
Le immagini in movimento continuano a costellare la nostra vita quotidiana, immersa in una miriade di schermi - grandi e piccoli, fissi e mobili, personali e collettivi - e in un flusso ininterrotto di narrazioni audiovisive.Anche i discorsi e le riflessioni sul cinema e sui film non cessano di animare il dibattito culturale contemporaneo coinvolgendo un gran numero di istituzioni (accademiche e non), appassionati di cinema e semplici spettatori. Se, da un lato, i film rappresentano da sempre le tendenze e le tensioni sociali della nostra cultura, dall'altro le teorie del cinema riflettono sempre più l'incontro (e lo scontro) fra differenti visioni del mondo e della conoscenza. Questa antologia presenta per la prima volta in italiano i contributi dei più autorevoli e originali rappresentanti dei film studies degli ultimi quindici anni. L'idea di fondo è che la riflessione sul cinema e sull'audiovisivo non si svolga in un perimetro chiuso e invalicabile, ma in aperto dialogo con altre discipline: con la filosofia, intorno al concetto di esperienza; con le scienze sperimentali, a proposito del concetto di organismo; con la teoria dei media, rispetto al concetto di dispositivo. Un'articolata introduzione e una postfazione intenzionalmente provocatoria permettono al lettore di comprendere "dal vivo" come il pensiero sul cinema, nei suoi rizomatici mutamenti, sia fondamentale per interpretare la complessità dell'esperienza mediale contemporanea.
Il pictorial turn è la “svolta” epistemologica che pone lo studio delle immagini sullo stesso piano di quello del linguaggio. Il libro, in una nuova edizione completamente rivista e aggiornata, presenta al pubblico italiano i testi più rappresentativi di uno dei massimi protagonisti dei visual studies contemporanei. A fronte di una raffinata elaborazione teorica, l’autore non perde mai di vista il significato che le immagini hanno per la cultura contemporanea.
I saggi qui raccolti pongono le basi di una “scienza delle immagini” che possa dialogare con le discipline tradizionali della storia dell’arte, della semiotica visiva e dell’estetica.
Questo studio sull'estetica di ispirazione tomista, animato dall'intento di riattualizzarla, ebbe una irradiazione considerevole nell'ambiente degli artisti, dei filosofi e dei teologi, in quella temperie spiritualmente e culturalmente fecondissima e fermentante della Parigi degli anni Venti, tra le "sperimentazioni" di Jean Cocteau, l'arte di Henri Ghéon, di Francis Jammes e di Max Jacob, la pittura di Georges Rouault, quella di Gino Severini e l'avanguardia musicale di Erik Satie, di Arthur Lourié, di Francis Poulenc, di Georges Auric, di Darius Milhaud, di Igor Stravinskij. In un mondo così caleidoscopicamente "anarchico", le chiare distinzioni concettuali e il senso del mistero del soggetto umano nel suo "fare" artistico, propri dell'estetica che si riallaccia a san Tommaso - attraverso l'intelligenza vigorosa e la sensibilità artistica di Jacques Maritain, affinata dalla consuetudine con la delicata poesia religiosa di Raissa - stabiliscono un ordine profondo e organico, al di là delle artificiose "sistemazioni" ideologiche.
Léonard Cohen che scrive poesie su una Lettera 22, seduto al tavolino di una stanza gelida. Léonard Cohen in abito fumé, che alza il fedora di feltro per salutare la sua band. Cohen in un monastero zen, conosciuto da tutti i monaci come Jikan, «il Silenzioso». Léonard Cohen in Grecia, mentre lavora a un romanzo sotto lsd. Cohen a Montreal, Cohen a Londra e a New York. Cohen l'ebreo che canta un Cristo marinaio. Cohen e il suo sguardo dolce, Cohen gentiluomo. Cohen disperato. Cohen dalla voce tenebrosa e dorata, Cohen alcolizzato. Cohen figlio di un sarto, Cohen portavoce di ogni uomo perduto. Cohen e un amore finito. Cohen con Janis Joplin, su un letto sfatto del Chelsea Hotel. Cohen e Marianne. Cohen e Suzanne. La vita di Léonard Cohen è stata un cammino di gloria e tormento, di sconfitta, eleganza e fragile bellezza. Il suo esordio come cantautore è arrivato solamente a trentatré anni, dopo tre raccolte di poesie e due romanzi acclamati dalla critica e ignorati dal grande pubblico. Cucendo insieme musica e parole ha creato la sua arte, fatta di suoni vellutati e canti dall'abisso, di tradimenti, addii, di morte e desiderio, di impermeabili blu e uccelli sul filo. Ha dato voce a chi si consumava nell'attesa, ha sussurrato di misticismo, malinconia, di sesso e solitudine ; ha alzato il suo Hallelujah verso un mondo sacro e distrutto, sporco e incantato. Ha dato forma all'amore come redenzione, promessa non mantenuta, vortice in cui sprofondare, lasciando canzoni nate dall'assenza e dalla privazione, poesie scure come la cenere depositata dal fuoco ardente ma effimero del tempo. "Il modo di dire addio" è il libro in cui Léonard Cohen confessa in prima persona la propria vita e la propria arte. Attraverso decine di interviste inedite in Italia - accompagnate da una lettera in cui Francesco Bianconi, autore e voce dei Baustelle, racconta il suo Cohen più intimo, costantemente in bilico tra esistenza e poesia - scorrono cinquant'anni di episodi e brani indimenticabili, da «Suzanne» a «I'm your man». E si svela a poco a poco il complesso mondo interiore di un uomo per cui la depressione è sempre stata una realtà quotidiana con cui lottare, un mare scuro da cui emergevano in superficie le sue canzoni, perché ogni sua parola era un'esplosione di luce.
Tom Hanks ha cominciato a scrivere questa raccolta di racconti nel 2015. “Nel frattempo ho girato film a New York, Berlino, Budapest e Atlanta e ho sempre scritto mentre lavoravo. Ho scritto in albergo durante i tour di lancio dei film. Ho scritto in vacanza. Ho scritto sugli aerei, a casa, e nel mio studio. Quando ho potuto permettermi un impegno regolare ho scritto la mattina, dalle nove all’una.” A scatenarlo così la passione per le macchine per scrivere – le colleziona da tempo – che si è trasformata in passione per le storie sulle macchine per scrivere: Hanks ha anche creato un’app, Hanx Writer, che simula sul telefono o su un pad la scrittura e il suono di una macchina per scrivere e non dà la possibilità di correggere gli errori. In questi diciassette racconti la presenza dell’oggetto tanto amato è forte e chiara, sia per la vista che per l’udito. Che cos’hanno in comune una ragazza che non sa cosa fare di sé, un uomo anziano ricchissimo e annoiato, in cerca di emozioni da pagare a suon di milioni di dollari, un giocatore di bowling capace di compiere un’impresa incredibile, una guardinga neodivorziata che trasloca in un quartiere nuovo coi suoi due bambini, un immigrato sopravvissuto a una guerra alle prese con la ferocia e la solidarietà di New York? Una macchina per scrivere, appunto. Che ticchetta in sottofondo, segnando il passo di una prosa sicura e sfaccettata. “Ciascuna macchina per scrivere imprime nella carta una traccia permanente dell’immaginazione attraverso tasti, martelletti, stoffa e inchiostro: una versione più morbida dell’incidere le parole nella pietra.”
Il viaggio di un curioso attraverso alcuni momenti della storia, dell'arte e del carattere del nostro paese. Philippe Daverio ci offre un'originale chiave di lettura dell'italia e degli italiani di oggi.
Per quale motivo gli italiani sono così diversi dai cittadini d’oltralpe?
Con questa “autobiografia di un alsaziano che riscopre le proprie origini lombarde”, Philippe Daverio cerca di spiegare il nostro Paese a tutti gli stranieri che ci osservano stupiti, ma anche − soprattutto − a molti italiani. Ci racconta così di come le lotte intestine fra guelfi e ghibellini, la presenza del Papato, la frequenza dei terremoti hanno dato forma alla nostra mente e al territorio, di come il Sud si senta l'”ombelico del mondo” e di come i Savoia sono diventati re d’Italia. Attraverso i suoi occhiali di cittadino europeo per nascita e per vocazione, l’autore spiega inoltre tramite dicotomie le peculiarità e le differenze fra l’Italia e il resto del continente, ad esempio i concetti di “principe” e di “re” o di “campanile” e di “Heimat”. Un’indagine da “antropologo culturale”, divertente e piena di spunti inediti, che, anche attraverso le immagini, parte dalla storia e dalla storia dell’arte per rileggere la realtà di oggi e analizzare vizi e virtù del nostro Paese.
Che cosa vuol dire veramente “amare”?
È dedizione, crescita, esplorazione, conoscenza, passione, condivisione? L’amore ci aiuta a capire il significato del tempo, e non perché duri per sempre ma semplicemente perché ci consente di avere una diversa percezione della durata della nostra vita. Da sempre gli uomini studiano come allungare la vita, mentre bisognerebbe allargarla. In fondo, il tempo non è altro che un’emozione, e l’amore ci aiuta a rendere i suoi attimi più larghi.
Torna, per l’undicesima volta e dopo tre anni dall’ultima uscita, il più noto e amato Dizionario dei film: enciclopedico nel rigore e nella quantità di dati, efficace, divertente e rapido nella lettura, l’opera di Mereghetti è arricchita di oltre 3.000 nuove schede.
Il dizionario dei film 2017, si candida come l’unico vero strumento per chi segue il cinema e ne ama le curiosità e le sottili storie nascoste nelle vite dei suoi protagonisti, scoprendo percorsi di lettura e di visione straordinari.
Uno strumento unico, completo e imprescindibile.
oltre 6000 pagine
30.000 schede
56 percorsi tematici
indice di titoli originali per 20.000 voci
indice degli attori per 48.000 voci
indice dei registi per 9500 voci
Questo è un viaggio nel cuore della più bella stagione del fotogiornalismo internazionale. Da Parigi a Londra, da New York a Roma, da Budapest a Mosca, da Kabul alle pianure della Cambogia, Mario Dondero svela le storie che stanno dietro le fotografie sue e di altri, il confronto con mostri sacri come Robert Capa, i grandi eventi del XX secolo, dalla guerra di Spagna alla Grande Depressione americana, dalla caduta del muro di Berlino alla guerra in Iraq. Nelle sue parole sottili, ironiche, appassionate, scopriremo chi sono stati i primi fotoreporter, i primi creatori di agenzie, le ferree regole del mercato e quello che impongono. Ma, soprattutto, troveremo cosa rende straordinario il mestiere del fotoreporter, lo spirito nomade, il misto di adrenalina e paura nelle situazioni di pericolo, l'impegno civile, la curiosità per l'altro. Una storia ricca di persone e umanità, la vera cifra della migliore fotografia perché "non è che a me le persone interessino per fotografarle, mi interessano perché esistono. Diversamente, il fotogiornalismo sarebbe soltanto una sequenza di scatti senz'anima."
Il genio di Leonardo è universalmente noto. Il suo mito, tuttavia, ha spesso messo in ombra la vita di un uomo tormentato, dotato di un acuto spirito di osservazione, in conflitto con il sapere istituzionale e dedito a indagare ogni fenomeno naturale. Pittore, scultore, architetto, scienziato, musico, ingegnere: le tante vite di Leonardo sono raccontate da Antonio Forcellino con passione. Una biografia ricca, documenti d’archivio e scritti scientifici arricchiscono il volume: un testo di critica attuale e uno studio approfondito.
Leonardo. Genio senza paceè dedicato a tutti coloro che desiderano avvicinarsi a una delle più misteriose figure europee del passato. Carlotta Venegoni, “Il Giornale dell’Arte”
Il mito, l’uomo, che nelle premesse ai suoi scritti si definì provocatoriamente «omo sanza lettere», può essere oggi decifrato dal restauro dei suoi grandi capolavori. L’analisi dell’opera pittorica, la comprensione del dettaglio della sua tecnica compositiva, sono infatti una chiave fondamentale per comprendere la personalità del genio.
«Ne li occhi di Maria tutta la malinconia e la pena di me medesimo che pigliami a sera isguardando lo mare da la finestra» immagina Andrea Camilleri che Caravaggio annoti sul suo diario a Messina mentre dipinge l'«Adorazione dei pastori», uno dei suoi capolavori in una Sicilia dove dipinge un'altra «Natività» che sarebbe poi stata trafugata dalla mafia. In occasione della grande mostra «Dentro Caravaggio» (a Palazzo Reale a Milano) un piccolo libro a colori a cura di un critico cresciuto sotto l'ala di Giovanni Testori, Filippo Maria Ferro.
Concita De Gregorio ha compiuto una lunga ricognizione nel territorio della fotografia femminile interrogando, e interrogandosi, sul senso e il valore di un gesto: quello dell'autorappresentazione. "Nel cammino di studio, ricerca, selezione della fantastica galleria di autoritratti femminili, dalla fine dell'Ottocento alle giovani artiste che pubblicano oggi i loro lavori sui blog, mi sono fermata a parlare con cinque fotografe, a lungo. A tutte - Guia Besana, Silvia Camporesi, Anna Di Prospero, Simona Ghizzoni, Moira Ricci - ho chiesto delle loro fotografie; hanno risposto raccontandomi la loro storia: la famiglia, la madre, l'infanzia, la solitudine e la paura, il corpo, il sesso, i figli. Il tempo, l'ossessione del tempo: assenza, presenza. Pieno e vuoto. Cercarsi, mancarsi. Incontrare, incontrarsi. L'autoritratto è la medicina al male di vivere. Il consenso è accidentale, irrilevante. Questo lavoro è iniziato così".