Un romanzo di ombre e luce, tragico e divertente, che esplora in profondità la fragile e ostinata resistenza dei piccoli che non smettono di cercare un mondo migliore. Pietro è stato bocciato in prima media e suo padre decide che, insieme alla sorella Nina, dovrà trascorrere l’estate ad Accentura, un paesino sulle montagne della Basilicata, dai nonni materni. La madre è morta qualche anno prima, lasciandoli orfani, eppure Pietro non si considera tale. Sente infatti che sua madre non è meno presente di prima: ha solo “traslocato” e “gli parla ancora con la sua voce dentro la testa”. Una voce che lo guida con sicurezza. Rispetto alla periferia di Milano in cui vivono, il paese di Nononno e Nononna sembra muoversi con ritmi propri, immutabili, senza che il male possa mai attecchirvi, né niente di nuovo possa accadere. Mimmo lì è il suo amico elettivo, pastore senza regole, selvaggio, analfabeta, compagno di avventure. Un giorno, giocando a calcio con lui e gli altri ragazzini del paese, Pietro perde il pallone dentro la torre che si affaccia sulla piazza. Andando a recuperarlo, scopre all’interno sette stranieri nascosti, sei adulti e un bambino, Josh. La rivelazione scuote la vita del paese: gli stranieri vengono adottati da alcune famiglie, tra cui quella del ricco e prepotente zi’ Rocco, proprietario terriero locale, e inevitabilmente gli equilibri su cui si regge la piccola comunità si alterano. I nuovi arrivati si accontentano di paghe più basse del consueto, cosa che li fa presto odiare dai braccianti della zona, e li induce a provare a propria volta l’odio. Le tensioni esplodono definitivamente quando, durante i fuochi d’artificio della notte di Ferragosto, il casale in cui alcune famiglie, come quella di Pietro, vedono una possibile rivincita contro il monopolio di zi’ Rocco si incendia, seguito dai vigneti, dagli ulivi e dagli alberi di noce. È la fine del sogno di un nuovo futuro. La comunità non aspetta altro per addossare la colpa sugli stranieri, ma
A partire da un dolore comune a tanti – la malattia, la fine di un matrimonio, un bambino da proteggere – e armata di un talento luminoso e di una grazia unica, Ilaria Bernardini inventa un alfabeto botanico-sentimentale con cui compone una formula magica dal potere universale.
"Questo è il romanzo - doloroso, struggente, bellissimo - di una scrittrice matura, capace di raccontare il cambiamento. Un mese, un anno, un amore. Cambiamento che non corrisponde a un istante preciso, ma che prevede un andirivieni incessante tra passato e presente." - Teresa Ciabatti, Corriere della Sera
«Ti spengo la luce» dico a Nico. «Lascia aperta la porta» mi dice lui. «Ho paura.» «Non c'è niente di cui avere paura» lo convinco. «Potrei essere il primo che vive per sempre?» chiede. «Potresti» gli rispondo. E sono certa che potrebbe proprio esserlo.
Tutto ha inizio nel giorno del disastro. Anna sta piangendo la fine del suo amore: lei e il papà di Nico, il loro bambino di quattro anni, hanno deciso di lasciarsi. Quel giorno Anna incontra per caso Maria, un'amica di sua sorella che non conosce bene. Mentre parlano, Maria comincia a stare molto male. Anna le tiene la mano, la guarda crollare, chiama i soccorsi. Solo dopo l'ambulanza, il ricovero, le telefonate, si scopre che Maria ha avuto un aneurisma cerebrale. Trascorre una lunga estate di convalescenza e dolore per entrambe. Come si fa a reimparare a uscire di casa e parlare con le persone dopo aver capito quanto vicina è la fine? Come si fa a dire a un bambino che il papà e la mamma non si amano più? La crisi economica ha intanto reso tutti più poveri, le meduse invadono i mari, si annuncia la fine del mondo e pure le piante sul terrazzo della nuova casa di Anna e Nico sono mezze morte. Attorno alle due donne, solo siccità, incertezza e paura. Finché, insieme, cominciano a occuparsi del terrazzo disastrato e, mentre Maria toglie il secco e il morto, pianta nuovi semi e rinvasa, Anna le prepara da mangiare. Così, stagione dopo stagione, la menta diventa verdissima e forte, il limone e il fico danno i frutti e spuntano i girasole. L'oleandro e il glicine s'infittiscono, arrivano le lucertole, le farfalle, e ogni mattina un merlo comincia a visitare Anna e Nico. Le due donne imparano a prendersi cura delle piante e l'una dell'altra. E proprio come il terrazzo, anche questa storia si fa sempre più rigogliosa, fino a trasformarsi in una foresta, talmente selvaggia da contenere le vicende di tutta l'eccentrica famiglia di Anna e persino quelle della buffa cartomante a cui lei si rivolge in cerca di aiuto. A partire da un dolore comune a tanti – la malattia, la fine di un matrimonio, un bambino da proteggere – e armata di un talento luminoso e di una grazia unica, Ilaria Bernardini inventa un alfabeto botanico-sentimentale con cui compone una formula magica dal potere universale. Con Faremo Foresta inauguriamo un movimento gentile, fatto di cura e mani nella terra, di attenzione e di presenza. Questo libro è molto più di una storia, è un inno alla vita, una dolce rivoluzione del pensiero, un mantra per sopravvivere alla siccità e fiorire nel deserto. Per, poi, fare foresta.
Selezionate da Giovanni Giudici, le poesie di Saba qui proposte offrono l'immagine di un io poetico costantemente diviso tra situazioni temporali e conoscitive opposte ma coesistenti: il presente realistico, con i suoi elementi quotidiani, e il passato immaginato o reinventato in chiave letteraria, mitica o psicologica. È, quella di Saba, una poesia cosciente di sé, che – come afferma Giudici– «fa propri non solo i modi convenzionali dello scrivere versi, ma anche le occasioni e gli argomenti più fondamentalmente convenzionali che ci riportano ai grandi temi di nascita, amore e morte». Una poesia di classica limpidezza, "onesta", per usare la terminologia sabiana, nella quale vedere non tanto la spontanea trasposizione di dettagli biografici, quanto la realizzazione di uno dei valori poetici essenziali: la capacità di elevare a mito la realtà grazie ai filtri e alle risorse della letteratura.
Perché Adele decide di ritirarsi in una villa isolata sul mare? Da cosa fugge? Cosa l'ha ferita? Aveva tutto ciò che si può desiderare: un lavoro, un'amica speciale, una sorella adorata anche se tanto diversa da lei, Nina, e soprattutto un grande amore, Thomas, il ragazzo "con un viso da apostolo". Una fatalità sembra unire i personaggi, legati dal «Libro tibetano dei morti» come da un lungo filo rosso che attraversa le loro vite. Sin dall'infanzia, Adele è governata da un costante senso di insicurezza, mentre Nina è sfrontata e incosciente; una è mossa da un insopprimibile bisogno di consenso, l'altra si è sempre presa ciò che la vita ha potuto offrirle, anche a costo di compromettere gli equilibri. Adele e Nina, unite da uno sconfinato amore reciproco. Ma il destino distribuisce privilegi e infligge punizioni senza alcun criterio. Una serie di scoperte che colpiscono al cuore i personaggi del romanzo condurrà a una verità sconvolgente. Francesca d'Aloja s'interroga su quanto sia ingannevole la conoscenza delle persone, e mette in scena un affresco sui rapporti d'amore, di amicizia e di sangue. Nulla esiste al mondo di più simile e nulla di più distante di due sorelle; nessun segreto dovrebbe sussistere tra due vere amiche. È giusto perdonare o il perdono non è che una scorciatoia, un tappeto sotto cui nascondere la polvere? Adele sembra aver rinunciato a comprendere l'enigma della vita: fino a quando, nel silenzio della pineta dove si è rifugiata, farà irruzione una presenza misteriosa e tutto ciò che pareva inanimato tornerà a respirare, e a vivere.
Oriana ha attraversato le guerre del Novecento, o per lo meno quelle più feroci, senza mai tirarsi indietro, a costo di rimetterci la vita, sempre. In questo libro sono stati raccolti alcuni brani indimenticabili delle sue battaglie (comprese quelle sentimentali) insieme a testi finora mai pubblicati in volume.
Anna ha scelto di vivere in punta di piedi. Di cercare un porto sicuro nel silenzio. Un silenzio che le ha promesso di tenere lontano i rumori del mondo. Ora questa promessa è stata infranta: suo figlio Luca non c'è più, sparito nel nulla proprio sotto casa. All'improvviso ha scoperto che il dolore è il rumore più forte di tutti. Si sente smarrita e disorientata e non sa più cosa fare. Sa solo che ha bisogno di sapere cosa è davvero successo quella terribile mattina del 27 dicembre. Con il coraggio che solo una madre può dimostrare, suona i campanelli di tutti i vicini nella speranza che qualcuno si ricordi anche un piccolo dettaglio per arrivare alla verità. Ma c'è una porta a cui continua a bussare con insistenza: è quella del solitario Giona. Anna è convinta sappia qualcosa della scomparsa di Luca e stia facendo di tutto per nasconderlo. Eppure, nonostante i suoi sospetti, quando comincia a frequentarlo, a condividere con lui ricordi e preoccupazioni, si stupisce di trovare conforto tra le sue braccia. A poco a poco, il loro rapporto si trasforma in un legame profondo. Ma ben presto entrambi si troveranno a fare i conti con un passato impossibile da dimenticare e si chiederanno se saranno pronti ad affrontare insieme una fitta rete di menzogne e uscirne conservando il loro amore immutato.
Nel momento stesso in cui sente una piccola vita fiorire dentro di sé, una donna diventa madre. E per tutte quel momento è lo stesso. Ma per un padre non è così.
Va bene, avremmo avuto un bambino: sarebbe stato piccolo, di dimensioni comunque contenute almeno per qualche tempo, ogni suo tratto sarebbe stato equamente diviso tra noi due, con alcune doverose concessioni ai parenti tipo il naso tutto di zia, le orecchie di nonna sua, per poi passare ad upgrade successivi in cui il pargolo sarebbe cresciuto in totale armonia e tranquillità. Qualcosa continuava a sfuggirmi. Avrebbe influito col calcetto del giovedì?
Potrebbe essere nella sala d'attesa di un ospedale, potrebbe essere la prima volta che tocca quel piedino paffuto. Potrebbe essere dopo un minuto, ma anche dopo un mese. Per ogni uomo la prima volta che comincia a sentirsi padre è diversa. E questo non è che l'inizio di un'avventura tutta da vivere (e a cui sopravvivere). Il primo giorno di scuola, la prima delusione, il primo amore, il primo discorso sul sesso (no, davvero, quello no), la prima scelta importante... Ogni giorno una sfida diversa che Paolo Longarini affronta tra una treccina sfatta, un ginocchio sbucciato e gli occhioni delle sue figlie Chiara e Irene che lo guardano con un misto di amore totale e compassione. Ed è in ognuno di questi momenti che un padre si trasforma, cresce, inciampa, si rialza. Da semplice uomo diventa padre. E credete, è molto, molto meglio.
A quarant’anni dal sequestro e dall’omicidio di Aldo Moro, un libro-inchiesta ricostruisce per la prima volta in modo unitario il ruolo svolto dalla criminalità organizzata durante i cinquantacinque giorni del rapimento.
Una presenza da sempre accennata ma mai chiarita, nascosta tra carte giudiziarie e cronache sommerse dal tempo, dall’incuria e dall’omissione. La ’ndrangheta calabrese, all’ombra del clamore di Cosa nostra, ha infatti scalato i gradi del potere criminale trovandosi a giocare nell’affaire Moro su più tavoli: con le istituzioni, i partiti e i terroristi. Una criminalità servente, al servizio cioè di altre strutture di potere il cui destino sembra legato a doppio filo a quello della stessa malavita organizzata. Con un’inchiesta scottante e molto documentata, Simona Zecchi fa emergere fatti inediti e informazioni poco note, che consegnano un nuovo approccio all’analisi del Caso Moro. Il quadro che si delinea – partendo da via Fani, attraverso la trattativa e fino all’epilogo di via Caetani – ribalta la versione ufficiale che una parte delle BR, con la connivenza della stessa Democrazia cristiana, ha consegnato alla magistratura e alla verità storica fino ad oggi.
Un romanzo sulla storia della fisica e sulle vite straordinarie dei suoi protagonisti
"Realtà e finzione si intrecciano tra i battibecchi degli scienziati che cambiarono il mondo" - La Lettura, Corriere della Sera
"Uno stile del tutto nuovo e più profondo di raccontare la scienza" - GQ
"Leggermente romanzato, però attendibile, perché frutto di molte ricerche e basato su documentazioni" - Il Giornale
Hotel Copenaghen. Così veniva affettuosamente chiamata la casa di Niels Bohr. La porta di Niels e di sua moglie Margrethe era sempre aperta per accogliere allo stesso modo premi Nobel e giovani studenti, che lì trovarono il luogo prediletto per le discussioni e i confronti che condussero alla nascita della fisica quantistica. È proprio la voce di Margrethe a narrare la vita straordinaria di Bohr e i retroscena delle scoperte scientifiche che hanno cambiato le sorti del mondo. In un arco di tempo che copre un’intera esistenza, il suo racconto porta alla luce il lato umano di quelle menti geniali: come bussava alla porta Paul Dirac? E come sedeva sul divano Lise Meitner? Qual era il piatto preferito di Wolfgang Pauli? Oltre agli aneddoti e alle curiosità, però, scopriamo anche il difficile rapporto tra Bohr ed Einstein, fatto di forti contrasti ma anche stimolo fondamentale al ragionamento. E, soprattutto, entriamo in contatto con una delle figure più controverse nella storia di Niels Bohr e del Novecento in generale: Werner Heisenberg, ambizioso, brillante, adorato allievo che presto diventerà la fonte di tanti dubbi e dolori. Nel 1941, durante l'occupazione nazista della Danimarca, Heisenberg torna all’Hotel Copenaghen, ha bisogno di parlare con Bohr. Ma l’argomento ha ben poco a che fare con il progresso della scienza: i tedeschi gli hanno chiesto di costruire la bomba atomica. Niels e Margrethe lo congedano con freddezza, ma il dubbio di non avere compreso le sue intenzioni si farà strada negli anni e condurrà a conclusioni sorprendenti. Come già nell’Incredibile cena dei fisici quantistici, Gabriella Greison racconta la nascita della fisica quantistica in modo coinvolgente e ricchissimo di dettagli, accompagnando il lettore nella vita quotidiana dei personaggi descritti, tanto da dare l'impressione di averli conosciuti di persona.
È il 1437 quando per la prima volta Isotta degli Atti posa lo sguardo su Sigismondo Pandolfo Malatesta. Lui, ventenne, è il turbolento e ambizioso signore di Rimini e di Fano, lei, una bambina di soli cinque anni, figlia di un piccolo nobile della zona. Isotta cresce nel mito di Sigismondo e grazie alla carica del padre, consigliere economico del signore di Rimini, ha la possibilità di rivederlo. Dopo sette anni dal primo incontro comincia a nascere in loro un sentimento fortissimo. Ma Sigismondo è sposato con Polissena Sforza, e Isotta è stata cresciuta per essere moglie e non amante. Questo il conflitto che renderà tortuoso il percorso di due anime complementari, lei nella perenne ricerca di conferme, lui disposto a dimostrarle i propri sentimenti attraverso l'arte, la parola e l'idea. Quando, dopo la morte di Polissena Sforza, la ragion di Stato sembra volere una nuova nobile moglie accanto a Sigismondo, anche le ultime certezze dei due innamorati paiono vacillare. Inoltre, la vita e lo stesso ruolo del signore di Rimini sono ostacolati da intrighi, avidità, inganni, legami di sangue e di morte, a cui si aggiunge l'odio dei suoi due più acerrimi e potenti nemici: Federico da Montefeltro e papa Pio II, che usa lo splendore umanista del Tempio Malatestiano per condannare il signore di Rimini. Sarà proprio nel momento più difficile della vita di Sigismondo - abbandonato anche dai più fedeli alleati - che l'amore incondizionato e gratuito di Isotta si rivelerà salvifico e porterà a cambiare il destino delle loro vite.
Esiste una generazione di calabresi cresciuta fra cunti, miracoli di santi e dèi. A quei tempi il furto era vergogna, il sopruso arroganza, e nelle rughe di Africo insegnavano a non frequentare i peggiori. La mafia, che c’era stata, che c’era, vedeva restringersi rancorosa il proprio spazio.
A quei tempi cresce Nicola, e con lui gli amici Filippo e Antonio, compagni di avventure. Ragazzini che vanno a scuola – o meglio, che la marinano – e, all’insaputa delle famiglie, si avvicinano alla piccola criminalità. Ma l’arrivo improvviso di Papula, un ragazzo più grande che lavora in Germania e torna in paese parlando di rivoluzione, solleva un vento nuovo per tutto l’Aspromonte e fa sognare gli uomini, le donne e i ragazzini. E allora prende a pulsare la protesta operaia e si diffonde il cooperativismo contadino. È il Sessantotto aspromontano – in pochi lo conoscono, ma c’è stato. Fa nascere la speranza di fondare un mondo nuovo, di ottenere diritti: i poveri scoprono di avere bocca e idee; le donne trovano il coraggio di scioperare contro gli gnuri e si legano le une alle altre, di paese in paese, in una sorta di sorellanza del sudore; i figli si rivoltano contro i padri, i fratelli contro i fratelli. E poi tutti, insieme, contro i compari.
Lo Stato, invece, si mette dalla parte del potere locale, dei malandrini, di coloro che per mantenere i propri privilegi sono pronti ad azzannare alla gola i migliori.
È così che nell’Aspromonte arriva la maligredi, ossia la brama del lupo quando entra in un recinto e, invece di mangiare la pecora che gli basterebbe per sfamarsi, le scanna tutte. E quando arriva, racconta Criaco, la maligredi “è peggio del terremoto, e le case che atterra non c’è mastro buono a ricostruirle”.
Quando arriva, la maligredi spacca i paesi, le famiglie, fa dei fratelli tanti Caini e avvelena il sangue fino alla settima generazione.