Il cardinale Zuppi così racconta l'urgenza di questo libro: «In un tempo drammatico è un dono potere rileggere e meditare il pensiero del parroco di Bozzolo sulla pace. Le sue affermazioni possono apparire perentorie, quasi eccessive. In realtà nascono sempre da attenta riflessione e da analisi approfondite, che non limitano affatto la consapevolezza della radicale necessità della pace. La pace va costruita: "adesso o mai più"». Prefazione del card. Matteo Maria Zuppi.
Le oltre trecento lettere raccolte in questo libro aiutano ad approfondire la profonda amicizia tra don Primo Mazzolari e don Guido Astori. Compagni di ordinazione, i due preti lombardi condividono l'esperienza di cappellani militari nella prima guerra mondiale, prima di occuparsi di alcune parrocchie della diocesi: Mazzolari a Cicognara e Bozzolo, nel mantovano, Astori a Bordolano, Casalbuttano e Cremona nella parrocchia di Sant'Agata. Il volume mette a tema l'amicizia presbiterale, uno degli aspetti più interessanti ma anche poco sondati della spiritualità sacerdotale. È un tassello in più per approfondire la figura di don Primo, soprattutto nella ferialità delle sue amicizie e del suo impegno pastorale in parrocchia. I testi d'archivio riportati in appendice consentono di rileggere le parole con le quali don Mazzolari parla dell'amico, presentandolo, nel 1934, alla parrocchia di Casalbuttano e, nel 1940, alla parrocchia cittadina di Sant'Agata, nonché di riscoprire il discorso pronunciato da don Astori al funerale di don Mazzolari, nell'aprile 1959. Postfazione di monsignor Gualtiero Sigismondi.
La liturgia è un tema poco sondato nella vita di don Primo Mazzolari, solitamente più conosciuto per le sue posizioni sulla pace, la giustizia sociale e la politica. Questo libro raccoglie alcune riflessioni del parroco di Bozzolo, a partire da quella offerta nel 1941 alla Settimana liturgica nazionale, e mette a disposizione i testi più significativi sull’omelia, sul rapporto tra il prete e la comunità cristiana, sul senso della liturgia cristiana, sul valore dell’eucaristia nella vita del cristiano, sul senso delle devozioni e della preghiera. Non manca un affondo provocatorio sul tema del denaro e delle offerte durante le celebrazioni liturgiche, in modo da non trascurare la profezia con cui don Primo ha spinto la Chiesa al rinnovamento e alla fedeltà evangelica.
Sommario
Introduzione. I. «Mi piacciono le chiese vive». 1. I discepoli di Emmaus. 2. Liturgia del tempo di guerra. 3. La Messa parrocchiale. 4. L’edificazione della Chiesa nel sacrificio di Cristo. 5. L’edificazione della Chiesa nel sacrificio della Chiesa. 6. La predicazione. 7. Delle nostre impreparazioni all’apostolato. 8. Le tariffe nella liturgia.
Note sull'autore
Don Primo Mazzolari (1890-1959), prete dal 1912, fu cappellano militare al tempo della prima guerra mondiale e trascorse la sua vita come parroco di piccoli paesi di campagna a due passi dal Po, prima Cicognara e poi Bozzolo, in provincia di Mantova. l suoi scritti e le sue predicazioni lo imposero all'attenzione pubblica, ma attirarono su di lui anche molte misure disciplinari della gerarchia ecclesiastica. EDB ha in catalogo l'opera completa di don Mazzolari.
Bruno Bignami e Umberto Zanaboni sono rispettivamente postulatore e vice postulatore della causa di beatificazione di don Primo Mazzolari.
L'opuscolo "I lontani" appartiene a una delle stagioni più feconde della riflessione di don Primo Mazzolari. È la seconda metà degli anni Trenta, quando si concentrano molte delle pagine del prete di Bozzolo dedicate alla Chiesa, al suo rapporto con il mondo e all'evangelizzazione. Dopo la bufera caduta su La più bella avventura, dove la figura del prodigo già lanciava il tema, e la condanna da parte del Sant'Uffizio (5 febbraio 1935), Mazzolari non si dà per vinto. Non è difficile immaginare che per lui sia in gioco un modello di Chiesa proprio a partire dallo sguardo sui lontani. È in questo contesto che trova luce il libretto, nato come articolo pubblicato sulla rivista Segni dei Tempi nel 1938 e poi divenuto un testo a sé, dedicato «alle anime sofferenti e audaci».
A 25 anni dall'inizio del Progetto Policoro, pubblichiamo un testo di don Mario Operti, fondatore del Progetto Policoro e direttore dell'Ufficio nazionale del Lavoro della CEI per tanti anni. La curatela è di don Bruno Bignami, attuale direttore dell'Ufficio CEI Lavoro e Progetto Policoro e suor Erika Perini, esperta in lavoro e pastorale giovanile. Postfazione di Luigi Ciotti.
Antologia di lettere, tutte inedite, di Primo Mazzolari (1890-1959), prete di periferia che dialoga con preti, amici, suore, laici, politici, religiosi... fino al presidente della Repubblica Giovanni Gronchi.
Oltre 300 lettere, molte delle quali pubblicate per la prima volta in questo libro, compongono il copioso epistolario tra don Primo Mazzolari e i vescovi della sua diocesi di Cremona: Geremia Bonomelli, Giovanni Cazzani e Danio Bolognini. Si tratta di un vero e proprio patrimonio di spiritualità, che permette di approfondire le diverse stagioni del ministero sacerdotale del parroco di Bozzolo e di mostrare il suo rapporto filiale con l'autorità ecclesiastica, senza nascondere incomprensioni e crisi. Anche i vescovi fanno emergere i loro diversi temperamenti e il loro differente approccio nei confronti di Mazzolari. L'epistolario è un utile tassello per approfondire la figura del parroco, ma anche per sondare la spiritualità cristiana come luogo di incarnazione e di decisioni, soprattutto in merito al tema tanto discusso dell'obbedienza. Le lettere mostrano la fatica della fedeltà al vangelo e rivelano schiettezza, apertura di cuore, fiducia, sostegno, dubbi, incoraggiamenti, condivisione, ragionevolezza. Un quadro di fede e di amore alla Chiesa tutt'altro che scontato.
«Dio mi prenda e faccia di me, povero sacerdote, uno strumento della sua misericordia tra gli uomini». È il 3 settembre 1920 quando don Primo Mazzolari, con in mano il congedo da cappellano militare, si affida a monsignor Giovanni Cazzani (1867-1952), il vescovo di Cremona che attraversa quasi tutto l'arco del ministero sacerdotale del parroco di Bozzolo. Don Primo ha vissuto dall'interno il dramma della guerra e ora chiede al suo superiore di non finire nuovamente dietro una scrivania o su una cattedra del seminario perché desidera andare in parrocchia, tra la gente. I testi qui raccolti accompagnano i passaggi più importanti e difficili del suo ministero sacerdotale: il dramma della prima guerra mondiale, i trasferimenti a Cicognara e Bozzolo, gli scontri con il fascismo, le incomprensioni con l'autorità ecclesiastica, le scelte pastorali talora discusse, la vicinanza alle persone durante la seconda guerra mondiale, la carità generosa, gli impegni di predicazione, il percorso altalenante del quindicinale Adesso. In queste lettere, Mazzolari mostra di voler essere figlio della sua Chiesa e incontra in Cazzani una paternità accogliente. Non a caso, di entrambi è in corso il processo di beatificazione.
"L'uomo vale perché lavora... Quanto al pane, non dite anche voi che chi lavora mangia poco e male e ha una sola camicia e chi non lavora mangia molto e bene e porta due camicie? Lavorare per mangiare: mangiare per lavorare! Se il ciclo dell'uomo è chiuso tra questi due momenti, non val la pena di fare l'uomo. Non c'è pane che basti, non c'è denaro che paghi il lavoro dell'uomo, come non basta parlare di solidarietà, di benevolenza umana, di ragione sociale per dare un fondamento alla mia devozione verso gli altri".
Mentre i carboni della guerra sono ancora incandescenti, don Primo Mazzolari scrive di getto pagine sulla tolleranza. Il libro è concluso nel marzo 1945. È frutto dei mesi di clandestinità, consumatisi dall'agosto 1944 all'aprile dell'anno successivo prima a Gambara, presso l'amico don Giovanni Barchi, e poi nel rifugio della canonica di Bozzolo. Don Primo soffre l'impotenza nella parola e nell'azione: per questo si ubriaca "di solitudine e di inchiostro". Costretto in esilio, si rifugia nella forza del pensiero. Scrive. Prega. Medita e riempie fogli. Gli fanno compagnia i libri, un platano a pochi metri dalla stanza e il cielo. Confessa: "Da qui, alzando gli occhi dal libro e spesso chiudendoli, ho seguito il declinare dell'estate, tutto l'autunno e tutto l'inverno". Scrivere e riflettere sulla tolleranza è gesto di resistenza alla solitudine umana cui Mazzolari non intende rinunciare. Per lui è questione di sopravvivenza personale, di respiro interiore, prima ancora che condivisione di idee con altri. Il libro nasce come esercizio ascetico. Questo semplice fatto induce il lettore ad accostarlo in silenzio, con atteggiamento meditativo: che cosa è tollerabile della propria umana solitudine? Come resistere a ciò che non è sopportabile? Che cosa portare con sé e su di sé delle vicende storiche in cui ci si trova?