Tutti conoscono le poesie di Giovanni Pascoli - uno dei nostri più grandi autori moderni, forse l'unico di statura veramente europea -, dalle "Myricae" ai "Canti di Castelvecchio". Non tutti invece sanno che per molti anni scrisse su Dante e la "Commedia", dedicando ben tre libri al fondatore della lingua italiana. In anticipo sulle più recenti acquisizioni metodologiche, Pascoli volle indagare la struttura del capolavoro dantesco, lasciando in sordina il commento estetico e quello in voga nel metodo storico, che sotto l'influenza del positivismo analizzava gli aspetti meramente testuali e storiografici, per mettere invece in risalto la filigrana concettuale della "Commedia", «sotto il velame» (espressione dantesca che divenne il titolo di uno dei suoi libri) del significato letterale, mostrando gli aspetti teologici, filosofici, biblici che sottostavano al grande affresco allegorico di Dante. In questo libro Bruno Nacci ha scelto e introdotto alcuni dei passi più suggestivi del Pascoli dantista, dal Conte Ugolino a Virgilio, da Matelda alla presentazione del Paradiso.
I "Poemi cristiani" sono l'estremo fiore della poesia latina di Pascoli e tra le creazioni più originali del primo '900 italiano. Il lettore non ha ragione di temere una sperimentazione erudita: sono piccoli capolavori, un miracolo di fantasia, di freschezza, di penetrazione storica, e paradossalmente il primo vero atto di indipendenza da una sovrastante cultura classica. Nascono in un latino materno, del cuore, pieno di echi del cristianesimo familiare e dei poeti amati, rifuso in un'esecuzione tutta personale e moderna. Poesia latina a pieno diritto, e poesia cristiana non meno delle "Georgiche cristiane" di Francis Jammes o dei" Quattro quartetti" di T. S. Eliot, e a noi più vicina e familiare. I "Poemi cristiani" sono riproposti in questo volume in una nuova edizione riveduta e ampliata.
Il testo riunisce due grandi personalità della cultura lucchese, Giovanni Pascoli e Felice Del Beccaro. Vi si riscopre lo stretto legame di affetto, di devozione, di partecipe interesse che Del Beccaro dimostrò sempre verso il Pascoli, promovendo tra l'altro le "Letture Pascoliane", curando la collana dei "Quaderni Pascoliani", e dedicando al poeta di Castelvecchio vari studi, alcuni dei più importanti raccolti nel volume Studi Pascoliani. Proprio in uno degli Studi Pascoliani Del Beccaro ha fatto giustamente notare la difficoltà di approntare una convincente biografia pascoliana. È arduo infatti smontare l'immagine oleografica del poeta idillico, virgiliano, immerso in un ambiente di fiori e uccellini, col suo aspetto bonario e goffo del buon fattore, con la sua facile inclinazione al pianto, col suo umanitarismo e la sua mitezza di marca deamicisiana: è un cliché che ha infestato e conquistato generazioni di lettori e di studiosi. Leggendo però le Lettere che Del Beccaro ha qui raccolto, emergono certamente segreti, ombre, che permettono di ricostruire in maniera più spregiudicata la figura del Pascoli negli anni di Castelvecchio.
Con questo secondo volumetto si completa la pubblicazione della poesia pascoliana nella collana dei "Diamanti". Questa seconda raccolta, anch'essa curata da Mario Pazzaglia e introdotta da un'ampia nota di commento, offre tutto il resto - cospicuo, ma spesso trascurato dalla critica - della produzione poetica di Giovanni Pascoli.
Cesare Garboli ha raccolto in questi due volumi testi tratti da tutte le raccolte pascoliane e li ha proposti, scardinando l'ordine canonico, nell'ordine cronologico della loro composizione e nella lezione della prima stampa, dove gli inizi del "romanzo" autobiografico traspaiono ben più che nelle redazioni definitive. Scopo del curatore, infatti, è quello di mettere in luce il non espresso, il rifiutato dell'autobiografia del poeta.