Si può dire che Giovanni Battista Montini sia cresciuto con i santi; in seguito, durante il pontificato, ha proclamato 61 beati e 83 santi. Ricorda monsignor Pasquale Macchi: «I testi delle omelie per le beatificazioni o canonizzazioni dei cristiani da lui proclamati degni della gloria degli altari, sono tutti di alta qualità e ciascuno esprime qualche cosa anche della sua spiritualità». Sorprende oggi leggere alcune pagine dell'arcivescovo Montini e di Paolo VI e ritrovare in esse spunti di grande attualità e di stimolo a quel cammino di santità popolare sollecitatoda papa Francesco nell'esortazione Gaudete et Exsultate. Così, ad esempio, l'omelia dell'arcivescovo Montini per la festa di Tutti i Santi del 1957 sintetizza efficacemente il concetto di santità "possibile" mentre il testo del 1959 sul santo Curato d'Ars sviluppa in maniera molto attuale il tema della santità sacerdotale, richiamando il dovere dei preti di seguire «il programma di Cristo» e non fare del proprio ministero una «fonte di speculazione» o di arricchimento personale. Molto belle, poi, le parole di Paolo VI sulla santità dei giovani e degli operai, in relazione alla figura di Nunzio Sulprizio, che con don Vincenzo Romano e Maria Caterina Kasper ha il singolare destino di essere stato prima beatificato da papa Montini e poi canonizzato da papa Francesco insieme allo stesso Paolo VI il 14 ottobre 2018.
Il ministro di Gran Bretagna presso la Santa Sede nel 1939 scrive che il Sostituto della Segreteria di Stato Montini "non mostra inclinazione a subire gli entusiasmi fascisti". Su cosa si basa questo giudizio? Si tratta di un disimpegno spirituale "a-fascista" o Montini può definirsi veramente antifascista? Questo libro dimostra con i documenti che si può parlare di un antifascismo "montiniano". Una modalità che unisce la forza della fede al senso dei valori civili e umani, e si traduce nell'impegno perché gli universitari cattolici, dei quali Montini è assistente ecclesiastico, non si rassegnino a questa stagione del loro "infelice paese". Montini non è un politico, resta sempre e fermamente un sacerdote che si vuole occupare delle anime (anche di quelle dei fascisti). È motivato da una tenace speranza cristiana e convinto, sia pure di fronte alle "ingiurie, gli urti e quindi le percosse" delle squadracce contro i suoi giovani, che l'aiuto di Dio "si gioca degli uomini e degli avvenimenti per insegnare agli uomini cose migliori". E, alla fine, per quanto "attraverso ceppi e ostacoli, dietro timidezze e incertezze, rinunce e divieti, perdite e abbandoni", questi giovani montiniani crescono, le loro idee e i loro ideali si rafforzano e infine vincono. Il fascismo esibisce la volontà di "creare lo spavento", rivelando in realtà solo "il coraggio di mostrarsi pauroso": e Montini, quasi vent'anni prima che avvenga, ne prevede la disfatta.