Ana Blandiana è una delle voci liriche rumene più suggestive: una fama letteraria accompagnata dalla rilevanza del suo impegno civile e costruita attraverso una serie di volumi di versi e prosa fantastica che hanno definito via via la sua personalità creativa. La sua opera è un'incessante meditazione sulla creazione artistica e sulla natura umana: la purezza e la caduta nel peccato, la morte e la sopravvivenza, l'amore come aspirazione all'assoluto e insieme fuga dalla materialità contingente conferiscono alla sua poesia una dimensione fuori dal tempo. Il suo obiettivo è una solenne semplicità, che pone al centro del suo cosmo cose mortificate, vilipese e disadorne, anche se vive e trepidanti come la misteriosa natura dei paesaggi rumeni.
A cent'anni dalla nascita l'attenzione verso la poesia di Caproni non accenna a spegnersi. Sono pochi i poeti del Novecento a poter vantare un simile interesse ed è grazie agli studi sulle sue carte che oggi è ancora possibile esplorare territori fin qui sottovalutati o negati dalla critica. Uno di questi è il controverso e mai scontato rapporto con la città di Roma, "la città del disamore", come suona il titolo di questa mostra. Perché un titolo così problematico e inusitato per rappresentare una scelta di vita che, con il passare del tempo, si è rivelata per Caproni ineluttabile e fatale? Esiste una Roma dei grandi scrittori 'romani d'origine' che è quella di Moravia e della Morante: ed esiste una Roma altrettanto indiscutibile che ha attratto a sé molti giovani talenti destinati a diventare grandi narratori e grandi poeti. È anche questa la Roma che ha concepito il Novecento letterario: quella dei 'romani d'adozione'. Tra loro c'erano Bassani, Bertolucci, Betocchi, Gadda, Gatto, Pasolini, Penna. E tra loro c'era Caproni. La Roma di Giorgio Caproni "non è una città, è un mondo", una meta segreta tutta da esplorare: è qui che il poeta ha scritto la maggior parte delle sue opere in prosa e in versi ed è qui che ha stretto le amicizie più forti. Intrecciando i preziosi materiali cartacei conservati nel Fondo della Biblioteca privata di Giorgio Caproni con le poesie e le prose dell'autore, questo catalogo è un omaggio di Roma Capitale al poeta che l'ha abitata.
Contessa Lara (Evelina Cattermole) appartiene a quella nutrita schiera di poetesse, scrittrici e giornaliste che nella seconda metà dell'Ottocento si imposero nel panorama editoriale italiano allora in espansione. Di eterea bellezza e di multiforme talento, fu nota non solo per i suoi versi di ispirazione romantica e per i suoi romanzi, ma anche per l'infaticabile collaborazione con le maggiori testate di periodici. Donna libera e anticonformista, la sua vita fu segnata da eventi tragicamente spettacolari: la morte dell'amante ucciso in duello dal marito, le molte relazioni sentimentali e, infine, il suo assassinio per mano dell'ultimo compagno, Giuseppe Pierantoni. Le lettere che qui si pubblicano, scritte nello scorcio dell'estate 1896 durante una vacanza sulla Riviera ligure, erano rivolte proprio a colui che, al suo ritorno, l'avrebbe uccisa con un colpo di pistola. Con un saggio introduttivo di Biancamaria Frabotta.