Di Luca Ronconi (1933-2015), uno dei grandi intellettuali del secondo Novecento, è nota la proverbiale riservatezza. Qui, a differenza dei molti libri su di lui, è Ronconi stesso a parlare di sé. Ascoltiamo dunque sulla pagina la voce del regista, che - raggiunti i sessant'anni - ripercorre la propria esistenza, non inseguendo gli aneddoti o i capricci della memoria, ma cercando di arrivare alla scoperta del senso della vita. Si vedono così scorrere l'infanzia, negli anni della guerra, in un collegio svizzero, la Roma dell'apprendistato all'Accademia d'arte drammatica (che è anche quella della "Dolce vita"), il passaggio da attore a regista, il trionfo europeo dell'"Orlando furioso", la direzione del Settore Teatro della Biennale di Venezia, tra Grotowski e Wilson, l'esperienza politica e culturale del Laboratorio di Prato, nella Toscana "rossa", l'approdo alla direzione di un teatro stabile, con il senso di responsabilità che questo comporta e la volontà di istituire una scuola per attori. Tutto è raccontato in maniera piana e accompagnato da un corredo fotografico - sia nel testo, un centinaio di foto per buona parte inedite, sia in un inserto a colori - e da note di servizio, messe a punto da Giovanni Agosti, che sciolgono le allusioni, identificano i personaggi, mettono a tema le linee di fuga e costituiscono un viatico per comprendere chi, più di ogni altro regista, è andato alla ricerca delle proprie ragioni espressive. Il manoscritto, raccolto da Maria Grazia Gregori, è stato ritrovato nell'archivio di Ronconi, ereditato da Roberta Carlotto e oggi depositato presso l'Archivio di Stato di Perugia.
A cinquant'anni dalla comparsa della prima edizione, ritorna "Il gran teatro montano" di Giovanni Testori. È ancora oggi la migliore introduzione per chi voglia accostarsi a un luogo unico del nostro paese: il Sacro Monte di Varallo, che - proprio a partire da questo libro - è diventato persino per le pro loco o le agenzie di viaggi il "gran teatro montano". Le parole di Testori si sono impresse in maniera indelebile sulle cappelle, sugli affreschi, sulle statue e, verrebbe da dire, persino sui boschi e sui torrenti della verdissima Valsesia, oggi amministrativamente piemontese ma per secoli - fino al 1707 parte dello Stato di Milano. Il volume Feltrinelli del 1965, dal memorabile apparato illustrativo qui riproposto, è costituito da cinque saggi che testimoniano la passione dell'autore per il massimo responsabile del Sacro Monte: Gaudenzio Ferrari, un artista originario di Valduggia, in Valsesia, attivo appunto a Varallo, ma anche a Vercelli, a Novara e a Milano, dove muore al principio del 1546. Adesso il libro originario è stato arricchito da una serie di interventi di Testori su Gaudenzio, che dimostrano la lunga fedeltà a un autore particolarmente amato, e da due saggi e da due inserti fotografici di Giovanni Agosti, che definiscono le coordinate storiche che hanno visto nascere il volume e ne inquadrano il peso e il ruolo negli studi gaudenziani.
Tra la fine del Quattrocento e i primissimi anni del Cinquecento un ignoto amico di Leonardo da Vinci stampa le "Antiquarie prospettiche romane", resoconto in versi delle antichità che si conservano a Roma attorno al 1496. Il testo fotografa una serie di opere riportate alla luce dal fervore delle ricerche archeologiche degli umanisti e collocate nei palazzi delle grandi famiglie patrizie. Per molti reperti oggi perduti si tratta di una testimonianza unica, per altri pezzi è una formidabile cartina di tornasole per verificare le modifiche apportate nel corso dei secoli. Insieme al valore documentario artistico, l'opera ha una rilevanza letteraria per il singolare impasto linguistico, dal sapore fortemente dantesco.