Dopo le prime prove di ispirazione civile, la crisi del 1819 ("dal bello al vero") segnò una svolta nella produzione leopardiana; alla stesura delle successive canzoni si associò la composizione dei cosiddetti "piccoli idilli", le une e gli altri supportati da un pensiero sempre più lucido sul valore della scrittura letteraria e, in generale, dell'esistenza. Infine, a partire dall'aprile del 1828, Leopardi trovò un'originale misura lirica, che fu capace di rivestire di bellezza una tematica arida e desolata e che culminò negli accenti eroici e polemici del periodo napoletano. Sedimentazione attiva di questa straordinaria vicenda poetica e umana furono i "Canti", caposaldo imprescindibile della nostra tradizione letteraria e testo fondante della nuova sensibilità romantica. Essi furono pubblicati in primis nel 1831, quindi nel 1835 e, postumi, nel 1845, subendo da una redazione all'altra significative modifiche e aggiunte e definendo così il senso di un'opera aperta, di un capolavoro d'introspezione psicologica e di riflessione esistenziale.
Il testo Tutto il bello che c’è narra in prima persona del tremendo terremoto che ha duramente colpito la città di Amatrice il 24 agosto 2016, con gli occhi dell’autore che perde sotto le macerie gli affetti più cari: la mamma, il padre, la sorella e il suo grande amore, Anna.
Il testo procede su due binari paralleli; uno dove l’autore racconta quello che vede, farcendo tutto di strazianti dettagli. Dall’altra l’oggettiva considerazione e relativa presa di coscienza dei fatti accaduti, accompagnata da profonde ri essioni.
Oltre alla struggente storia d’amore, che l’autore espone con disarmante sincerità, e alla cruda cronaca dell’evento sismico, il testo si propone di fornire risorse ed esperienze, affiancando alla storia in sé riflessioni di crescita personale, celebrando con semplicità espositiva libertà e amore.
Federico, il protagonista di questa storia ambientata in una Roma elegante e decadente, è uno sceneggiatore di esperienza con molti film di successo alle spalle. Frequenta i salotti nobili della capitale, ma anche le redazioni dei giornali, le trattorie storiche del centro e l'entourage intellettuale e cinematografico. Un giorno uno dei più apprezzati broker della finanza romana gli chiede di incontrare un giovane attore, Domenico Greco, per aiutarlo a entrare nel mondo del cinema e Federico, per cortesia, invita a casa sua quello che a prima vista è un belloccio senza arte né parte.
Poche ore dopo, però, il ragazzo viene ucciso con un colpo di pistola. E il protagonista, essendo uno degli ultimi ad averlo visto, si ritrova coinvolto nelle indagini. A dipanare l'intricata trama di segreti, relazioni clandestine, innamoramenti mai confessati, tradimenti, lavorano parallelamente Margiotta, un sagace commissario, Maselli, un giornalista di cronaca nera assetato di scoop, e lo stesso Federico, che si ritrova talmente invischiato nella vicenda sentimentale legata all'omicidio da mettere a rischio il proprio matrimonio. E muovendosi tra nobili decaduti, fisioterapiste brasiliane e mostri sacri del cinema italiano, la sfida del protagonista sarà proprio quella di dimostrare la sua innocenza. Di rivelazione in rivelazione, la verità verrà a galla gradualmente, tenendo altissima la tensione e spiazzando anche il lettore più navigato.
Servendosi di una lingua raffinata, di un ritmo avvolgente e del suo sguardo ora caustico ora malinconico, Enrico Vanzina manovra con maestria personaggi veri e immaginari sullo "scintillante palcoscenico dell'eternità romana". Il risultato è un romanzo impeccabile, che è insieme un giallo appassionante, una riflessione sul Tempo e un affresco eccezionalmente autentico di Roma e della società italiana.
L'omicidio di un luminare della medicina in epoca fascista. Un inconfessabile segreto ispirato a una storia vera. Un processo farsa che cela la verità. Cosa è successo al Quirinale nel 1949?
Filippo Iannarone ci racconta i difficili anni Trenta e i primi passi della Repubblica italiana, in un affresco vivido e appassionante da cui emerge la voglia di libertà di alcune straordinarie figure del nostro passato recente.
L'ombra di un incredibile sospetto su Arturo Toscanini. Piazze, provincia di Siena, 1935. È notte quando la quiete immobile della cittadina toscana viene squarciata da un grido. Di fronte alla folla riversatasi in pochi istanti tra le vie, il corpo inerme di un uomo ucciso da una serie di violente percosse: si tratta di Alberto Rinaldi, solo all'apparenza un comune medico di provincia. In realtà, un luminare della medicina del tempo. Grazie alle sue cure miracolose, infatti, tra i suoi pazienti si annoverano personalità di spicco in Italia e in Europa, fino in America. Malgrado l'attenzione dei giornali e della famiglia della vittima, però, le indagini e il processo si rivelano una farsa, nulla viene chiarito dalla giustizia e tutto scivola nell'oblio. Quattordici anni dopo, nel 1949, il presidente della repubblica Luigi Einaudi vuole conferire la nomina di senatore a vita al grande compositore e direttore d'orchestra Arturo Toscanini. Sul passato del maestro, però, c'è un'unica ombra: il suo nome compare tra i documenti dell'indagine per l'omicidio di Rinaldi, e in quella delicata fase storica di transizione repubblicana è necessario che nessun personaggio pubblico abbia scheletri nell'armadio. Ma perché la morte di Rinaldi ha a che fare con Arturo Toscanini? Che cosa legava lo scienziato e il maestro? E perché una nuova indagine potrebbe far emergere un coinvolgimento di Toscanini in quella morte spaventosa? Il colonnello Luigi Mari, figura eroica dell'antifascismo liberale, affiancato dal giovane tenente Barbetti, viene incaricato di far luce su un mistero che dura ormai da troppo tempo. Tra depistaggi, colpi di scena e congetture fruttuose, Mari cercherà di scoprire una verità che in molti hanno voluto celare. Filippo Iannarone ci racconta i difficili anni Trenta e i primi passi della Repubblica italiana, in un affresco vivido e appassionante da cui emerge la voglia di libertà di alcune straordinarie figure del nostro passato recente.
Fare l'appello delle persone che abbiamo incontrato nella nostra vita, capire in quale senso sono state importanti e perché hanno lasciato un marchio indelebile: l'insegnante protagonista di questo romanzo compie un gesto consapevolmente rischioso che tuttavia lui sente necessario, quasi ineludibile. Ad accompagnarlo nell'impresa, con l'ingenua volontà di proteggerlo, per fortuna c'è Ottavio, suo ex alunno ripetente che si esprime soltanto in romanesco.
Rispondono ventisei nomi, quante sono le lettere dell'alfabeto: individui provenienti da ogni parte del mondo, giovani profughi, antichi amici dispersi, nonni paterni e materni, adolescenti pieni di speranza, a volte sventurati. Alcuni, sopravvissuti a guerre e carestie, vivono fra noi; altri, che lasciano intravedere, insieme a un passato lancinante, vicende legate alla storia della Resistenza italiana, parlano da un oltre. Gli interlocutori, convocati al Colle Oppio di Roma, registrano la loro presenza in una scuola di lingua per immigrati, chiamata Penny Wirton, dove frattanto continua a scorrere tumultuoso il fiume d'umanità dolente che tutti ben riconosciamo. Ognuno racconta l'avventura in cui è impegnato. Ne scaturisce un'originalissima riflessione corale sull'epoca che stiamo attraversando, scrutinata nel filtro di un'esperienza intima e personale.
Eraldo Affinati, con questa sorprendente Spoon River, imbastisce un processo autobiografico e collettivo sui temi che sin dall'inizio hanno contraddistinto, come un filo rosso, la sua opera inconfondibile: libertà, responsabilità, educazione, giustizia, valori etici, religiosi e politici. Ma stavolta, scoprendo le ragioni profonde della propria vocazione pedagogica e letteraria, non può evitare di subire il controfagotto, comico e caustico insieme, del suo allievo preferito: il solo, forse, in grado di consegnargli alla fine la vera risposta che lui desiderava.
Ritrovarsi alle prese con un adolescente taciturno e spigoloso che è quasi uno sconosciuto, inventarsi madre quando quell'idea era già stata abbandonata da tempo. È ciò che succede a Caterina, la protagonista di Bella mia, quando Olivia, la sorella gemella che sembrava predestinata alla fortuna, rimane vittima del terremoto dell'Aquila, nella lunga notte del 6 aprile 2009, lasciando il figlio Marco semiorfano. Il padre musicista vive a Roma e non sa come occuparsene, perciò tocca a Caterina e alla madre anziana prendersi cura del ragazzo, mentre ciascuno di loro cerca di dare forma a un lutto che li schiaccia. Ma è in questo adattamento reciproco, nella nostalgia dei ricordi, nella scoperta di piccole felicità estinte, nei gesti gentili di un uomo speciale che può nascondersi la forza di accettare che il destino, ancora una volta, ci sorprenda. Bella mia è un romanzo di grande intensità che parla con un linguaggio scarno ed essenziale dell'amore e di ciò che proviamo nel perderlo. Ma soprattutto della speranza e della rinascita: la rinascita di una città squassata dal sisma e la rinascita ancora piú faticosa della fiducia nella vita.
"Non nascerà mortale più bello di lei" così profetizza Zeus, mutatosi nel cigno che feconda Leda; e così, con la nascita di Elena la Splendente, inizia questo romanzo che racchiude in sé tutto il cosiddetto "Ciclo Troiano". Storie che arrivano da lontano, da teogonie e miti antichissimi, che cantano il destino comune di dei e uomini per narrare una parabola funesta e accecante: il passaggio dall'età dell'oro a quella del ferro, la fine del tempo degli eroi. Storie che si intrecciano proprio in virtù della bellezza di Elena, la più desiderata, la più contesa e imprendibile. Ma Cesare Sinatti non si limita a riattualizzare i miti, allontana gli dei dal mondo degli uomini e attenua il loro controllo sui destini individuali, intrecciando con sapienza i modi dell'epica a quelli della tragedia (quella antica e quella moderna, da Euripide a Shakespeare), portando prepotentemente in scena l'umanità dei sentimenti e delle passioni dei protagonisti. Tolti alla fissità del mito, Odisseo, Agamennone, Menelao, Achille e Patroclo, ma anche Epipola, Clitemnestra, Penelope, Palamede e molti altri ancora, emergono da queste pagine con estremo nitore, nutriti della sensibilità di un loro coetaneo di oggi. Nei ventiquattro capitoli che compongono il romanzo - tanti quanti i libri dell'Iliade e dell'Odissea - Sinatti tesse le loro storie, passando dai toni lirici degli amori alla feroce vividezza delle battaglie cruente.
La fine della Seconda guerra mondiale è nell'aria, ma nella campagna piemontese il vecchio Benito Sereno spera che duri ancora quel tanto che gli serve per intascare una lauta ricompensa, consegnando al regime fascista tre "articoli" interessanti: Michele, un partigiano, suo fratello minore Dino, colpevole solo di avere fattezze giudaiche, e la ribelle Teresa, la madre che li protegge con le unghie e con i denti. Michele sarà deportato a Chemnitz e Dino a Kònigsbrùck. Nel suo viaggio il ragazzo verrà accompagnato da uno strano personaggio, un nano "di eccezionale altezza" che gli farà da guida. All'Offizierskasino del lager vivrà una prigionia "dorata" che rafforzerà in lui l'attitudine a distogliere lo sguardo dall'orrore che lo circonda. Nella palazzina del Circolo stringerà amicizie, imparerà a cucinare e intreccerà una delicata storia d'amore con una Helferin tedesca. Ma la guerra incombe: arrivano i bombardamenti, l'avanzata sovietica e quella degli americani, il crollo della Germania nazista. Dino ritrova Michele, segnato dalla prigionia, e vagando per la Germania distrutta è finalmente obbligato a vedere tutto quello che gli era stato risparmiato: le fosse dei cadaveri a cielo aperto, le vittime delle deportazioni, la disumanità, la distruzione.
«La verità che ricordavo è che il diavolo, visto da vicino, non sembra poi così brutto. Si confonde tra persone che ti somigliano, si nasconde nei piccoli gesti di ogni giorno. Alzarsi, lavorare. Mangiare, bere, lavarsi, dormire, volersi bene. Cose così. E ti lascia credere che anche quella sia una vita possibile.»
"'Fuoco di paglia è amore di poeta, / perciò è vorace, ed è così fugace'. Questo dice Attila József: l'amore dei poeti è come l'amore degli adolescenti, che vogliono essere quello che non sono, che vogliono che gli altri siano quello che non sono, che vogliono dare l'amore a chi non lo vuole, che perdono l'amore appena lo possiedono, che se ne stancano appena lo conquistano, che pensano di poter davvero possedere una persona, davvero conoscerla interamente e definitivamente": così scrive Patrizia Valduga, una delle poetesse più note per i suoi versi d'amore, introducendo questa originale antologia sui poeti innamorati, da Guittone d'Arezzo fino a Giovanni Raboni.
1 agosto 1936, cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Berlino. Una ragazzina omaggia Adolf Hitler con un mazzo di fiordalisi e viene immortalata dalle telecamere come emblema della gioventù ariana. A questo episodio storico è ispirata la storia narrata in questo romanzo, in cui la piccola si chiama Ester, è estremamente dotata in ginnastica artistica ed è una "mischling", ossia figlia di madre tedesca e padre ebreo. Uno scandalo, se si venisse a sapere. Un pericolo per lei e per la sua adorata insegnante di ginnastica, la giovane e idealista Linzie. Con lo sbriciolarsi della vita quotidiana degli ebrei tedeschi, i genitori di Ester si lasciano e si perdono. La ragazzina viene affidata a Linzie perché possa essere portata in salvo con un'identità falsa, grazie al suo talento di ginnasta. Nelle settimane successive, la grande Storia scorre sotto i loro occhi, intrecciata a una vita fatta di finzione, ma anche di affetti, amore, talento e legami indissolubili. Età di lettura: da 11 anni.
Celeste è la ragazza più bella del Ghetto di Roma ma quasi nessuno la chiama con il suo nome vero: lei è Stella, per gli innumerevoli ammiratori, o la Pantera Nera, negli anni oscuri dell'occupazione tedesca, per i parenti e gli amici dei tanti correligionari da lei consegnati ai fascisti condannandoli alle Fosse Ardeatine o ad Auschwitz.
Nessuno ha mai saputo perché lo facesse. Per soldi? Per amore di un ausiliario delle SS? O per vendicarsi della propria comunità che l'aveva respinta ai margini per il suo comportamento disinibito?
A queste domande non hanno saputo rispodere le cronache, che si occuparono a lungo di lei nel dopoguerra, quando trascorse anni in carcere prima di sparire nel nulla con un altro nome.
Partendo dallo studio di carte processuali, archivi, giornali d'epoca e da interviste di molti testimoni di quei tragici eventi, Pederiali costruì un romanzo corale struggente, vivido specchio di uno dei momenti più laceranti della nostra storia, che merita ancora oggi di essere ripubblicato e valorizzato.
Prendere la decisione, perché altre non ce ne sono: sabotare il treno, impedirne in qualsiasi modo la ripartita, poiché non esiste un loro, un suo, un mio: soltanto un nostro.
Il casellante Giovanni Tini è tra i vincitori del concorso da capostazione, dopo essersi finalmente iscritto al pnf. Un'adesione tardiva, provocata più dal desiderio di migliorare lo stipendio che di condividere ideali. Ma l'avanzamento ottenuto ha il sapore della beffa, come l'uomo comprende nell'istante in cui giunge alla stazione di Fornello, nel giugno 1935, insieme alla moglie incinta e a un cane d'incerta razza; perché attorno ai binari e all'edificio che sarà biglietteria e casa non c'è nulla. Mulattiere, montagne, torrenti, castagneti e rari edifici di arenaria sperduti in quella valle appenninica: questo è ciò che il destino ha in serbo per lui. Tre mesi più tardi, in quella stessa stazione, nasce Romeo, l'unico figlio di Giovanni e Lucia, e quel luogo che ai coniugi Tini pareva così sperduto e solitario si riempie di vita. Romeo cresce così, gli orari scanditi dai radi passaggi dei convogli, i ritmi immutabili delle stagioni, i giochi con il cane Pipito, l'antica lentezza di un paese che il mondo e le nuove leggi che lo governano sembrano aver dimenticato. Una sera del dicembre 1943, però, tutto cambia, e la vita che Giovanni, Lucia e Romeo hanno conosciuto e amato viene spazzata via. Quando un convoglio diverso dagli altri cancella l'isolamento. Trasporta uomini, donne, bambini, ed è diretto in Germania. Per Giovanni è lo scontro con le scelte che ha fatto, forse con troppa leggerezza, le cui conseguenze non ha mai voluto guardare da vicino. Per Romeo è l'incontro con una realtà di cui non è in grado di concepire l'esistenza. Per entrambi, quell'unico treno tra i molti che hanno visto passare segnerà un punto di non ritorno.