Un doloroso atto d'accusa, una disperata richiesta di affetto per un figlio troppo debole al padre troppo forte.
Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento il progresso scientifico e tecnologico modificò radicalmente la vita quotidiana dei popoli occidentali. L'arte, naturalmente, non poteva non essere coinvolta in un simile cambiamento.
Il critico berlinese Walter Benjamin fu tra i primi e più acuti indagatori di tale fenomeno. Nei suoi saggi il filosofo intravede e teorizza la nuova funzione e la nuova natura dell'opera d'arte, che da capolavoro dal valore puramente estetico avvolto da un'aurea quasi magica, grazie ai nuovi media tecnologici, capaci di diffonderla indefinitamente su scala planetaria, assume un ruolo politico e sociale, come già stava emergendo nella fotografia, nei film di Ejzenstejn e Chaplin e come si preparava a affare la radio. Nell'introduzione di Giulio Schiavoni, autore della limpida traduzione, guida il lettore nel percorso critico e ideologico dell'autore.
Nato dal desiderio di raccogliere in un "libriccino per gli amici" "aforismi, scherzi e sogni" e pubblicato nel 1928, "Strada a senso unico" si presenta come un montaggio di microtesti. Gli aforismi sono organizzati secondo una struttura particolare, in quanto ogni capitolo è presentato con il nome di un negozio, di un edificio, di un segnale o di un manifesto, in modo che la disposizione d'insieme finisce per dare l'idea di una città allegorica. È un documento del nuovo atteggiamento e della svolta determinatasi in Benjamin nel '24. Un libro che proietta il lettore nella vorticosa vita della Germania degli anni della grande inflazione. (Nuova edizione accresciuta)
"La vera via - afferma Kafka - attraversa una corda che non è tesa in alto ma rasente terra." È la via senza meta, un cammino infinito per strade interrotte e sentieri che sviano, un itinerario di salvezza fatto di indugi e drammatiche cadute su una impercettibile corda tesa rasoterra. Come una paradossale invocazione, come una lacerazione impossibile da rimarginare, la scrittura aforistica di Kafka evoca il dramma dell'uomo contemporaneo e celebra l'abbandono a una vita irrimediabilmente priva di senso. Una scrittura e un pensiero che molto devono ai temi dell'ebraismo, che testimoniano il destino storico del popolo nomade e senza patria come simbolo metafisico di un'esistenza sradicata.