"Il lavoro intellettuale come professione" è il titolo scelto da Max Weber per raccogliere i testi di due celebri conferenze, "La scienza come professione" e "La politica come professione", da lui tenute all'Università di Monaco tra il 1917 e il 1919. La riflessione del grande filosofo è incentrata da un lato sulla situazione della Germania uscita disastrosamente dalla Grande Guerra e dall'altro sulla figura e il ruolo dell'intellettuale, scienziato e politico, sui limiti intrinseci delle due discipline e sull'inevitabile conflitto tra la scienza, la cui autorità riposa sul suo essere del tutto avalutativa, e la politica, che nella definizione e nella scelta di gerarchie di valori ai quali la realtà deve adeguarsi trova la propria ragion d'essere. I due testi costituiscono un'opera unica, la cui «grandezza problematica» è ben sottolineata dall'ormai classico saggio di Massimo Cacciari, qui presentato in una versione aggiornata.
"Il 'bando' di Antigone "condanna" Ismene all'ordine della pólis; solo lì potrà abitare, non importa sotto quali leggi, suddita per sempre. Nel tempo della pólis dovranno instancabilmente cercare occasionali compromessi la prudenza degli anziani e la volontà di potenza dei regnanti, la timorosa pietas di Ismene e la paura servile della prima guardia, immagine di quella del plethos, della plebe disprezzata da Antigone. Qui sarà chiamato a sopravvivere Creonte, sconfitto insieme al cieco Tiresia. Dura legge e dura prova, la cui necessità la parola tragica enuncia senza ombra di consolazione. E perciò il pathos che suscita fa sapere - e solo nel sapere 'guarisce'." (dall'introduzione di Massimo Cacciari)