L'autore analizza il rapporto fra iniziazione e antropologia in una duplice prospettiva: da un lato, illustrando il contributo degli antropologi alla comprensione di quei processi di trasformazione e formazione degli esseri umani che sono comunemente definiti "riti di iniziazione"; dall'altro, chiarendo forme e modalità di quello che gli antropologi spesso percepiscono e vivono come il proprio percorso iniziatico alla professione. Lo studio dei rituali iniziatici assume così il senso di un'ideale palestra dove sintetizzare alcune componenti fondamentali dell'antropologia: la centralità della ricerca sul campo, la possibilità di attuare comparazioni e generalizzazioni convincenti, la necessità di seguire le trasformazioni storiche connesse a ciò che si sta studiando.
La ricerca della verità, anche quando è scomoda, è l'anima della ricerca scientifica: essa non odia né intende discriminare nessuno. Vincere una battaglia politica o avere i media dalla propria parte non significa avere ragione. Molto spesso i temi qui trattati vengono erroneamente letti nella prospettiva della cultura cattolica, rischiando di perdere di vista il vero nocciolo della questione: il maggiore interesse del bimbo. Sta accadendo quanto G.K. Chesterton aveva scritto: "Uomini che cominciano a combattere la chiesa per amore della libertà e dell'umanità, finiscono per combattere la libertà e l'umanità pur di combattere la chiesa". Questo libro - laicamente e scientificamente - si propone di mettere le cose a posto.
Mercati finanziari automatizzati; relazioni umane mediate dai like su facebook; un flusso d'informazioni incessante e invadente; protesi digitali che arricchiscono l'esperienza. Le macchine sembrano conquistare funzioni sempre più autonome dall'intervento dell'uomo, e le piattaforme online sulle quali ci informiamo e coordiniamo impongono i loro algoritmi, mentre raccolgono e analizzano enormi quantità di dati imparando dagli utenti. È una dinamica evolutiva digitale che richiede un drastico adattamento culturale. Con "Homo pluralis" Luca de Biase propone un approccio all'infosfera che supera la contrapposizione tra ottimismo tecnofilo e allarmismo neoluddista, e riconosce la necessità per l'uomo di diventare cittadino consapevole di questo nuovo ambiente digitale, imponendo la propria creatività, intelligenza 1 e senso etico, e conquistando cosi una dimensione più autentica.
La dicotomia fra uomo e natura non esiste nell'ebraismo: esso celebra il creato con le sue creature, fra le quali l'uomo, un cantico alla genesi della diversità. L'ebraismo persegue l'equità ambientale e sociale, comanda il riposo della terra, degli animali e degli uomini, ordina la condivisione delle risorse e la periodica ridistribuzione della terra, vieta di far soffrire gli animali e di affliggerli nel lavoro, di mescolare le specie, di distruggere la diversità biologica; proibisce di mangiare membra e sangue di un animale vivo, dispone regole alimentari con cui salvaguarda le specie, insegna a nutrirsi dei frutti della terra, ordina la distribuzione delle risorse secondo le necessità di ciascuna creatura, vieta la proprietà privata della terra, impone un limite allo sfruttamento dell'ambiente, ordina di combattere la povertà e di esercitare la scarsità da contrapporre allo sfruttamento intensivo. Molti contravvengono alle disposizioni con la convinzione, errata, che l'uomo sia il dominatore del mondo e il beneficiario unico del suo illimitato sfruttamento. Le conseguenze di questa visione antropocentrica sono disastri ambientali, sociali, economici e crisi. Va ristabilito equilibrio e sobrietà del racconto della creazione e l'equità nella rete delle relazioni. Introduzione di Massimo Pieri.
Questo testo propone un approfondimento del legame fra la disciplina psichiatrica e gli ambiti religiosi. Emerge una pianificata incoerenza fra gli intenti dichiarati e una prassi, sia storica che attuale, legittimata nell'amministrare un'esclusione sociale edificata sul controllo e sul profitto. Attraverso il labile concetto di "norma comportamentale" viene sancita ogni devianza, declinandola sui peccati e sulle diagnosi. Fra senso di colpa, paura, emarginazione, conformismo, paradossi filosofici, punizioni e sofferenza si collocano le esperienze eccezionali di chi ha saputo resistere, di chi non ha accettato l'annientamento della propria libertà. La volontà di ricostruire una memoria cancellata dai timbri maschili darà voce a un coro femminile che ridipingerà contesti storici e pensieri scomodi. Se l'umanità non temesse l'imprevedibilità, potrebbe non delegare le soluzioni a elaborazioni totalitarie. L'analisi è completata da un'intervista a un esorcista e dalle conversazioni con il medico Giorgio Antonucci e con l'antropologa Michela Zucca.
I Greci nostri antenati e dell'Occidente in generale hanno trovato in Sicilia un luogo di elezione dove hanno messo alla prova le loro idee sulla città, la democrazia, la natura, il senso del limite e del sacro. Un antropologo siciliano - si è messo sulle loro tracce on the road, scoprendo la magnificenza dei luoghi da loro fondati e ricostruendone il rapporto con il paesaggio dell'isola. Seguendolo, il lettore potrà respirare passo passo un'eredità che ancora ci interroga.
Come e quanto influiscono i profondi cambiamenti di parole come coscienza, natura, libertà sul senso della Giustizia e sullo stesso concetto di diritto? La ragione moderna, con le sue radici di autonomia assoluta, di fronte alla giustizia come profondo bisogno dell'uomo ci ha consegnato degli strumenti o ci ha lasciati soli? Da quell'irreversibile incontro tra mondo classico, religiosità ebraica e cristianesimo si è sviluppata una parabola che va dal riferimento a un ordine trascendente alla nascita del diritto "soggettivo", come lo si intenderà poi nella modernità. In questo libro si intravede l'affresco dell'itinerario storico e culturale della giustizia interrogando e mettendo a confronto autori moderni e contemporanei, da Ricoeur a Hulsman, da Habermas a Benedetto XVI, da Natalino Irti a don Giussani, da Villey a Glendon, gettando luce sulla storia della coscienza dell'uomo moderno e su quanto egli abbia concorso a disegnare il labirinto nel quale sembra essere bloccato. E con esso il diritto. Appunti per un'antropologia giuridica, nati dal non voler rinunciare, da parte dell'autore, all'appassionato e duro confronto tra la propria esperienza di uomo e la viva materia della giustizia, delle sue regole sino all'esecuzione della pena. Prefazione di Eugenio Borgna. Introduzione di Lorenza Violini.
Perché alcuni paesi sono ricchi, mentre altri sono poveri? In che modo le istituzioni possono influenzare il buon andamento di un sistema economico? Perché la Cina cresce a un ritmo cosí vertiginoso? Cosa possiamo imparare confrontando una crisi personale con una crisi di portata nazionale? Come possiamo affrontare i comunissimi pericoli quotidiani? Quali insegnamenti, a livello di stile di vita e benessere, possiamo ricavare dall'osservazione dei popoli tradizionali? Quali saranno le sfide globali del prossimo futuro? Dal metodo di ricerca delle scienze sociali alle differenze economiche delle nazioni, dalla crisi mondiale alle peculiarità della situazione italiana: tra antropologia, geopolitica e analisi culturale Jared Diamond, affrontando le grandi domande del presente, ci accompagna in una nuova avventura nella storia del nostro pianeta.
Neurologia e letteratura hanno reso celebre Oliver Sacks, ma non sono i suoi unici amori. Le opere dei naturalisti dell'Ottocento, che sapevano fondere entusiasmo scientifico, senso dell'avventura e spirito di osservazione, sono un'altra delle sue passioni: una passione - verrebbe da pensare -irrevocabilmente relegata nel passato dall'Accademia contemporanea. Invece Sacks ha saputo trovare un'isola di affinità, di amicizia intellettuale e di genuina e disinteressata erudizione riscoprendo il suo interesse infantile per le piante più antiche al mondo - le felci - e frequentando regolarmente le riunioni dell'associazione che se ne occupa, la American Fern Society. Non stupisce dunque che nel 2000, insieme a una trentina di altri pteridologi più o meno dilettanti, sia partito per una spedizione scientifica informale nella regione in cui sopravvive la più alta concentrazione mondiale di specie di felci - lo Stato di Oaxaca, in Messico - e che abbia tenuto un diario di quei dieci giorni di viaggio. La curiosità debordante, l'acume disinvolto e le capacità associative di Sacks hanno poi fatto il resto: lungi dal limitarsi alla tassonomia botanica, il suo sguardo spazia con levità dall'osservazione del passeggio nello zócalo di Oaxaca de Juárez alla storia del tabacco e del cacao, dalla distillazione del mezcal all'architettura antisismica degli Zapotechi.
Questo libro, ormai un classico, costituisce un unicum nella storia del pensiero poiché non è soltanto una summa di quanto sia stato detto, pensato e pubblicato sulla morte, ma è anche un orizzonte capace di ridare alla luce una consapevolezza e una sensibilità moribonde, ai giorni nostri ancor più di quando il libro era stato scritto. L'idea della morte ha subito un processo di rimozione coatta. Tutto quanto non risulti tangibilmente fruttuoso per il godimento immediato o per la realizzazione di una carriera viene rimandato al mittente, tutto e specialmente la morte. Il problema è che rinunciando alla riflessione non si riesce a bandire sul serio il punto di approdo di ogni vita e così la morte, a cui si sbatte in faccia la porta, ritorna attraverso le finestre della nostra disattenzione o penetrando nelle fessure di tutta la nostra vita interiore creando un vertiginoso sperdimento che ci spinge nelle direzioni più svariate alla ricerca di una pacificazione che né gli "esperti" né i guru sanno dare. Questa edizione si arricchisce di una nuova traduzione, che restituisce mimeticamente la "voce" e lo stile così peculiare dell'autore, e di una lunga intervista in cui Morin affronta temi come il prolungamento della vita, il concetto di transumanità, l'accompagnamento del morente, il suicidio e l'eutanasia: poiché, se la morte non cambia, cambiano le condizioni in cui si verifica.
Perché gli achei "credevano" allo scettro divino di Agamennone? Perché l'ostia consacrata era un simbolo di contestazione usato dagli inca nei confronti degli spagnoli? Il feticismo è una religione primitiva o è un esempio del fascino esercitato su tutti noi dalla materia informe? Le immagini sacre sono solo riproduzioni di figure divine oppure sono quelle stesse figure? Che relazione c'è tra il cibo e la religione? E come mai una macchia sul muro può diventare oggetto di culto per quanti vi vedono la Madonna? Sono alcune delle domande a cui questo libro risponde assumendo un punto di vista insolito e originale: quello della materialità della religione. Usualmente si pensa alle religioni come a complessi di credenze, di riti, di dogmi, e non ci si interroga abbastanza sul significato che in esse rivestono le "cose" oggetti, corpi, immagini, sostanze - prodotte da mano umana o frutto dell'azione divina. È proprio attraverso cose estremamente materiali come le pietre, i feticci, le immaginette e le statue delle divinità che le religioni prendono forma e trovano una direzione, a seconda dei modelli culturali prevalenti presso un gruppo, una comunità, una società. Così le religioni trovano un modo per imporsi come universi simbolici capaci di produrre rappresentazioni che servano da guida nella relazione dei soggetti con il mondo.
"Capire come "funziona" l'essere umano è una curiosità che mi accompagna fin da bambino. Ho cominciato raccontando la mia storia perché è nella famiglia che nasce la nostra identità. Il modo in cui i genitori ci descrivono e ci promettono come sarà la vita è fondamentale. Coltivare quella curiosità mi ha insegnato che aprirsi al mondo scardina le trappole del razzismo, del sessismo e dell'omofobia. Cambiare i nostri immaginari è un passo necessario, mettere in discussione i nostri condizionamenti ci renderà capaci di pensare e costruire una società migliore. Per questo libro ho incontrato persone impegnate per una società più giusta che mi hanno aiutato a capire meglio la complessità del mondo. Grazie a loro nasce questa riflessione sulle origini e sullo sviluppo della disuguaglianza e la certezza che il futuro dipenderà dalla nostra attitudine a riconoscere che tutte le culture partecipano a quell'insieme che è l'uomo". (Lilian Thuram)