Il Sofista, una delle opere più dense e complesse di Platone, racconta in forma di dialogo la storia di una caccia e di una cattura, quella del sofista, oscuro alter ego del filosofo e suo implacabile avversario. Temibile falsificatore di discorsi, capace di evocare nientemeno che il grande Parmenide come involontario testimone in sua difesa, il sofista impone ai suoi cacciatori un tortuoso inseguimento dialettico attraverso le cose che sono: dal semplice pescatore con la lenza alla natura stessa dell'essere, dal puro nulla impossibile e innominabile alle categorie fondamentali degli enti, quiete e movimento, identità e differenza. Solo al termine di questo percorso sarà possibile agguantare la preda, svelandone l'identità e attribuendole la posizione che le spetta nella realtà. Nella sua introduzione Francesco Fronterotta illustra la struttura del dialogo, esaminandolo alla luce delle più recenti interpretazioni.
In questo dialogo Platone affronta due temi: l'origine del mondo e la natura dell'anima umana. La realtà (o l'illusione) nella quale viviamo altro non è che il riflesso di un mondo superiore, in cui regna il puro essere, non soggetto a mutamenti o variazioni. Il nostro, invece, è dominato dal divenire ed è opera di un "demiurgo" che cercò di ripetere come meglio poteva la visione che aveva avuto di quella perfezione. Di qui tutte le contraddizioni che il filosofo deve superare per giungere alla contemplazione del Vero e del Bello. E poi le diverse inclinazioni, le contrastanti passioni cui può cedere l'anima umana, la leggenda di Atlantide, la negazione dell'invidia degli dèi per la fortuna umana, la musica e la ginnastica come medicina dell'anima.