutto io. Sarà un weekend indimenticabile." Luca è bravissimo nelle sorprese, ha il talento di rendere speciale ogni momento, anche le pause pranzo. È un uomo molto indipendente, però non gli piace stare da solo. Ha una storia importante alle spalle, finita non ha capito bene come ("quand'è che le cose belle poi diventano brutte?"). Esce con una ragazza che ha la metà dei suoi anni e un po' se ne vergogna, ma lei è come una boccata d'aria fresca. Sua madre invece dispone di lui come se non fosse mai diventato un adulto e non perde occasione per farlo sentire sbagliato, in debito. Un giorno, per caso, incontra Lucia, la sua fidanzata di quando aveva vent'anni. Il loro era stato un amore da film, assieme avevano vissuto tutte le prime volte. Adesso lei ha una figlia e si sta separando dal marito. E se provassero a tornare al punto dove si erano fermati, vedere cosa è rimasto di quei due? Il nuovo romanzo di Fabio Volo coinvolge ed emoziona pagina dopo pagina, con scene romantiche in cui pare di volare - tra calici di vino buono e croissant caldi -, dialoghi che sembrano rubati dalla nostra vita quotidiana e riflessioni in cui ritrovarsi quando ci sentiamo un po' persi. "Tutto è qui per te" è un libro sulla linea d'ombra che ciascuno di noi si trova a superare alle età più differenti e inaspettate. Sulla voglia di mettersi in gioco davvero, di predisporsi ad accogliere l'amore anziché rincorrerlo ovunque. Sul valore che può avere anche la solitudine. Sul desiderio, e la possibilità, di un nuovo inizio.
Gabriele Dell'Otto, illustratore italiano della Marvel, ha compiuto un'impresa epocale: illustrare integralmente le 3 cantiche della Divina Commedia nell'edizione a cura di Franco Nembrini con introduzione di Alessandro D'Avenia. Celebriamo la sua bravura in questo volume che raccoglie tutte le illustrazioni valorizzandole al massimo, accanto al testo della Commedia.
Questo «Millennio» rappresenta la prima edizione integralmente tradotta dal latino, annotata e con apparati filologici, di un'ampia selezione dell'innografia cristiana d'Occidente costituitasi a partire dal IV secolo e proseguita poi in età moderna fino ai nostri giorni. Si tratta dei testi entrati nella Liturgia horarum iuxta Ritum Romanum, cioè nel corpus approvato e utilizzato nella liturgia delle Ore dalla Chiesa cattolica di rito romano. A parte Ilario di Poitiers, della cui produzione sono stati tramandati solo sparuti inni frammentari, il più antico innografo è sant'Ambrogio, vescovo di Milano, operante negli ultimi decenni del IV secolo. I suoi testi poetici e quelli dei primi secoli dell'innografia cristiana sono preghiere in metrica latina, ma con caratteristiche già volte a ritmi di indole più popolare. Gli inni cristiani d'Occidente coniugano forme della poesia latina classica con i temi e i contenuti più cari al Cristianesimo. Per questa mescolanza di sacro e profano non hanno avuto vita facile in alcuni periodi, soprattutto nell'alto Medioevo, avversati talvolta dagli ordini monastici più rigidi e anche dalle autorità ecclesiastiche, che in certe fasi storiche ritenevano solo la parola di Dio, dunque solo Antico e Nuovo Testamento insieme, degna di essere pronunciata o cantata nella liturgia. Ciò nonostante, la tradizione innografica si è via via consolidata, anche per la sua grande forza di coinvolgimento dei fedeli. Ed è interessante vedere come gli inni cambino il loro aspetto letterario nel corso dei secoli. Per esempio nel Rinascimento, a parte il ricorso a forme metriche più eleganti e ricercate, entrano in gioco addirittura personaggi della mitologia classica accanto alle figure della religione cristiana. Dunque la stratificazione del corpus innografico è arrivata a contenere tutti gli aspetti della spiritualità e della devozione cristiane assunti nel trascorrere dei secoli, nelle forme che la sensibilità culturale dei vari periodi storici ha richiesto. Nel XVII secolo gli inni vengono ordinati e attentamente revisionati da una commissione istituita da papa Urbano VIII. Questa fase di assestamento è anche il momento in cui avvengono gli ultimi ingressi di rilievo nel corpus, che comunque ha continuato, seppur più sporadicamente, ad arricchirsi fino al Concilio Vaticano II. Il volume è curato da Federico Giuntoli, che già è stato fra i curatori della "Bibbia" nei «Millenni» (ora anche in edizione economica). Oltre al delicato lavoro di traduzione, ha cercato di attribuire ogni inno al suo autore e di descrivere i processi editoriali delle singole tradizioni testuali. Completano il volume una serie di indici e un ricco apparato iconografico: ogni inno viene infatti illustrato con gli incipit delle sue notazioni gregoriane originali, e undici tavole fuori testo riproducono pagine di innari e antifonari da manoscritti medievali.
Il Movimento sociale italiano rivendicò fin dalle origini, come fattore identitario, la propria estraneità alla Repubblica nata dalla Resistenza e ai valori da essa espressi nella Costituzione, ponendo da subito all'ordine del giorno la questione di «essere fascisti in democrazia». Giorgio Almirante e Giuseppe (Pino) Rauti rappresentarono il nostalgismo dei reduci di Salò nel dopoguerra e sostanziarono quel neofascismo politico che nei decisivi anni Sessanta e Settanta fu radicalmente ostile ai profondi mutamenti che attraversavano il Paese. Giorgio Almirante (1914-1988), redattore della «Difesa della razza» durante il regime fascista, fu capo di gabinetto al ministero della Cultura popolare nella Repubblica di Salò. Deputato dal 1948, fu tra i fondatori del Msi e segretario del partito dal 1947 al 1950 e poi dal 1969 al 1987. Pino Rauti (1926-2012), volontario della Repubblica sociale di Salò, nel dopoguerra aderì al Msi. Entrato presto in conflitto con la dirigenza del partito ne uscì nel 1956 fondando il gruppo Ordine Nuovo. Tornò nel Msi nel 1969 dopo la rielezione di Almirante, alla vigilia della strage di piazza Fontana e dell'avvio della «strategia della tensione», diventandone segretario dal 1990 al 1991.
Viciuzza e Rosalia si conoscono nei vicoli di Palermo eppure, nonostante la miseria che le circonda, quando scherzano e si confidano si spande attorno a loro un profumo intenso di rosa. Perché Rosalia non è solo una coetanea di Viciuzza, una ragazzina povera quanto lei, ma è la Santuzza che il popolo invoca nel bisogno. Viciuzza non ha una madre che le voglia bene e se sul suo piatto arriva qualche fava da farci una purea è grazia ricevuta, ma ha un candore che le privazioni non possono intaccare e che le vale il soprannome di "Babbasuna". L'incontro con santa Rosalia nel 1614 intreccia un'amicizia che durerà tutta una vita. Intanto il gesuita padre Cascini, ignaro di questo legame speciale, è impegnato nell'"ideuzza" di dotare santa Rosalia di una genealogia illustre che la faccia discendere da Carlo Magno, per renderla accetta alla nobiltà e all'alto clero. E scomoda per la sua iconografia nientemeno che il fiammingo van Dyck. Fra spie vaticane e le ombre della Riforma protestante, è proprio questo gesuita malandato ma tenace a salvare Viciuzza dalla strada, con l'aiuto delle sue impareggiabili aiutanti, le suore Mano destra e Mano sinistra, e a trovarle sistemazione presso la grande pittrice Sofonisba Anguissola. Nel 1624, quando sopra Palermo si abbatte la peste con il suo fetore insopportabile, di santi - anzi, di sante patrone - ce ne sono ben quattro, ma nessuna sembra godere della fiducia del popolo. Solo la Santuzza può compiere il miracolo più grande e mettere in salvo la città e i suoi abitanti. Ed ecco che l'"ideuzza" di padre Cascini finalmente prende forma, con l'aiuto di una Viciuzza ormai più matura e consapevole. Giuseppina Torregrossa scrive un romanzo vivacissimo e pieno di ironia, dove Palermo è il centro di macchinazioni ordite da Nord a Sud, da Anversa a Roma, fra spiritualità, amicizie, arte e potere.
Nel 1924 Mussolini accettò la proposta del «camerata samurai» Harukichi Shimoi di fare da testimonial per una bevanda analcolica giapponese. Due anni dopo la fotografia del Duce planava dai cieli nipponici su una folla entusiasta, che riconosceva nel Fascismo gli stessi valori fondanti del Bushido: coraggio, lealtà, senso del dovere e dell'onore e la visione eroica dell'agire in nome di un ideale fino al sacrificio estremo. Se il legame tra l'Italia e l'Impero di Hirohito dopo il 1936 è noto, poco si sa in merito ad altre potenze dell'Asia che nutrivano verso il Duce una fascinazione altrettanto forte come l'India di Gandhi che, sebbene non approvasse «il pugno di ferro» con cui Mussolini governava, ne elogiava l'impegno in campo sociale, specialmente quello a favore delle classi rurali e delle categorie deboli come orfani, vedove, ragazze madri, riconoscendogli servizio e amore verso il popolo. Mussolini - che segretamente definiva l'India «il forziere del mondo» e mirava a controllarla - rappresentava anche un importante alleato in funzione antibritannica. Ancora meno noto è il legame con l'Afghanistan, punto nevralgico dell'Asia centrale, scacchiere su cui si scontravano nel "Grande Gioco" le maggiori potenze del tempo, Gran Bretagna e Russia: nel 1921 l'Italia fu il primo Paese al mondo a riconoscerne l'indipendenza, stipulando accordi di collaborazione. Le mire internazionali di Mussolini erano affiancate da una vivace propaganda culturale: fondamentale l'operato di personaggi come l'esploratore Giuseppe Tucci, portavoce del Fascismo in India e in Nepal, Gian Galeazzo Ciano, console d'Italia in Cina, Pietro Quaroni, ambasciatore a Kabul e abile tessitore di alleanze con i ribelli waziri. Con alle spalle anni di ricerca, Enrica Garzilli ricostruisce un grande affresco sulle operazioni di Mussolini nelle terre di quell'Oriente «fratello non di sangue» consegnandoci un'opera del tutto nuova, che inquadra gli anni del Ventennio secondo parametri mai considerati prima. Una ricerca storiografica che si legge come un libro di avventura, in cui il ritmo avvincente della narrazione si combina con il rigore scientifico della ricostruzione basata su documenti originali come gli appunti inediti di Tagore, Mussolini e Andreotti.
Il generale Mario Mori e il capitano Giuseppe De Donno sono stati protagonisti in prima fila nella lotta contro Cosa Nostra, e il loro impegno investigativo ha dato risultati straordinari. Eppure, sono noti al grande pubblico soprattutto per il processo sulla presunta "Trattativa Stato-mafia", concluso con la loro completa e definitiva assoluzione. Oggi, finalmente, possono raccontare cosa c'è dietro la persecuzione giudiziaria e mediatica che hanno subito: il "Dossier mafia-appalti". Dopo intense indagini l'informativa fu preparata dai carabinieri del ROS guidati da Mori e De Donno e consegnata nelle mani di Giovanni Falcone, che le attribuì un'enorme importanza. Ma nella magistratura siciliana ci fu qualcuno che frenò a più riprese e poi archiviò senza giustificazioni la pista, ancora tutta da percorrere, che stava svelando il vero volto della mafia. Uno sconvolgente sistema corruttivo istituzionalizzato che, in tutta Italia, depredava le risorse pubbliche a vantaggio di selezionate cricche di politici e imprenditori, e di cui Cosa Nostra rappresentava il braccio armato. Paolo Borsellino credeva che l'inchiesta Mafia-appalti fosse all'origine della morte di Falcone, ed è molto probabile che anche la strage di via d'Amelio (con il relativo depistaggio) sia da attribuire al dossier del ROS dei carabinieri. Antonio Di Pietro ha riconosciuto il suo stretto e inquietante legame con Mani Pulite. Oggi, finalmente, il pubblico italiano può conoscere la verità su un'inchiesta che non doveva proseguire, nel racconto documentato e coinvolgente di due protagonisti che hanno pagato un prezzo altissimo. Attese da anni, le testimonianze di Mori e De Donno sui fatti dei primi anni Novanta si leggono come un romanzo poliziesco. E faranno discutere, indignare, tremare: perché è tutto vero.