Una raccolta di testi per canti e disturne che si tramandano per via orale.
Le canzoni epiche popolari in ottavi in rima su famigerati briganti.
L'autore affronta gli argomenti più diversi, quali l'ambiente, la creatività, la società di consumo, l'idea di stato e di felicità, con uno sguardo lucido, talvolta utopico, ma sempre ottimista. Per l'autore il lavoro e il piacere, l'arte e la vita, lo spirito e il corpo lungi dall'essere in contraddizione, si completano per formare un tutto, così la conoscenza dell'arte diviene conoscenza della vita di tutti i giorni e l'atto stesso di vivere una ricerca artistica.
Il trattato di armonia di Diether de la Motte ha una caratteristica che lo distingue fortemente dalla maggioranza dei comuni testi di studio creati a questo scopo: la concezione dell'armonia su cui si basa è radicalmente storico-antropologica. Ne consegue che l'armonia non ha più nulla a che fare con una disciplina normativa astratta, basata su una presunta 'natura' dei rapporti tra suoni, ma è vista e studiata come una prassi umana; non è proposta come una scienza, ma è riassorbita in una dimensione stilistico-estetica. Coerentemente con questa concezione, a partire dagli albori della musica colta occidentale, da Ockegem al '500 inoltrato, passando per il periodo barocco, il classicismo viennese, il romanticismo, e via via fino ad arrivare alla musica seriale, ogni capitolo di questo libro sviluppa un'indagine sul linguaggio armonico quale lo si può dedurre partendo direttamente dall'opera concreta dei grandi musicisti del periodo, e corredandola con una doviziosa rassegna di esempi. Ogni trasformazione, ogni evoluzione del linguaggio armonico introdotta nella prassi musicale viene osservata e illustrata in dettaglio, e gli esercizi di cui il libro è disseminato diventano proposte per provarsi a comporre come si faceva in un'epoca determinata e all'interno di quel determinato quadro stilistico.
Il 'Dialogus de musica' è un trattato di teoria musicale scritto probabilmente in Italia centro-settentrionale a cavallo dell'anno Mille, circa una generazione prima di Giulio d'Arezzo. Pietra miliare nella didattica musicale medioevale per lo stile semplice ed elegante, l'efficace precisione delle definizioni, l'impianto espositivo sintetico e cristallino, il 'Dialogus', in assenza di un'edizione critica e a causa della notevole complessità della tradizione manoscritta, richiede un esame approfondito. Questa edizione- la prima in italiano- si basa sulla collocazione di quattro manoscritti dei secoli XII-XIII, gli stessi che stanno a fondamento dell'unica versione a stampa disponibile, allestita da Martin Gerbert nel 1784. Viene così alla luce un'elaborazione teorica molto originale che rilegge la teoria tardoantica e carolingia cercandovi norme sicure e leggi facilmente comprensibili per l'esecuzione e la composizione del canto ecclesiastico, con aspetti estremamente moderni. Un'introduzione che contestualizza il tratto dal punto di vista teorico-musicale, storico e filosofico precede l'edizione del testo con apparato di varianti e la traduzione.
Il 'Musica disciplina' di Aureliano di Réôme è il più antico trattato carolingio di teoria musicale conosciuto, scritto dall'840 fino all'862 circa e forse fino all'870-875 in un'epoca di grande fervore culturale, durante la quale si sviluppò un progetto di revisione dei libri liturgici contenenti i canti, finalizzato all'unificazione del rito su tutto il territorio dell'Impero. Nel presente studio l'autrice analizza la tradizione manoscritta del testo, mostrando come esso costituisca la probabile testimonianza scritta di un lungo insegnamento orale e il risultato finale di successive integrazioni e ampliamenti di un tonario didattico, raccolta di 'incipit' di canti classificati seguendo gli otto toni del canto gregoriano. L'esame dei contenuti ha rilevato l'intento di Aureliano di ristabilire il legame tra la prassi del canto liturgico e la teoria musicale. Il 'Musica disciplina' avvia alla definizione di un sistema di regole relative alla composizione e all'interpretazione e rispecchia il passaggio dall'oralità alla scrittura, mostrando anche tracce dell'affermarsi di un sistema di notazione musicale.
Il compositore Bartolomeo Cordans (Venezia, 1698 - Udine, 1757) fu senza dubbio la figura più significativa della musica friulana del Settecento e operò come maestro di cappella nel duomo udinese per oltre un ventennio, dal 1735 alla morte. Anni intensamente creativi durante i quali l'istituzione da lui diretta visse uno dei suoi periodi più ricchi e vitali. Il volume, oltre a puntualizzare numerosi aspetti biografici del musicista e a fornirne un approfondito inquadramento critico, illumina alcuni momenti in parte del tutto inediti, in parte fino ad ora scarsamente indagati della società friulana del tempo, che si mostra particolarmente vivace e aggiornata e capace di usufruire dei notevoli stimoli culturali e artistici provenienti dalla Dominante, senza peraltro dimenticare i possibili apporti delle vicine realtà oltralpine.
Dotato di una ricca formazione culturale e affascinato dalla musica polifonica rinascimentale, per tutta la vita l'autore ha esplorato nuove forme tecniche ed espressive (approdando anche all'elettronica) in cerca del veicolo idoneo a suscitare una riflessione sul tema della guerra, dello sfruttamento, della tirannide. Di Nono rimangono memorabili i concerti degli anni sessanta eseguiti nelle fabbriche e nei circoli studenteschi. Viaggiò e lavorò molto all'estero: in Germania, Francia, Unione Sovietica, Spagna, Cuba e America Latina. Nel 1967 fu arrestato ed espulso dal Perù per ragioni politiche. Gli scritti eterogenei di questo volume ne rispecchiano la riflessione artistica e la sensibilità ai problemi sociali.