
In queste pagine sono raccolte le relazioni presentate nel convegno Maestri a Confronto, organizzato congiuntamente da AIPA, ARPA e CIPA a Torino il 13 ottobre 2012 in ricordo di James Hillman e Mario Trevi, recentemente scomparsi. Un convegno che rappresenta il punto di partenza dello sforzo congiunto delle tre principali associazioni junghiane italiane aderenti allo IAAP nel ricreare le condizioni per un dialogo costruttivo, che parta proprio dall'accettazione delle diversità esistenti nel panorama junghiano e le accolga come un valore aggiunto, una possibilità di molteplici letture, da punti di vista differenti, della medesima realtà. È questo il back ground del confronto, qui proposto, tra due maestri che hanno declinato la loro identità junghiana in modo molto diverso, restando però sempre fedeli ai valori che ci definiscono. In particolare, ambedue gli autori rimandano a un modo di essere junghiani dopo Jung: essi hanno aperto prospettive nuove e significative, sviluppando aspetti parziali del complesso e a volte contraddittorio corpus teorico del Maestro. Ambedue hanno cercato, pur in modi diversi, di traghettare il pensiero junghiano nel terzo millennio, rimodulando gli aspetti che fanno di Jung un pensatore del Novecento. Hillman e Trevi parlano all'uomo postmoderno, un uomo cioè che ha perso fiducia in ogni verità assoluta, ed è costretto a convivere con verità parziali, contestuali.
Il capitano di un vecchio battello è al suo ultimo viaggio. Sottocoperta un carico di uomini, donne, bambini aspetta di arrivare alle coste italiane. Fra echi biblici e leggende di mare Erri De Luca narra una storia senza tempo calandola nelle vicende di oggi. Un testo scritto per il teatro che ha l'andamento di un racconto.
Uno dei più bei racconti della Bibbia è il soggetto di quest’appassionante musical lirico-rock in due tempi: la storia di Giuseppe, venduto dai fratelli e portato in Egitto, che si riscatta grazie alla sua fede e alla
sua capacità d’interpretare i sogni. È la grande saga della famiglia di Giacobbe che, con le sue dinamiche di relazione, ripropone i temi fondamentali dell’amore, dell’odio e del perdono, ed evidenzia problematiche sociali (fame, carestia, schiavitù, emigrazione) di grande interesse e attualità.
Gli autori sono già noti per il fortunato musical Forza venite gente: Giampaolo Belardinelli per le musiche, evocative, d’ispirazione epica, con momenti sia di grande pathos, sia di leggero umorismo; Pietro Castellacci per il copione, che presenta un andamento brillante e uno stile asciutto e scorrevole.
Questo spartito copione comprende l’opera completa: il testo teatrale, i testi delle canzoni e gli spartiti.
CONTENUTO DELLO SPARTITO COPIONE
• Copione teatrale, testi e musiche delle canzoni.
TITOLI CANZONI
PRIMO TEMPO: E la storia cominciò - Nel respiro della notte - Una grande famiglia - Siamo figli di Giacobbe - Questo vestito bellissimo - Il sogno di Giuseppe - Venduto - La veste insanguinata - Son Putifarre - Carino - Mi dispiace mia signora - E sognerai - Dentro c’è quella forza.
SECONDO TEMPO: Notte terribile - Sette vacche grasse - È tutta un sogno la vita mia - Anni sette o giù di lì - Carestia - Ma che sole che c’è - Nel nostro passato - E allora io perdonerò - Un padre per me.
AUTORI
Pietro Castellacci. Autore e regista in diversi campi dello spettacolo, ha scritto numerose opere di cabaret e teatro. Tra queste, si ricorda la sua collaborazione alla commedia Forza venite gente, che ha ottenuto più di trent’anni di repliche in tutta Italia. Ha partecipato come autore a numerosi programmi per radio e TV, in particolare varietà e originali televisivi. Tra le trasmissioni di successo, si ricordano Villa Arzilla, La sai l’ultima?, Champagne, Rose rosse.
Giampaolo Belardinelli. Storico dell’arte, ha esordito come compositore musicando poesie di autori italiani e stranieri con il gruppo La stanza della musica e pubblicando con la RCA e la PolyGram. Fondamentale è stata la sua partecipazione in Forza venite gente, di cui è stato uno dei padri fondatori, firmando alcuni dei brani più significativi. A partire da quest’opera è emersa la sua vocazione per il musical, che si è concretizzata in numerosi lavori teatrali, molti dei quali pubblicati da Paoline Audiovisivi.
Il simbolismo della risurrezione nell'arte cristiana, da quella paleocristiana al rinascimento. Una ricerca accurata tra opere note e meno note, che passa in rassegna i numerosissimi simboli che, nelle diverse epoche, gli artisti hanno scelto per rappresentare questa verità di fede: dalla fenice all'uovo, dal monogramma ai diversi simboli animali. Un percorso al tempo stesso di arte e di fede. Tra arte e fede: i simboli della Risurrezione.
Si tratta di un libro-intervista, dedicato a una star della lirica internazionale. Daniela Dessì, nata a Genova nel 1957, è uno dei soprani più importanti a livello internazionale e il soprano italiano più famoso nel mondo. È interprete di riferimento per il repertorio verdiano, pucciniano e verista. Voce splendida, tecnica impeccabile e istinto drammatico, ha al suo attivo oltre 70 titoli operistici. Ha ricevuto nel 2008 il Premio Abbiati, riconoscimento della critica musicale italiana, nel 2011 il prestigioso Premio Belcanto "Celletti" come "soprano assoluto" e nel 2013 l'International Opera Award (Oscar della lirica). Ha collaborato con direttori come Karajan, Giulini, Maazel, Levine, Muti, Abbado, Chailly, Metha, e con registi come Ronconi, Strehler e Zeffirelli. Ha cantato con nomi famosi, tra cui Domingo, Pavarotti. Vive a Gussago (Brescia). I cinque capitoli, corredati da una biografia e una discografia aggiornata, ripercorrono l'infanzia e la scoperta della vocazione alla lirica; la nascita del suo repertorio attraverso l'incontro con i grandi musicisti e la sua affermazione sulla scena lirica, attraverso la collaborazione con celebri cantanti, direttori e registi; e, da ultimo, la sua vita familiare e il suo percorso spirituale. Il taglio è divulgativo, volutamente discorsivo e tra i temi trattati vi sono le nuove leve della lirica, l'arte dell'interpretazione e il rapporto con il pubblico.
L'opera d'arte "è una cosa concreta e tuttavia scaturita dal più eletto livello della dimensione del pensiero creativo. Il più deciso nemico della concezione dell'arte quale orpello o ornamento inutile se non nocivo e dispersivo è lo storico dell'arte". Il titolo che porta questo agile viaggio nell'attività di chi produsse arte, da Giotto a Caravaggio, mette volutamente l'enfasi sulla parola "mestiere". La storia che qui si intende fare è infatti quella dell'evoluzione del lavoro dell'artista, nella fabbricazione del capolavoro che "nasce sempre, dalla preistoria ad oggi, con una finalità specifica, che può essere, di volta in volta, di carattere pratico, simbolico, allegorico, economico, filosofico, decorativo"; in una formidabile galleria di personaggi grandissimi e di moltissimi dimenticati: dove cioè meglio sono rintracciabili contesti e circostanze, abitudini e tecniche, culture e ambienti, condizioni psicologiche, posizioni religiose e politiche. E l'arco temporale scelto è quello dall'Umanesimo e dal Rinascimento fino alla fine del Seicento, l'epoca in cui, dimostra l'autore, l'unità tra la competenza tecnica e la sostanza espressiva caratterizzava tipicamente e meravigliosamente il mestiere dell'artista. L'analisi di Claudio Strinati, nel modo colloquiale in cui si svolge, insegue dunque lo spostarsi di un punto di equilibrio o di sintesi. Quello tra l'efficacia pratica e la finalità da un lato; e dall'altro l'idea di verità e di bellezza che un'arte incarna...
Quella di Nicola Piovani è una vita nel segno della musica, e degli incontri che la musica ha reso possibili: con Ennio Morricone, Manos Hadjidakis; con il pubblico che lo ha ascoltato dal vivo negli auditorium, nei teatri, con i registi come Federico Fellini e Mario Monicelli. Ma se "la musica è pericolosa", come diceva Fellini, è un pericolo che vale la pena correre perché regala inaspettati scampoli di divinità. In queste pagine, Nicola Piovani ricorda com'è cambiata la sua vita con l'arrivo in casa della rivoluzionaria Lesaphon Perla, la fonovaligia acquistata per le feste da ballo di suo fratello. Racconta come sono nate molte delle sue musiche, come "La banda del pinzimonio" composta per Roberto Benigni, la combinazione mi-fa-sol di "Il bombarolo" scritta per Fabrizio De André o la canzone "Quanto t'ho amato", scritta con l'amato amico Vincenzo Cerami. Ma racconta anche gli scherzi goliardici che si concedeva con Gigi Magni, come quello di approntare un testo provvisorio per la metrica di una nuova lirica di "I sette re di Roma" usando il turpiloquio al posto dei numeri. Prende forma così una "vita cantabile" dove la musica diventa un pretesto per parlare della vita, e dove la vita si lascia agganciare proprio in quei momenti in cui un'aria, una combinazione di suoni, il fragore di una banda o l'audacia di un'orchestra hanno saputo toccarci il cuore e dirci qualcosa di più su questa rocambolesca avventura di essere musicalmente al mondo.
Catalogo di una collezione straordinaria, il volume indicizza circa 140 pubblicazioni a stampa che contengono vedute e carte geografiche del territorio italiano. Costituisce, insieme al primo volume ancora disponibile, la più completa catalogazione di questo tipo. Di ogni titolo è riportata la completa dicitura comprensiva di sottotitoli, occhielli, frontespizi, incisi, anteporte, oltre all'elenco completo delle vedute e carte geografiche contenute all'interno. Il volume è decorato dalle riproduzioni di oltre 80 frontespizi illustrati e tipografici e contiene gli indici sia del secondo volume sia dell'opera complessiva.
Da quando è uscito il primo "Dizionario delle cose perdute", Francesco Guccini non può fare un passo, per strada, senza che qualcuno lo fermi per suggerirgli con entusiasmo e commozione qualche oggetto "del tempo andato" che merita di essere ripescato dal veloce oblio dei nostri anni e celebrato dalla sua penna. Dall'idrolitina ai calendarietti profumati dei barbieri, dal temibile gioco del Traforo alle cabine telefoniche, dal deflettore all'autoradio passando per i "luoghi comodi" e i vespasiani, le letterine di Natale piene di buoni propositi da mettere sotto il piatto del babbo, le osterie (quelle vere, senza la H davanti per darsi un tono) e molto altro, Guccini torna a scavare nel passato che ha vissuto in prima persona per riportarcelo intatto e pieno di sapore. E con questo suo catalogo delle cose perdute dà vita a un personalissimo genere letterario nel quale l'estro del cantautore - capace di condensare in poche strofe un universo intero di emozioni -, la sua passione storica e filologica e la sua vena poetica trovano sintesi piena: regalandoci pagine in cui ogni oggetto, ogni situazione, suscita intorno a sé un intero mondo, sempre illuminato dalla luce di un'insuperabile ironia.
Ci sono occasioni in cui non serve essere un addetto ai lavori per comprendere a fondo un'opera d'arte. Specie se quello a cui si mira non è tanto l'analisi di una tecnica o l'esegesi di un significato, quanto piuttosto la ricostruzione di una grammatica del pensiero. Di Jonathan Littell conoscevamo finora il registro narrativo (il monumentale "Le Benevole"), saggistico ("Il secco e l'umido") e quello del reportage, giocato anch'esso sul filo della narrazione in continuo dialogo però con una realtà spesso atroce e complessa (i taccuini ceceni e siriani). "Trittico" ci propone un nuovo volto dello scrittore, che non contraddice i precedenti ma anzi li integra grazie a un serrato confronto, emozionale e stilistico, con le immagini. E non con immagini qualsiasi, ma con quelle della pittura di Francis Bacon, un artista che ha affrontato, con una tecnica inconfondibile e unica, molti dei fantasmi della modernità, dall'angoscia all'incomunicabilità, e soprattutto il grande tema del corpo. Bacon è anzitutto un pittore di figure deformate che sono in realtà specchio dei fantasmi interiori. Armato di un amore intenso per la sua opera, di un'intelligenza acuta e supportato da uno studio approfondito, Littell articola la riflessione sulla vita e sulle opere di Bacon attraverso tre diversi punti di vista, regalandoci così il suo personalissimo "Trittico".
Perché gli angeli hanno le ali e i diavoli le corna? Perché un santo è identificato con determinate caratteristiche e non altre? Come è possibile riconoscere i diversi santi nei dipinti? Questo libro propone un'indagine sul significato delle immagini, tracciando un percorso dal Paradiso all'Inferno e ritorno. Una guida essenzialmente visiva, un "invito alla lettura" per imparare a decifrare il messaggio dei capolavori della pittura che raffigurano scene sacre. Una ricca raccolta di informazioni, dati, notizie su ogni singolo tema, per capire la forma e il significato delle creature dell'aldilà - angeli e arcangeli, demoni, animali diabolici e infine i santi la loro natura, il loro aspetto e il culto di cui sono stati oggetto da parte degli uomini nei diversi momenti della storia.
La situazione che al giorno d'oggi gli studenti di canto devono affrontare è paradossale: nell'apprendimento del canto i problemi vocali più seri sono causati o aggravati proprio da quelle tecniche vocali che invece, teoricamente, dovrebbero impedirli. La causa proviene soprattutto dalle derivazioni e dalle esasperazioni del metodo di Manuel Garcia. Demolire quest'impalcatura che soffoca la voce, inducendo un controllo esterno e grossolano, deve diventare lo scopo primario di una didattica vocale seria che voglia aspirare ad essere vera "scienza del canto" e non fantascienza tecnico-vocale.