Assieme alla vergine e martire Agata, morta a Catania 53 anni prima ma oriunda di Palermo, Lucia, donna di eccezionale bellezza ed elevata estrazione sociale, costituisce il binomio agiografico più significativo e più celebre di quelle eroine che, con il loro martirio, subito in difesa della verginità e della fede, gloriarono la Sicilia nei primi secoli del cristianesimo. Secondo la tradizione e la pia devozione popolare, Lucia patì il martirio a Siracusa il 13 dicembre del 304 sotto Diocleziano, lo stesso anno in cui il 12 agosto a Catania era giustiziato il giovanissimo martire volontario Euplo/Euplio. A differenza di Agata, Lucia esemplifica il modello cristiano di chi nega la propria famiglia e dona tutti i propri averi alla Chiesa e ai poveri. Proprio a causa della devoluzione dei beni materiali, il fidanzato rimprovera Lucia di avere dilapidato il patrimonio paterno con uomini depravati e di essere pertanto diventata una meretrice dissoluta. La dilapidazione dei beni materiali è motivo di accusa e di assimilazione alla dissolutezza dei costumi (il "Carnale mercimonium"), preludendo alla condanna al postribolo e poi a quella finale per spada. Dal Medioevo si consolida il patronato della vista attribuito a Lucia e dai secoli XIV-XV si fa largo spazio un'innovazione nell'iconografia, la raffigurazione con in mano un piattino (o una coppa) dove sono riposti i suoi occhi.