Agnese e Pino, nati nel 1893, appartengono a quella generazione sfortunata che ha attraversato entrambe le Guerre Mondiali, che hanno scavato voragini nelle loro vite. Lei è una ragazza pratica e riservata con una madre svampita e un fratello minore da accudire; lui è il rampollo di una nobile famiglia siciliana. Si incontrano a Milano all'inizio del secolo scorso, si innamorano, hanno una figlia. Ma il destino non li vuole insieme. Pino intraprende la carriera militare e la famiglia non solo gli vieta di riconoscere il figlio avuto da Agnese, ma lo spinge a un matrimonio di convenienza con una cugina. Agnese trova lavoro come sarta, va a vivere insieme alla figlia in una casa di ringhiera in corso Buenos Aires e lì, giorno dopo giorno, tesse la trama minima della propria esistenza, accettando le cose come vengono, lavorando. Mentre la sanguinosa storia del secolo breve si snoda spietata, Agnese e Pino tornano di tanto in tanto a incontrarsi, senza mai deviare il corso del proprio destino. Si vogliono bene, ma non arrivano mai a credere che questo possa essere sufficiente. Finché nel 1941, dopo anni che non si vedono e a chilometri e chilometri di distanza, muoiono di malattia, a pochi mesi l'uno dall'altro.
«Di guerra e di noi» è la storia di due fratelli e copre l'arco di due guerre mondiali, correndo a perdifiato dal 1917 al 1945; comincia nelle campagne intorno a Bologna, e da lì non si sposta. Quando il marito non torna dalla Prima guerra mondiale, la madre dei due, ormai sola, è costretta a separarli. Il più grande, di nome Ricciotti, va a studiare in collegio a Bologna. Il più piccolo, Candido, rimane al mulino. Il collegio di Ricciotti è una scuola da ricchi, e la vita di Candido al mulino è una vita da poveri. Finiti gli anni avventurosi e duri del collegio, Ricciotti sarà segnalato per andare a lavorare nella neonata sede del Fascio di combattimento bolognese, dove incontrerà Leandro Arpinati, che diventerà suo mentore e amico. Candido resterà invece a lavorare nelle campagne frequentando sempre più quegli uomini e quelle donne che, col passare degli anni, andranno a formare le bande partigiane. Ricciotti però non è fascista, e Candido, d'altra parte, non è più di tanto interessato alla politica. Pensano entrambi a mandare avanti la famiglia, a proteggere la madre e i braccianti, pensano a correre dietro alle ragazze – donne avvolte di colori, nonostante partecipino e soffrano la guerra quanto gli uomini –, pensano a innamorarsi e poi sposarsi, e soprattutto a comportarsi bene quando molti intorno a loro, a causa della guerra, si comportano male. Come per Oskar Schindler, tuttavia, la grande occasione per trasformare la loro azienda agricola in un progetto onesto ma più ambizioso sarà proprio la guerra. Raccontando gli anni del fascismo con un'epopea dove le storie dei personaggi – mai del tutto innocenti, mai del tutto colpevoli – dialogano magistralmente con la grande Storia, Marcello Dòmini segue le peripezie dei due fratelli Chiusoli lungo ventotto anni, e segue, senza mai perderle di vista, le vite di tutti coloro che gli si muovono intorno – compagni di scuola, segretarie, squadristi, mogli, crocerossine, staffette partigiane... –, e lo fa rovesciando situazioni, svelando fondi segreti (dei muri e dei personaggi), collegando incontro a incontro, fatto a fatto, con una voce profonda, potente e in fondo scanzonata, perché è sempre la giovinezza a partire per la guerra. Il grande romanzo popolare di uno scrittore al suo esordio.
«Si nasce per caso in un luogo, che può diventare scelta, destino. E destino di scrittura è stata per me Caltagirone, l’immaginaria Calacte della maggior parte di questi racconti. Storie soprattutto di donne – ribelli non rassegnate – di cui spesso resta solo un gesto, un dettaglio, impigliato in vecchi libri o nelle scritture di cronisti locali: frammenti dell’immemore genealogia delle madri, che arrivano a me, si insediano in me, fino a quando non restituisco loro parola e identità. Ricostruendo, tra immaginario storico e tracce documentali, il pensare e l’operare di Catarina, Francisca, Annarcangela, Ignazia, ma anche delle protagoniste degli altri racconti, la mia vita si è fusa con la loro in una sorta di transfert, di autobiografia traslata nel tempo dell’esclusione dal linguaggio che ha caratterizzato l’identità di genere; dove però è possibile ritrovare sorprendenti storie di coraggio e di resistenza alla discriminazione e all’ingiustizia» (Maria Attanasio, dalla Nota introduttiva).
Raccogliere in un unico volume questi racconti, variamente editi tra il 1994 e il 2014, corrisponde alla necessità di dare più completa conoscenza ai lettori di una scrittrice appartata ma la cui opera è accompagnata oggi da una crescente attenzione, da una continua curiosità. Il volume mette assieme: la lunga novella, quasi un breve romanzo, Correva l’anno 1698, che dissotterra la vicenda di Francisca, uomo-femmina, «masculu fora e fimmina intra»; la bellissima Lo splendore del niente – storia di potenza flaubertiana di Ignazia Perremuto, di superba e nobile famiglia, che a lussi, amori e doveri propri del suo stato preferisce contemplare il nulla, prefigurando le ribellioni alla sottomissione femminile –, oltre a più rapide escursioni attraverso destini di donne del Settecento. Recuperati, tutti, dalle antiche cronache e riportati in vita da una scrittura che suscita immagini a ogni rigo.
1944, Bologna sta vivendo il suo «inverno più nero». La città è occupata, stretta nella morsa del freddo, ferita dai bombardamenti. Ai continui episodi di guerriglia partigiana le Brigate Nere rispondono con tale ferocia da mettere in difficoltà lo stesso comando germanico. Anche per De Luca, ormai inquadrato nella polizia politica di Salò, quei mesi maledetti sono un progressivo sprofondare all'inferno. Poi succede una cosa. Nella Sperrzone, il centro di Bologna sorvegliato dai soldati della Feldgendarmerie, pieno di sfollati, con i portici che risuonano dei versi degli animali ammassati dalle campagne, vengono ritrovati tre cadaveri. Tre omicidi su cui il commissario è costretto a indagare per conto di tre committenti diversi e con interessi contrastanti. Convinti che solo lui possa aiutarli.
L'Odissea non è la storia del viaggio di un uomo: è la storia d'amore di molte donne. C'è Calipso, che, avvinta dalle sue stesse reti di seduzione, si innamora di Ulisse ma deve lasciarlo andare. C'è Euriclea, la nutrice che lo ha cresciuto, e ci sono le sirene, ciecamente decise a distruggerlo. C'è Nausicaa, seduttrice immatura ma potente, che non osa nemmeno toccarlo. C'è Circe dominatrice, che disprezza i maschi finché non ne incontra uno diverso da tutti gli altri. E naturalmente c'è lei, Penelope, la sposa che non si limita ad attendere il marito, ma gli è pari in astuzia e in caparbietà. In questo libro, sono loro a cantare le peregrinazioni dell'eroe inquieto, ciascuna protagonista di una tappa della grande avventura, ribaltando la prospettiva unica del maschile nella polifonia del femminile: che conquista, risolve, combatte. Alle loro voci fa da controcanto quella di Atena, dea ex machina, che sprona sia Telemaco sia Ulisse a fare ciò che devono: la voce della grande donna dietro ogni grande uomo. In un curioso alternarsi di punti di vista, torna in vita e vibra di nuovi significati un classico immortale, in una narrazione che vola sulla varietà e sulla verità dei sentimenti umani.
Quando una mattina il campanello di John Taliabue, professore di letteratura comparata alla New York University, suona insistentemente, né lui né chi legge può immaginare che aprendo la porta si troverà davanti Mark Simonetti, agente dell'FBI con tanto di tesserino, specializzato in "crimini letterari". Il crimine letterario che il Bureau non ha mai smesso di investigare riguarda l'infinita scomparsa di J. D. Salinger dalla vita pubblica, e sembra coinvolgere anche una donna misteriosa, Olga Simoneova, presunta spia russa nonché vecchia amica dell'accademico. Taliabue non vorrebbe saperne niente - mal sopporta l'FBI -, ma qualcosa sa, e per la prima volta si troverà costretto a parlare... La letteratura insegnata e amata dal professore e "Il giovane Holden" rappresentano l'occasione per analizzare il mito americano nell'epoca di Trump: tra rievocazioni e oblii, intuizioni geniali e false piste, Enrico Deaglio si avvicina alla vita e alla scrittura di J. D. Salinger.
Ha vent'anni Daniele quando, in seguito a una violenta esplosione di rabbia, viene sottoposto a un TSO: trattamento sanitario obbligatorio. È il giugno del 1994, un'estate di Mondiali, e lui, ragazzo come tanti se non fosse per una sensibilità estrema, una percezione della realtà fatta tutta di picchi e di abissi, si trova inchiodato per una settimana in ospedale. Al suo fianco, come in un delirante campeggio, un girone infernale dell'assurdo, i compagni di stanza: personaggi inquietanti e teneri, sconclusionati eppure saggi. Negli abissi della follia brilla un'umanità creaturale, potente, a cui Mencarelli sa dare voce con una delicatezza e una forza uniche. L'autore mette in scena la disperata, rabbiosa, ricerca di senso di un ragazzo che implora salvezza: "Salvezza. Per me. Per mia madre all'altro capo del telefono. Per tutti i figli e tutte le madri. E i padri. E tutti i fratelli di tutti i tempi passati e futuri. La mia malattia si chiama salvezza".
Parigi, inverno 1302. Filippo IV detto il Bello, re di Francia, comanda l'armata più formidabile del mondo cristiano, ma il regno è sull'orlo della bancarotta. Per pagare i debiti di stato, il sovrano ha un piano che potrebbe costargli la scomunica: intende aggredire Firenze con un pretesto, per razziare le sue vaste riserve di fiorini d'oro, ma non ha fatto i conti con Bonifacio VIII... La Signoria di Firenze, infatti, ha chiesto la protezione del pontefice, dal momento che in Vaticano abita la sola persona in grado di fermare il re di Francia: Arnaldo da Villanova, detto il Catalano, medico talentuoso benché tacciato di praticare le arti oscure. Il Catalano può interpretare i misteriosi segni impressi nel più antico sigillo dei Templari, e così rivelare dove viene accumulato il leggendario oro dell'Ordine combattente. Si vocifera, infatti, che proprio fuori da Parigi ci sia una grande torre nella quale è nascosta un'immensa fortuna aurea. I Templari potrebbero salvare la Francia, ma intendono davvero condividere il segreto della loro ricchezza?
Nella più completa tranquillità di una stanza d’albergo in riva al mare, dove sta smaltendo le fatiche della tappa conclusa da poco, il campione precipita nel gorgo delle allucinazioni e del panico. Al doping non c’è rimedio facile. Come vincere questa battaglia? Trionfare grazie al doping può costare moltissimo. L’atleta lo capirà!
"Volete avere, di questo nostro pianeta, l'opinione ch'esso meriti un certo rispetto, e che non sia poi tanto piccolo in rapporto alle passioni che ci agitano, e che offra molte belle vedute e varietà di vita e climi e di costumi; e poi vi chiudete in un guscio e non pensate neppure a tanta vita che vi sfugge, mentre ve ne state tutti sprofondati in un pensiero che v'affligge o in una miseria che v'opprime".
Siamo nel 2007 in una Bilbao psichedelica, sfinita dagli ultimi fendenti del terrorismo basco. Gorane e Jokin hanno venticinque anni, sono gemelli e figli di due militanti dell’ETA. Cresciuti senza regole, prendono direzioni opposte e complementari: del tutto accondiscendente e passivo, Jokin, batterista eroinomane, sembra ricalcare le orme dei genitori, mentre Gorane, ambigua e introversa, prova a scostarsi dal loro insegnamento rifugiandosi in un mondo astratto che prosegue dentro di sé. A unirli però c’è un sentimento viscerale, anarchico, incomprimibile. Quando Jokin – che non regge più alla pressione – fugge e i genitori vengono coinvolti in una tragica vicenda, Gorane è preda di strane allucinazioni che la costringono ad andare da uno psichiatra. A Parigi Jokin conosce Germana, una splendida ragazza italofrancese con bizzarre manie da piromane, e inizia a suonare in giro per locali con un gruppo drum’n’bass. Eppure, nonostante la distanza fisica, le vite dei gemelli sembrano destinate a non separarsi mai. Sarà infatti il romanzo di uno scrittore francese a ricongiungerli. La mischia è un’opera polifonica, un mondo che collega la realtà ai nostri sogni più reconditi, un mondo dove l’unica forza trainante sembra essere quella cieca della violenza. Può la libertà – fragile e illusoria conquista del nostro tempo – rivelarsi uno strumento di tortura che occulta gabbie che non avevamo previsto? Valentina Maini risponde con le pagine di questo esordio sorprendente – una rete di storie che coinvolgono famiglie borghesi, spacciatori, maniaci, scrittori, tagliatori di valigie, cartomanti e donne delle pulizie – e lo fa con la decisione di Roberto Bolaño e Mathias Énard: guardando il caos dritto negli occhi.
Dopo aver risolto brillantemente il caso della parruccaia (Stella o croce), Angela Mazzola, poliziotta dell’Antirapine a Palermo, viene convocata alla Sezione omicidi. C’è un lavoro per lei, si tratta di infiltrarsi in una delle zone più animate del centro storico e raccogliere informazioni su un omicidio avvenuto qualche giorno prima. Il morto è Ernesto Altavilla, rampollo di una famiglia dell’alta borghesia: nessuna pista, niente testimoni. Inizia così una indagine che porta Angela a Ballarò, quartiere composito: mercato storico di giorno, taverna di sera, luogo di spaccio e di riciclaggio di merce rubata la notte, locali di ogni tipo e tantissimi quelli etnici, grazie anche alla accoglienza che Ballarò ha riservato agli stranieri. È in questi vicoli che Angela si conquista la fiducia di Jamal, un ragazzo nigeriano che lavora nel locale dove Ernesto è stato freddato da un colpo di pistola, e di Shamira, la donna di cui la vittima si era innamorato. Angela viene così a conoscere la realtà della comunità nigeriana grazie proprio a Jamal, che le racconta le storie del suo paese, e quelle dell’Ascia nera, l’organizzazione composta di stranieri che è diventata a tutti gli effetti una mafia e pare avere contatti con la criminalità locale. Da Ballarò l’indagine si va spostando nelle zone della Palermo bene e anche nei salotti della famiglia della vittima, che qualche segreto nasconde. Qualche tempo prima infatti gli Altavilla hanno subito un furto di opere d’arte, ma si sono ben guardati dall’avvertire la polizia, preoccupandosi semmai di recuperare la merce rubata con metodi discutibili. Angela si sente messa alla prova, è la sua grande occasione per fare il salto di qualità all’interno della polizia e non trascura nulla, né si lascia intimidire dalla baronessa e dalla figlia. L’intuizione, i metodi non proprio ortodossi, una buona dose di sfacciataggine e di fantasia saranno le doti giuste per questa sbirra allegra e credibile, né eroina, né votata solo alla professione, che si è fatta da sé e alla sua autonomia ci tiene, come al bicchiere di vino nella sua terrazza all’Arenella, e all’inseparabile labrador Stella. Tutt’intorno la Palermo di oggi, multietnica e accogliente sì, ma anche violenta e dura.