In questo volume si propongono per la prima volta i testi di due conferenze inedite di Giovanni Testori, tenute presso la Fondazione Ambrosianeum di Milano, sul tema del rapporto tra i giovani e la fede e su come raccontare Cristo oggi. L'attualità e lo spessore dei testi accompagna l'approfondimento del rapporto tra Testori e la città, attraverso i contributi di: Mons. Luca Bressan; Marina Corradi; Giuseppe Frangi; Fabio Pizzul presidente Ambrosianeum; Alessandro Zaccuri.
La Prima lettera ai Corinzi, così chiamata perché destinata «alla Chiesa di Dio che è a Corinto» (1Cor 1,1), è uno dei sette scritti epistolari di sicura paternità paolina insieme alla Prima lettera ai Tessalonicesi, alla Seconda lettera ai Corinzi e alle lettere ai Filippesi, a Filemone, ai Galati e ai Romani. Ciò nonostante, non sviluppa alcuni temi tipici di altre lettere paoline, come quelli che caratterizzano le lettere ai Galati e ai Romani. Questo perché i problemi sorti all'interno della Chiesa corinzia erano diversi da quelli che Paolo dovette affrontare scrivendo ad altre comunità cristiane. Seguendo i criteri della Collana (Nuova versione della Bibbia dai testi antichi), il volume offre un'ampia introduzione, il testo antico, la nuova versione italiana, le note filologiche e il commento teologico al libro. La Prima lettera ai Corinzi in una nuova traduzione, con testo antico a fronte, introduzione, annotazioni e commenti.
A cinquant'anni dalla comparsa della prima edizione, ritorna "Il gran teatro montano" di Giovanni Testori. È ancora oggi la migliore introduzione per chi voglia accostarsi a un luogo unico del nostro paese: il Sacro Monte di Varallo, che - proprio a partire da questo libro - è diventato persino per le pro loco o le agenzie di viaggi il "gran teatro montano". Le parole di Testori si sono impresse in maniera indelebile sulle cappelle, sugli affreschi, sulle statue e, verrebbe da dire, persino sui boschi e sui torrenti della verdissima Valsesia, oggi amministrativamente piemontese ma per secoli - fino al 1707 parte dello Stato di Milano. Il volume Feltrinelli del 1965, dal memorabile apparato illustrativo qui riproposto, è costituito da cinque saggi che testimoniano la passione dell'autore per il massimo responsabile del Sacro Monte: Gaudenzio Ferrari, un artista originario di Valduggia, in Valsesia, attivo appunto a Varallo, ma anche a Vercelli, a Novara e a Milano, dove muore al principio del 1546. Adesso il libro originario è stato arricchito da una serie di interventi di Testori su Gaudenzio, che dimostrano la lunga fedeltà a un autore particolarmente amato, e da due saggi e da due inserti fotografici di Giovanni Agosti, che definiscono le coordinate storiche che hanno visto nascere il volume e ne inquadrano il peso e il ruolo negli studi gaudenziani.
È il primo vero romanzo di Testori, ambientato in un palazzo popolare della periferia milanese degli anni cinquanta, il Fabbricone. Protagoniste sono le voci delle persone che lo abitano, che di continuo dalle finestre si rimandano l'un l'altra. Costruito su tante storie plurali, il libro si dipana anche intorno a una trama centrale: la storia d'amore tra la Rina e il Carlo. Come novelli Romeo e Giulietta, i due devono superare le ostilità delle famiglie, i Villa e gli Oliva, schierate su opposte sponde politiche. I Villa sono comunisti: il padre accoglie i figli la sera mentre legge in poltrona "Rinascita" e rimprovera il figlio Antonio, che cerca una propria strada nella boxe, di non frequentare più la sezione del partito. Completano il nucleo familiare la madre, la figlia Liberata, militante convinta, e Carlo, innamorato di Rina. Speculare ai Villa, la famiglia di lei, gli Oliva, cattolici ferventi e democristiani fino al midollo, a partire dal nonno, pugnace combattente in ogni situazione. È il libro decisivo per Testori: il popolo diventa "la classe sociale con la maggiore vitalità, tanto da essere in grado di ritrovare da sola i grandi temi tragici", una necessità che spingerà Testori nella sua ricerca artistica degli anni successivi.
La Gilda del Mac Mahon è una raccolta di racconti successiva al Ponte della Ghisolfa, spesso rappresentata a teatro, proprio per lo straordinario calore umano delle vicende. Nella Gilda Testori descrive gli effetti che nell'immaginario della bellona di via Mac Mahon e dei ragazzotti di periferia hanno i miti della cultura di massa: le dive sexy, le super prestazioni, le soubrette. Al centro di questi racconti pone una straordinaria figura femminile: la Gilda del Mac Mahon, così chiamata per l'assonanza con il personaggio esuberante di Rita Hayworth, una Maria Addolorata dei bassifondi che, per amore del suo uomo in galera per ricettazione, si prostituisce lungo un viale della periferia milanese. E che, sempre per amore, prima seduce e poi tradisce un cliente invaghitosi di lei. Sono racconti pervasi di notevole fisicità e sensualità, talora di ironia, che risaltano quasi fossero simboli, cataloghi di sogni, quadri esistenziali o addirittura pagine di fotoromanzo, ambientati - come di consueto in Testori - tra società ciclistiche, palestre di boxe, immensi caseggiati. Ma qui trova spazio anche il mondo dorato della rivista e della commedia musicale, con i nomi mitici di Macario, Wanda Osiris, Carletto Dapporto, e sopra tutti Lauretta Masiero, di cui Testori fu sempre grande ammiratore.
Il ponte della Ghisolfa è una raccolta di diciannove racconti pubblicata da Testori nel 1958; essa fa parte di un disegno più ampio, una sorta di "commedia umana" dal titolo "I segreti di Milano", "dove tutto - nomi e situazioni, personaggi e ambienti - si tiene, si intreccia e si conferma". Nel Ponte della Ghisolfa è rappresentato "il mondo della periferia milanese, popolato di poveri diavoli che tirano la carretta in fabbrica o a bottega ma anche di sfaccendati pronti a tutto, di prostitute e ragazzi di vita, di ladri e macrò con licenza di ricattare se non proprio di uccidere, di aspiranti campioni sportivi e di torbidi nouveaux riches". I personaggi del Ponte della Ghisolfa sono tutti personaggi giovanissimi, operai, baristi, che, nella periferia di una Milano alle soglie del Boom economico, lottano per sopravvivere, vivono nella periferia dai grandi casoni grigi (Roserio, la Ghisolfa, Porta Ticinese), s'incontrano nei bar, frequentano le palestre coltivando la speranza di diventare campioni di ciclismo o di pugilato, passano le domeniche nei "cine" o nelle sale da ballo, s'innamorano.
La terza parte dell'opera completa di Giovanni Testori, dal 1977 al 1993.
Tra il 1943 e il 1944 Giovanni Testori, da sempre affascinato dal teatro popolare delle compagnie "scarrozzanti" per i paesi della lombardia, scrive uno dei suoi primi testi teatrali, "Cristo e la donna": tre atti in cui si ritrova l'idea del teatro che da rappresentazione si fa vita e coinvolge gli spettatori. In un'avvertenza iniziale infatti Testori auspica per il suo testo non una rappresentazione in teatro, ma lungo le strade, come avveniva per le sacre rappresentazioni. È una religiosità inquieta, drammatica, quella che interessa a Testori che, con questo testo teatrale, finora inedito, compie il primo "corpo a corpo" letterario con la figura di Cristo, nella certezza che "Cristo è Dio che ha fatto irruzione nel fallimento".
Nel ventennale della scomparsa di Testori, BUR ripropone il fondamentale confronto dello scrittore con il fondatore di CL.
In un appassionato dialogo ormai divenuto una pietra miliare e ancora oggi di sconcertante attualità, due figure centrali della storia religiosa e letteraria del nostro Paese si confrontano sul mistero del venire al mondo come incontro con Dio: Giovanni Testori – intimamente coinvolto nella rifondazione dei temi cristiani – e don Giussani – il fondatore di Comunione e Liberazione capace di indicare a migliaia di persone un coraggioso percorso di fede – risalgono ai significati fisici e spirituali del nascere e mostrano la potenza della speranza cristiana nel capovolgere il nichilismo della società moderna. Nella sua passione autentica e generosa, Il senso della nascita affronta senza timore le ferite della contemporaneità e invita con forza il lettore a immergersi nella concretezza del vivere per riscoprire l’immensità che ogni uomo rappresenta.
"I segreti di Milano" appartengono alla prima grande avventura narrativa e teatrale di Giovanni Testori. Come un Balzac ipnotizzato da una società che il secondo dopoguerra rivela fortemente caratterizzata e mobile, Testori penetra nella sua Milano: la città popolare e nuova degli anni Cinquanta, segnata dalla presenza di una forte e agguerrita classe operaia. Dagli scenari delle periferie che stanno crescendo e dilatandosi alla dialettale irruenza di figure avvitate nella loro apparente aneddoticità, alla nettezza con cui mettono in scena interni di torbidi intrecci famigliari, "I segreti di Milano" vengono disegnando - e mai come in questa edizione - un mondo, un mondo che ha continuamente bisogno di localizzazione (il Mac Mahon, Roserio, la Ghisolfa) per poter reggere l'ampiezza umana dei gesti, la potenza della rappresentazione, la grandezza, anche melodrammatica, delle vicende. I segreti di Milano appaiono in questo volume secondo la progressione voluta dall'autore: "Il ponte della Ghisolfa", "La Gilda del Mac Mahon", "La Maria Brasca", "L'Arialda", "Il Fabbricone"