Ne va della salvezza. Due interlocutori si intrattengono un un giorno d'estate, è un'altra fiction, su ciò che si muove intorno al nome, in particolare intorno al nome del nome e al nome di Dio e a ciò che esso diventa in ciò che si chiama teologia negativa, là dove il SopraNome nomina l'innominabile, e a sua volta ciò che non si può e non si deve nominare, definire o conoscere, perché dal principio ciò che esso soprannomina si sottrae, senza mantenersi, al-di-là dell'essere. Là dove una teologia negativa sembra aprire su una "politica" a venire (oggi e domani), una tale fiction rischia ancora qualche passo come erede sulle tracce o vestigia di un "cherubino errante" (angelus Silesius). Che cosa è un SopraNome, ciò che vale più che il nome, ma anche che viene al posto del nome? E che non si dà mai per la salvezza del nome infine Salvo? Per la salvezza, semplicemente, il buongiorno o l'addio?
Questa edizione di Della grammatologia, aggiornata e rivista nei suoi riferimenti bibliografici rispetto all’edizione del 1969, ripropone lo stesso rigore e la stessa passione di un approccio non accademico al sapere. Non accademico nel senso di difficilmente inquadrabile in termini disciplinari e polemico con chi non si interroga sulle condizioni del proprio gesto di pensiero. Si tratta di un rigore e di una passione che la storia di questi ultimi anni ha messo alla prova in modo radicale. Il termine traccia e il termine scrittura, entrati in circolo nel clima filosofico insieme al termine de-costruzione, sono forse oggi meno equivocabili nel loro rapporto con lo stile di pensiero che li produce. La ricchezza di materiali che qui viene presentata ha lo scopo inesorabile di chiarire il movimento di produzione – sorta di piega generativa – che è all’opera nel concetto di segno e coinvolge l’io come attore della significazione. Da Saussure alle teorie linguistiche, da Lévi-Strauss al Saggio sull’origine delle lingue di Rousseau, dalle teorie moderne della scrittura a Vico, viene disegnato un approccio alla strategia del discorso filosofico che spiazza sia il dibattito sull’ermeneutica sia una nostalgia fenomenologico-ontologica che non si misuri effettivamente con la genesi del suo linguaggio.
La prima edizione di questo testo fu pubblicata nel 1992 in inglese nell'opera intitolata "Derrida. A critical reader". La seconda, in francese, nel 1993 dalle Éditions Galilée assieme ad altri due saggi: "Khôra" e "Sauf le nom". In un foglio volante inserito in ognuno dei tre volumi, intitolato "Prière d'insérer", Jacques Derrida dichiara che «si è giudicato opportuno pubblicare simultaneamente Khôra, Passions e Sauf le nom perché li attraversa il filo di una identica tematica». «Essi formano - continua il filosofo - una sorta di Saggio sul nome, in tre capitoli e in tre tempi. Anche in tre fictions. Sulla scia dei segni che in silenzio i personaggi di tali fictions si indirizzano l'un l'altro, si può sentir risuonare la questione del nome, là dove essa esita sul bordo di un appello, di una domanda o di una promessa, prima o dopo di una risposta». Il nome: che cosa si chiama così? Che cosa si comprende sotto il nome del nome? E che cosa succede quando si dà il nome del nome? Tale questione si articola con le questioni del segreto, del conferimento del senso e dell'eredità. Jaca Book pubblica singolarmente i tre volumi di tale Trilogia, momento centrale del pensiero derridiano, corredandoli del testo originale a fronte e di una Prefazione all'intera tematica.
Nel secondo dei due anni di seminario dedicati da Jacques Derrida alla pena di morte, analisi e ricerche si dilatano fino a raggiungere il cuore di domande solo in apparenza distanti dalla pena capitale: cosa significa pensare il «vivente»? E il sangue, il «concetto» di sangue? Sarà mai possibile una «storia del sangue»? E poi ancora: cosa vuol dire «amar vivere»? Protagonisti di questo interminabile dibattito che incrocia necessariamente la questione della giustizia saranno Kant e Hegel, interrogati anche a partire dalle posizioni assunte nei confronti della tradizione della «legge del taglione» a cui vengono consacrate pagine di rara profondità. Ma il discorso non si ferma qui e, sempre all’insegna dello scavo dei moventi del suo stesso costituirsi, convoca imperativamente Freud (e il suo allievo Reik) per interrogare la trasformazione del diritto criminale operata dalla psicoanalisi. In queste lezioni che contribuiscono a tratteggiare – senza chiudere nessun confine – l’interminabile storia del «delitto » e del «castigo» che vertebra la società degli uomini, Derrida non concede tregua all’incalzare di questioni che si raccolgono nella domanda che attraversa e rilancia altrimenti tutte le altre: cos’è un desiderio?
Che cosa significa oggi pronunciare la parola "sovrano"? Concetto fondativo eppure oggi inaccessibile. Come scioglierne i nodi? Se la storia umana si dipana nella stratificazione dei significati che la sovranità ha assunto, il tentativo di comprenderla è una sfida per il pensiero. Gli autori di questo volume hanno voluto accogliere tale sfida senza pretendere di esaurirne la portata, e hanno cercato di mettere a fuoco i punti di resistenza e quelli di cedimento di una nozione tanto sfuggente quanto -in realtà - di attualità bruciante. L'esito, per nulla scontato, è la scoperta di una divisione, di una dis-giunzione che attraversa l'idea di sovranità come pure il sapere che prova a interrogarla. Sovranità è ciò che costituisce legami nella forma del controllo e del dominio, ma necessità essa stessa di annodarsi, di rimanere se stessa, di giustificarsi nella sua identità. Interrogare tale disgiunzione piuttosto che il lamento anti-nichilista - potrebbe forse aprire un varco nelle forme mediatiche e spettacolari in cui oggi si attua la sua espressione.
Nel decennale della morte di Derrida, Jaca Book prosegue la pubblicazione dei seminari, dopo i due volumi de "La bestia e il sovrano". In questo primo volume dedicato alla pena di morte sono messi in gioco, nell'imminenza di una sanzione irreversibile, i concetti problematici di sovranità, eccezione e crudeltà. Il libro percorre quattro figure paradigmatiche (Gesù, Socrate, Hallâj, Giovanna d'Arco) e testi canonici: la Bibbia, Camus, Beccaria, Locke, Kant, Hugo, e anche testi giuridici successivi alla seconda guerra mondiale. Cuore pulsante del seminario è riconoscere che le tesi filosofiche e giuridiche a favore o contro la pena di morte si sono appellate agli stessi principi: "non è sufficiente decostruire la morte stessa". Si fa strada l'ipotesi che proprio la pena di morte obblighi a rimettere in discussione gli umanesimi filosofici, politici, teologici, economici che sostengono la nostra epoca.
Se fosse possibile azzardare un paragone musicale quando si parla dei tanti contributi critici che - nel corso del tempo - sono stati generati dall'opera di Jacques Derrida, si dovrebbe ricorrere necessariamente al contrappunto, vale a dire al rapporto tra voci che sono indipendenti rispetto al ritmo e interdipendenti rispetto all'armonia. Il 12 e il 13 dicembre 2006, presso l'Università degli Studi di Bergamo, si è svolto un convegno che ha messo alla prova la verità di tale polifonia e ha sviluppato linee di fuga e passaggi tonali a partire da quattro parole - scrittura, decostruzione, ospitalità, responsabilità - che, come note su un pentagramma, scandiscono il percorso filosofico di uno dei maestri più importanti del Novecento. Consapevoli del fatto che Derrida non amava celebrazioni o monumentalizzazioni, gli studiosi che sono intervenuti (i quali, tra l'altro, appartengono a generazioni diverse), non si sono chiesti soltanto che cosa Derrida può ancora dare, ma hanno cercato di comprendere in che senso tutto ciò che lo concerne si gioca ora, avviene ora, vale a dire nella piena corresponsabilità del suo gesto di lettura.
Le quattro tematiche di questa raccolta di saggi in onore di Francesca Rivetti Barbò esprimono i moventi e gli snodi del percorso del suo pensiero: l'ispirazione etico-religiosa del discorso, la sua struttura logico-teoretica, il problema del suo valore, la questione della sua destinazione. Gli autori dei contributi sono colleghi italiani e stranieri, suoi amici di lunga data o allievi: fra loro Adriano Bausola e Emanuele Severino.