Il testo riunisce due grandi personalità della cultura lucchese, Giovanni Pascoli e Felice Del Beccaro. Vi si riscopre lo stretto legame di affetto, di devozione, di partecipe interesse che Del Beccaro dimostrò sempre verso il Pascoli, promovendo tra l'altro le "Letture Pascoliane", curando la collana dei "Quaderni Pascoliani", e dedicando al poeta di Castelvecchio vari studi, alcuni dei più importanti raccolti nel volume Studi Pascoliani. Proprio in uno degli Studi Pascoliani Del Beccaro ha fatto giustamente notare la difficoltà di approntare una convincente biografia pascoliana. È arduo infatti smontare l'immagine oleografica del poeta idillico, virgiliano, immerso in un ambiente di fiori e uccellini, col suo aspetto bonario e goffo del buon fattore, con la sua facile inclinazione al pianto, col suo umanitarismo e la sua mitezza di marca deamicisiana: è un cliché che ha infestato e conquistato generazioni di lettori e di studiosi. Leggendo però le Lettere che Del Beccaro ha qui raccolto, emergono certamente segreti, ombre, che permettono di ricostruire in maniera più spregiudicata la figura del Pascoli negli anni di Castelvecchio.