Il volume raccoglie gli Atti del Convegno su Levinas, organizzato dai curatori e patrocinato, oltre che dalle Università romane "La Sapienza", "Tor Vergata", "Roma Tre", da varie istituzioni finalizzate alla promozione della cultura francese ("Bureau de Cooperation linguistique et artistique de PAmbassade de France en Italie") e della cultura ebraica ("Hanadiv Charitable Foundation", "Leopold Zunz Zentrurn", "Centro Judaica Goren-Goldstein"), tenutosi a Roma, 24-27 maggio 2006, in occasione del Centenario delia nascita del filosofo. Il Convegno è stato parte delle celebrazioni che hanno avuto luogo nell'anno 2006 in vari paesi europei, negli Stati Uniti, in America Latina, in Asia. Obiettivo del Convegno, cui hanno partecipato i maggiori studiosi del pensiero levinasiano italiani (S. Petrosino, G. Ferretti, G. Lissa, P. F. Ciglia) e stranieri (tra i quali: A. Peperzak, B. Casper, R. Burggraeve, D. Banon, G. Bensussan), è stato quello di chiarire il rapporto in Levinas tra la fenomenologia e la tradizione ebraica, ovvero tra le fonti dell'ebraismo e le fonti filosofiche, tra l'ispirazione ebraica o profetica, rinviante all'immediatezza del rapporto del sé con l'Altro - e la filosofia avente origine nella cultura greca, rinviante alla ragione, riflessione o argomentazione. A questo tema, centrale nel pensiero levinasiano, sono dedicati i ventisei contributi pubblicati nel volume, i quali lo affrontano secondo approcci e punti di vista diversi.
Il libro costituisce una riflessione filosofica sul marrano, quella figura in cui il segreto trova per eccellenza la sua incarnazione.
Non solo si è sempre ritenuto i marrani capaci di condurre, dopo la conversione forzata, un’esistenza segreta e di conservare nel silenzio più assoluto la fedeltà alla religione da cui provenivano, pena la morte per mano dell’Inquisizione, ma anche i marrani costituiscono una presenza che, rompendo l’ordine rigidamente stabilito delle appartenenze, non si lascia tradurre nella lingua dell’identità, religiosa, politica, culturale o di qualsiasi altro tipo.
Qui la loro figura è convocata a parlare dell’aspetto nascosto della vita di ognuno, e cioè a parlare di ciò che di marrano c’è in ciascuno di noi, e dell’inaggirabile lato marrano di ogni singola esistenza, nelle sue implicazioni più controverse.
GLI AUTORI
GIANLUCA SOLLA insegna Filosofia presso l'Università di Verona.
L'opera propone un tema finora assente dalla storiografia: l'agiografia ebraica. Partendo dalla tradizione ebraica, e in primo luogo dai testi biblici, l'autore segue il percorso storico attraverso il quale brevi racconti a carattere esemplare si trasformano con il tempo in autentiche narrazioni agiografiche e infine danno vita a specifiche raccolte pubblicate anche a stampa. Ma - a differenza dei santi della storia cristiana - il saggio (hakham) e il pio (hasid) nella cultura ebraica sono considerati come tali solo dalla propria comunità, a favore della quale agiscono in molteplici modi. Non sono infatti oggetto di un riconoscimento istituzionale; anzi, la loro esperienza si pone spesso in contrasto con le autorità religiose e con i rabbini. Il libro studia questo aspetto della storia delle comunità ebraiche, in particolare quelle ashkenazite dell'Europa centro-orientale nelle quali, a partire dalla prima età moderna, la pietà religiosa si nutrì di narrazioni incentrate su personaggi e figure d'eccezione.
Gli avvertimenti profetici, le storie midrashiche, le interpretazioni di Rashi e i racconti chassidici sono guide illuminanti e senza tempo. Insegnano ad affrontare le sfide contemporanee e i sogni eterni. È un sapere che si tramanda da millenni, dal maestro all'allievo. Elie Wiesel ha raccolto le storie della Bibbia, del Talmud e della tradizione chassidica che più lo hanno ispirato. La matriarca Sara; l'eroico Sansone; il profeta Isaia; il santo Rabbi Yehoshua' ben Levi: Wiesel racconta le loro vicende, e quelle di altri uomini e donne inviati sulla terra per mostrare dove si può nascondere la scintilla del divino. Ma sono anche le vicende di uomini e donne che possono sbagliare, arrabbiarsi, soffrire. Ad affascinare, in queste pagine, è l'incessante ricerca della verità, ma anche l'umanità - e dunque le fragilità - dei loro protagonisti.
Questo volume raccoglie gli Atti del Convegno della Diocesi del Lazio promosso dalla Commissione per l'Ecumenismo e il Dialogo, tenutosi a Fiuggi il 15 marzo 2007.
«Che cosa posso trasmettere di tutto questo a figli, nipoti, amici e allievi?». È una domanda che Amos si pone in questo libro, degno di rientrare a pieno titolo nella letteratura nota come She’elot u-teshuvot («Domande e risposte»), nota anche come letteratura dei responsi. Ma, anche se Amos risponde a domande fattegli dalla intervistatrice, le sue sono in realtà risposte a domande fatte a se stesso, e che emergono dal dialogo che struttura il libro. Non dimentichiamo che l’ebraismo è una condizione umana (non solo religiosa, ma psicologica, culturale, affettiva...) tutta intessuta, fin dalle origini bibliche, di domande e risposte. Per quanto riguarda questo libro le risposte sono provocate da domande quanto mai penetranti e intriganti da parte di Francesca Nodari, la curatrice. Sono proprio le domande che fanno emergere nell’ebreo (sia Adamo, sia Abramo, sia Qohelet, sia Wiesel, sia Amos...) la propria identità, la propria «situazione» davanti a Dio e davanti al mondo. (Dalla Prefazione di Paolo De Benedetti)
Amos Luzzatto, medico e biblista, già presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane e già direttore della «Rassegna mensile di Israele», è autore di numerosi saggi sulla storia dell’ebraismo italiano, sull’identità ebraica e sull’ermeneutica ebraica. Fra le sue numerose pubblicazioni: Il libro di Giobbe (Feltrinelli, Milano 1991); Una lettura ebraica del Cantico dei Cantici (Giuntina, Firenze 1997); Leggere il Midrash. Le interpretazioni ebraiche della Bibbia (Morcelliana, Brescia 1999); Il posto degli ebrei (Einaudi, Torino 2003); Amos Luzzatto. Una vita tra ebraismo, scienza e politica, a cura di M. Giuliani (Morcelliana, Brescia 2003); La leggenda di Concobello (Mursia, Milano 2006).
Francesca Nodari si è laureata in Filosofia presso l’Università di Parma e specializzata in Filosofia e linguaggi della modernità presso l’Ateneo di Trento. Attualmente svolge un dottorato di ricerca presso l’Università di Trieste. Ha pubblicato il volume: Il male radicale tra Kant e Lévinas (Giuntina, Firenze 2008) e curato il libro-intervista a Salvatore Natoli: La mia Filosofia. Forme del mondo e saggezza del vivere (ETS, Pisa 2007). Collabora con alcune testate giornalistiche e riviste.
Servendoci di un paragone attuale si direbbe che questi racconti ebraici, detti midrashim, traducono in immagini i racconti biblici proprio come fanno i registi quando traducono in film il testo scritto.
DESCRIZIONE: L’idea dell’ebraismo come di una religione monolitica, da tempo immemorabile uguale a se stessa e dalla quale si sarebbe separata solo la novità del cristianesimo, cede il passo ad una ricostruzione storica che esalta il grande pluralismo e la grande vivacità intellettuale dei “giudaismi del Secondo Tempio”. Ebrei e cristiani possono oggi finalmente insieme riconoscere le proprie origini. I loro comuni antenati si chiamano sadociti, samaritani, enochici, sapienziali: sono essi i principali protagonisti dello sviluppo del pensiero giudaico “da Ezechiele a Daniele”. La storia dei loro conflitti e del loro competere getta le premesse per la nascita parallela del giudaismo rabbinico e del cristianesimo quali movimenti intellettuali di riforma.
COMMENTO: Una innovativa storia dell'origine del giudaismo, alla luce delle più recenti interpretazioni della Bibbia, inserita nella nuova collana Antico e Nuovo Testamento.
GABRIELE BOCCACCINI insegna dal 1992 presso la University of Michigan, USA. È autore e curatore di numerose opere sul giudaismo del Secondo Tempio e le origini cristiane, tra cui: Il medio giudaismo (Marietti 1992), Oltre l’ipotesi essenica (Morcelliana 2003), e Il messia tra memoria e attesa (Morcelliana 2005). È direttore della rivista «Henoch» e promotore dell’Enoch Seminar.
Sabbatai Sevi nacque a Smirne, in Turchia, nel 1626. Conquistato dal misticismo della Qabbalah, viaggiò per tutto l'Impero ottomano autoproclamandosi con fervore il nuovo messia e annunciando l'imminente inizio dell'era salvifica. In molti lo seguirono, altri lo consideravano un pazzo farneticante. Quando, nel 1651, dichiarò che i giorni di astinenza sarebbero dovuti diventare di festa, che le donne avevano diritto a leggere la Torah e la Qabbalah e gli ebrei potevano pronunciare il sacro nome di Dio, il rabbino di Istanbul lo bandì dalla città. Nel 1666 fu fatto prigioniero dal sultano turco e abbracciò il culto islamico per evitare la condanna a morte. Morì esule in Albania nel 1676, dopo avere convertito alla propria fede visionaria numerosi ebrei in Europa e nell'Africa del Nord. Dopo la sua morte, i suoi seguaci continuarono a sostenere che Sabbatai si era solo reso invisibile agli occhi dei comuni mortali. A Salonicco è tuttora presente e attivo il gruppo giudaico-islamico dei Denmeh, che si ispirano alla sua dottrina sincretica.
Il maschile, il femminile e le relazioni erotiche che ne derivano costituiscono, fin dall'epoca più remota, anche un modo di pensare le coppie di elementi opposti o complementari e i rapporti che intercorrono fra essi. In Occidente, alla tradizione di pensiero che da Empedocle e dal "Simposio" di Platone giunge sino ai testi ermetici si affianca quella ebraica, e più specificamente cabbalistica. Il racconto della creazione androgina del primo essere umano e della sua scissione in Adamo ed Eva e l'interpretazione del "Cantico dei Cantici" sono i fondamenti da cui si sviluppano speculazioni che estendono la sfera del pensiero erotico fino ad abbracciare la dimensione intradivina, creando una molteplicità di coppie sessuate che si rifrangono specularmente a tutti i livelli della realtà. In questo libro Moshe Idel, lo studioso che ha ripreso e sviluppato in nuove direzioni le indagini di Scholem, si addentra in quella che egli definisce la "cultura dell'eros" peculiare dell'ebraismo, dove il rapporto sessuale non solo assolve a un comandamento fondamentale, ma ha una valenza cosmica, poiché esercitando un'azione teurgica sulla sfera superna favorisce di riflesso l'unione di Dio con la sua consorte, la "Shekhinah", ovvero la sua presenza immanente, e fa così discendere sul mondo la benedizione dell'influsso divino. L'eros rappresenta dunque una via d'accesso privilegiata tanto alla conoscenza teosofica quanto all'esperienza mistica.
DESCRIZIONE: Mosè Maimonide scrisse il Trattato sulla resurrezione dei morti nel 1191 per rispondere ad alcuni critici che avevano insinuato una sua non credenza nella resurrezione, tema sul quale Maimonide si era già soffermato nell’Introduzione al x capitolo di Sanhedrin (anch'esso qui tradotto).
Opponendosi all'opinione diffusa nella cultura rabbinica, che identificava la resurrezione con il ritorno del Messia, Maimonide opera, in primo luogo, una netta distinzione tra la vita del mondo a venire, che pertiene esclusivamente alle anime, e la vita del mondo della resurrezione, che riguarda i corpi. In secondo luogo, pone una differenza tra il mondo della resurrezione e l'era messianica, stabilendo che la resurrezione dei morti non è legata necessariamente alla venuta del Messia né ai prodigi che questi opererà. La resurrezione dei morti non dipenderà dal Messia, ma unicamente dalla volontà imperscrutabile di Dio, che in qualunque momento potrà suscitarla o impedire che si manifesti. Per Maimonide la resurrezione non rappresenta la mèta ultima: essa è, invece, il mondo a venire, dimensione spirituale ed eterna in cui confluiranno le anime dei beati, una volta spogliatesi per la seconda volta dei corpi.
Un classico del pensiero che invita ad andare al di là delle opinioni correnti su un principio cardine dell'ebraismo e delle altre religioni monoteistiche.
COMMENTO: Del grande pensatore ebraico medievale (1135-1204), la prima traduzione italiana dei saggi sulla natura e il fine dell'anima, a cura del suo massimo studioso, Giuseppe Laras, già rabbino capo a Milano.