Il Cinquecento fu un secolo straordinario che vide l'affermarsi del pieno Rinascimento, fondamento della società "moderna". Attraverso l'analisi delle tematiche, delle tecniche artistiche, dei centri di produzione, delle biografie di sessanta artisti, il volume presenta l'arte europea cinquecentesca nelle sue diverse sfaccettature e prende in esame opere di maestri come Raffaello, Michelangelo, Tiziano, Correggio, Dürer, el Greco, Bruegel.
Marco Benefial (1684-1764) fu tra i più famosi artisti del suo secolo; il solo pittore romano del Settecento a essere onorato con un busto nel Pantheon. In seguito il suo nome ha subito la sorte di tutta l'arte della sua epoca ed è caduto nell'oblio. Questa monografia esamina la sua figura e la sua opera in rapporto alla cultura del Settecento romano ed europeo e ne ricostruisce la biografia sulla base dei documenti d'archivio, delle testimonianze storiche e letterarie, della storiografia artistica a lui dedicata. Ne vengono illustrati la formazione e gli esordi, le opere della maturità, i rapporti con l'Accademia romana l'attività ritrattistica.
Il volume presenta una raccolta di saggi che affrontano una serie di argomenti o di case studies particolarmente significativi per la problematica della policromia della scultura antica. Si tratta di saggi filologici, di storia della recezione di analisi sia archeologiche che archeometriche, che - tessera dopo tessera - iniziano a disegnare un mosaico che non può che colpire già il pubblico più vasto, che quello degli specialisti di arte antica. Nonostante esistano alcuni nobili precedenti, l'archeologia del XX secolo aveva sostanzialmente trascurato questo campo di studi, adagiandosi in una sorta di neoclassicismo semplificato.
Attraverso un rigoroso metodo interdisciplinare, Stefani delinea il percorso pittorico del Canova che si svolge all'insegna di Eros e Thanatos, con fasi intermedie dedicate alla ritrattistica, alla grazia sublime della danza e ad alcuni "dialoghi" tra Muse, poeti e filosofi. Le ormai famose dicotomie canoviane emergono da un lato nell'esaltazione della bellezza e della grazia femminile, con evidenti impulsi erotici, appena attenuati da assunzioni stilistiche di chiara matrice manieristica e winckelmanniana, dall'altro con richiami alle cupe ombre di un mondo notturno e visionario.
"Nell'agosto del 1910, a Murnau in Baviera, Wassily Kandinsky termina uno degli scritti più singolari del secolo. Si intitola "Lo spirituale nell'arte". Non è una dichiarazione di poetica, non è un trattato di estetica, non è un manuale di tecnica pittorica. È un libro di profezie laiche, in cui misticismo e filosofia dell'arte, meditazioni metafisiche e segreti artigianali si sovrappongono e si confondono, nel presentimento di un'arte nuova. L'aurora della pittura, che Kandinsky crede di annunciare, si riverbera anche sulle sue pagine, che ci appaiono insieme incerte e perentorie, divise tra ombra e chiarore." (Dalla postfazione di Elena Pontiggia)
Josè Monleón (Tavernes de la Valldigna, 1927) dirige la rivista Primer Acto e la fondazione Instituto Internacional del Teatro Mediterráneo (IITM). Autore di numerosi libri e presentazioni, ha partecipato all'attività editoriale di oltre mezzo secolo, con diverse opere che si collocano nel quadro del dialogo mediterraneo. È inoltre intervenuto in numerosi congressi dell'IITM svoltisi nelle principali città mediterranee d'Europa e del mondo arabo.
Francesco Primaticcio (Bologna 1504-Parigi 1570) è stato, dopo un'esperienza nella Mantova gonzaghesca, il più grande creatore della scuola di Fontainebleau. Impiegato da ben quattro sovrani, da Francesco I a Carlo IX, Primaticcio incarna il trionfo della rinascenza francese e la quintessenza del manierismo italiano. Infaticabile ed estroso disegnatore, pittore, scultore, egli darà forma a uno dei più straordinari cicli decorativi della storia dell'arte, dove si incontrano ideale, illusione, artificio, audacia e seduzione. Attraverso numerosi disegni e alcuni dei pochi dipinti superstiti, la mostra bolognese documenta lo straordinario percorso creativo di Primaticcio.
"Come nascono i miei progetti? Ascolto le pietre. Colgo i volti intorno a me. Cerco di costruire ponti verso il futuro fissando il passato con occhi limpidi. Sono ispirato dalla luce, dal suono, da spiriti invisibili, dalla netta coscienza del luogo e dal rispetto per la storia." Vulcanico, poetico, iconoclasta, capace di raffinate collisioni tra elementi tradizionalmente inconciliabili, Daniel Libeskind racconta in questo libro, originale fusione di autobiografia e riflessione sull'architettura, qual è il suo rapporto con lo spazio, la città, l'animo umano.
Che cos’è un genere cinematografico? Come far dialogare una tradizione, che è insieme di contenuto, produttiva e teorica, con le tensioni e i problemi che il cinema contemporaneo mette in campo a proposito della nozione di genere? Qual è la differenza tra il ‘genere’ di La grande rapina al treno e quello di Guerre stellari, tra Il cappello a cilindro e Cocktail? Il testo di Rick Altman si pone come punto di riferimento imprescindibile per il dibattito sui generi cinematografici, rispondendo a queste domande con l’obiettivo di riorientare le riflessioni sulla produzione e la ricezione dei nuovi generi e di stabilire una continuità con le codificazioni del cinema classico. Il punto di partenza è la messa in discussione della nozione stessa di genere, dapprima con una ricognizione storica che muove da Aristotele fino a Wittgenstein, in secondo luogo ripensando e distaccandosi dalle più recenti teorie sui generi cinematografici. L’aspetto più innovativo di tale posizione consiste nella scelta di rinunciare a costruire un ‘sistema’ tassonomico dei generi cinematografici esaminando i luoghi e i soggetti (molteplici ed eterogenei) della loro reale definizione.
I generi, infatti, vengono elaborati, agiscono e si sedimentano nelle conoscenze culturali di un particolare gruppo sociale. Proprio l’indagine di questa comunità conduce Altman a evidenziare i differenti ambiti e i processi all’interno dei quali il concetto di genere prende forma e si modifica: attraverso le pratiche delle istituzioni produttive; nell’ampio e variegato campo dei paratesti cinematografici; negli orizzonti di attese e nei relativi meccanismi interpretativi degli spettatori o nella costituzione di comunità trasversali da parte degli spettatori stessi. Fino a descrivere, con attenzione e immediata chiarezza, la stretta connessione tra produzione cinematografica, pubblico e critica, illustrata grazie allo studio delle dinamiche e dei discorsi sociali che si intersecano intorno a celebri casi cinematografici.
Rick Altman è professore di French and Film Studies, Comparative Literature e Communication Studies presso l’Università dello Iowa. Tra le sue pubblicazioni: The American Film Musical (Bloomington 1986) e Sound Theory/Sound Practice (New York 1992).
Il libro dedicato più di vent'anni fa da Pierre Grimal alla storia del giardino costituisce ancor oggi una chiave d'accesso essenziale a uno dei temi cruciali della nostra storia culturale. Luogo deputato dell'incontro tra natura e artefatto, il giardino è il filtro simbolico attraverso il quale gli uomini hanno sempre cercato di configurare il loro stesso rapporto con la natura. "L'uomo - è stato scritto - nasce in un giardino. Tutte le leggende collocano il luogo d'origine dell'umanità in un recinto protetto, nel grembo materno che custodisce la vita". Da quella idea originaria si sviluppa tutta una serie di impianti e modelli che sono il portato diretto delle diverse culture civili che le hanno di volta in volta prodotte.
Da Van Gogh a Picasso, da David a Boccioni, da De Pisis a Clemente: Alberto Boatto ripercorre la storia dell'autoritratto dall'inizio del moderno fino al suo tramonto. Il volume, qui proposto in una nuova edizione arricchita di nuovi profili e nuove immagini, è suddiviso in due parti: nella prima l'autore risponde alla domanda "che cos'è un autoritratto?"; nella seconda presenta circa novanta autoritratti, commentandoli e interpretandoli.