
Un capolavoro assoluto come la Gioconda non è solo un quadro da ammirare affascinati dagli occhi che sembrano vivi e dalla magia del sorriso. In realtà è un viaggio nella mente e nelle emozioni di Leonardo. È una porta che si spalanca su un luogo e su un'epoca indimenticabili: Firenze (ma anche Milano, Roma, Mantova, Urbino) e il Rinascimento. Già dall'Ottocento e fino a oggi, è stato detto e scritto moltissimo su Leonardo e su Monna Lisa, un artista e un ritratto su cui si ha sempre l'impressione di non sapere abbastanza. Per andare a conoscere entrambi e svelarne l'eterno fascino, Alberto Angela ha scelto una chiave completamente nuova: lascia che sia la Gioconda a "raccontarci" Leonardo, il genio che l'ha potuta pensare e realizzare. Partendo da ogni dettaglio del quadro e ricostruendo le circostanze in cui Leonardo lo dipinse, scopriamo così che il volto della Gioconda, levigatissimo dallo sfumato, non ha ciglia né sopracciglia (un dettaglio importante nella storia narrata in queste pagine). O che il suo vestito ha molto da dirci sulla moda del tempo, ma anche sulle abitudini e sull'economia della Firenze di inizio Cinquecento. O, ancora, che le sue mani non sarebbero state possibili senza approfonditi e sorprendenti studi di anatomia. O che il segreto del paesaggio va ricercato nel nuovo tipo di prospettiva "aerea", ideato da Leonardo. La Gioconda può raccontarci queste e molte altre cose sul suo autore.
Oltre 20 anni di esplorazioni nelle parti meno note del mondo raccontate da Alberto Moravia con le immagini di Andrea Andermann. Un volume di grande formato, illustrato a colori, l'esperienza di due artisti e viaggiatori attraverso le zone più remote di Mongolia, Yemen, Africa. Alberto Moravia e Andrea Andermann per oltre 20 anni sono stati compagni di viaggio, viaggi soprattutto in Africa, in Mongolia e lo Yemen. Da queste loro esplorazioni in parti meno note del mondo, lo scrittore ha riportato le sue variazioni su tanti temi nate dalle profonde esperienze vissute in questi luoghi lontani ed il regista le sue impressioni fotografiche che vanno a ricomporsi in un insolito ed unitario racconto, in cinquecento pagine suddivise fra intense immagini e narrazioni emozionate.
Edward Hopper è il pittore americano per eccellenza, cantore di atmosfere, osservatore di luoghi, inventore di stereotipi perfettamente riconducibili al Nuovo Mondo.
Dall’inizio del secolo agli anni sessanta del Novecento la sua carriera inscena, nei dipinti così come nelle incisioni, nei disegni e negli acquerelli, uno straordinario repertorio di motivi e generi della pittura figurativa, comprendendoli di fatto tutti, forse con la sola eccezione della natura morta: ritratto, paesaggio, nudo, scena d’interno. Un percorso in grado di creare una vera e propria cifra stilistica che ha influenzato molteplici campi dell’espressione visiva, dalla pittura al cinema, dalla fotografia all’illustrazione, e poi ancora la pubblicità, la tv, le copertine di dischi e riviste, i fumetti, il merchandising.
Pubblicata in occasione dell’esposizione organizzata in collaborazione con il Whitney Museum of American Art di New York, la monografia presenta una selezione di circa sessanta opere di questa icona dell’arte americana del XX secolo e offre una panoramica dell’intero arco temporale della produzione di Hopper, dagli acquerelli parigini ai paesaggi e scorci cittadini degli anni ’50 e ’60; molti i celebri capolavori, da South Carolina Morning (1955), Second Story Sunlight (1960) e New York Interior (1921) a Le Bistro or The Wine Shop (1909) e Summer Interior (1909), dagli interessantissimi studi (come lo studio per Girlie Show del 1941) al grande quadro intitolato Soir Bleu, simbolo della solitudine e dell’alienazione umana, dipinto da Hopper nel 1914 a Parigi.
Opere che celebrano la mano di Hopper, superbo disegnatore in un percorso che attraversa l’intera sua produzione e tutte le tecniche (l’olio, l’acquerello e l’incisione) di un artista considerato oggi un grande classico della pittura del Novecento.
Preceduto dall’introduzione di Luca Beatrice (Hopperiana), il volume presenta i contributi di Carter E. Foster (Edward Hopper: dal disegno alla tela), Sasha Nicholas (La terza dimensione: le influenze europee di Hopper), il catalogo delle opere e la cronologia (a cura di Corinna Carbone).
Di tutte le tipologie di arte medievale, i manoscritti miniati sono probabilmente una delle meno accessibili al grande pubblico. Conservati perlopiù all'interno di biblioteche, questi volumi sono stati esibiti nel corso degli ultimi secoli in sale di lettura per specialisti e in sporadiche mostre ed esposizioni temporanee. Soltanto di recente le versioni digitalizzate sul web hanno ampliato in modo significativo l'accesso a queste opere. Eppure, di fatto, la pittura medievale di maggiore qualità artistica sopravvive nei libri più che in qualsiasi altro mezzo espressivo. Attraverso le illustrazioni del volume si viene trasportati in un viaggio di mille anni, concentrato soprattutto nel periodo medievale, ma capace di restituire la costanza nella produzione di manoscritti miniati della Bibbia in alcune tradizioni fino all'alba dell'era moderna. Dal punto di vista geografico si attraverseranno molti dei più importanti centri del mondo cristiano. Partendo da Costantinopoli, a Oriente, il viaggio si sposta a Lindisfarne al nord, nella Aquisgrana imperiale, fino a Canterbury, poi nella Tours carolingia. Proseguendo, vedremo alcune delle ricchezze di Winchester, della Spagna, di Gerusalemme, della valle della Mosa, dell'Iraq settentrionale, di Parigi, Londra, Bologna, Napoli, della Bulgaria, dei Paesi Bassi, di Roma e della Persia. Un viaggio che termina a Gondar, la capitale dell'Etiopia imperiale.
Questo volume propone un’analisi sul senso delle icone cristiane russe da un punto di vista filosofico e artistico. Attraverso un esame del pensiero dei filosofi religiosi russi, e in particolare di Pavel Florenskij, vengono
affrontate le questioni del valore artistico dell’icona in relazione all’arte occidentale, il tema della prospettiva rovesciata e della più generale appartenenza dell’icona al mondo culturale russo. Il volume è s corredato di un’ampia sezione di immagini.
Jheronimus Bosch (ca. 1450-1516) è colto sovente come uno degli artisti più enigmatici degli inizi dell'età moderna. Inventore di creature mostruose, ibridi grotteschi e bizzarre chimere dell'inframondo e dal mondo dei sogni, Bosch ha dato forme e volti a vizi e desideri dell'umano. "Ero ben consapevole che le sue figure di sogno erano legate al linguaggio letterario, formale e artistico della sua epoca, ma questa strabiliante esuberanza dell'immaginazione, questo incredibile accumulare dettagli anche minimi l'alto cappello dell'uomo vestito di rosso in primo piano, a sinistra, che sembra uscire dai tempi di Toulouse-Lautrec; la vorace testa di pesce tra oggetti indefinibili, ma dipinti con raffinatezza; la donna inginocchiata, in rosa, vicinissima al santo, e poi il santo stesso, che con due dita della mano destra sembra prestare giuramento - qui il mistero degli enigmi era effettivamente accresciuto senza che si intravvedesse una soluzione, a meno che la soluzione non fosse il mistero stesso, e l'unico rimedio fosse la resa." "Bosch non ci ha lasciato niente di scritto, solo immagini... Raramente un uomo divenuto invisibile ha lasciato tanto da vedere." Cees Nooteboom, a sessant'anni dal suo primo incontro con Bosch al Prado, racconta il suo viaggio verso i dipinti dell'artista a Lisbona, Madrid, Gand, Rotterdam e nella sua città natale, 's-Hertogenbosch nei Paesi Bassi.
Lauretta Colonnelli esamina in questo volume i dipinti più popolari, quelli che sono sempre sotto gli occhi di tutti: nella pubblicità, sulle scatole dei cioccolatini, sui poster, sulle copertine dei libri, nelle vetrine dei negozi. Immagini familiari, ma che pochi riconoscono come capolavori della storia dell'arte. Quasi nessuno ricorda che i due angioletti imbronciati presenti in quasi tutti i negozi per bambini furono dipinti da Raffaello ai piedi della sua Madonna Sistina. Tutti riconoscono la Gioconda di Leonardo, ma in molti sono convinti che sia dipinta su tela e che la Francia dovrebbe restituirla ai musei italiani, ai quali sarebbe stata sottratta da Napoleone. Siamo sicuri che a Tamara de Lempicka bastò una manciata di lezioni per imparare a dipingere? E quanti sono al corrente del segreto nascosto nel naso spaccato di Federico da Montefeltro, duca di Urbino, ritratto da Piero della Francesca? L'autrice raccoglie cinquanta di questi capolavori. Di ognuno racconta la storia, la vita dell'autore, e i particolari che si celano dentro l'immagine.
Chiunque abbia letto un libro di Flavio Caroli o ne abbia ascoltato una lezione o una conferenza o, ancora, abbia avuto il privilegio di farsi raccontare qualche aneddoto a proposito di uno qualsiasi dei quadri della sua collezione privata sa quanto il professore abbia sempre tratto piacere dall'arte. Puro godimento il suo anche quando l'arte l'ha raccontata davanti a una telecamera come sanno bene i telespettatori di "Che tempo che fa" che per undici anni hanno a loro volta "goduto" delle sue appassionate lezioni di storia dell'arte. Appare assolutamente logico dunque che a questo punto della sua carriera di storico dell'arte, o meglio di uomo che trae piacere dall'arte, Caroli si permetta un acuto divertissement: un libro che raccoglie e illustra in un museo strutturato in trenta sale tematiche (dall'erotismo ai misteri dell'arte, dal cibo all'amore, dalle stagioni al volto delle città, dall'amore all'arte nel cinema, dalle stagioni allo scorrere del tempo...) 200 capolavori da rubare, la collezione ideale di un amico immaginario, soprannominato "l'Innamorato". Quale altro nome poteva del resto dare il professore all'alter ego di se stesso, profondo conoscitore e pertanto attento collezionista e intelligente divulgatore di capolavori di ogni tempo?
“Ancora oggi si continua a parlare di un rapporto conflittuale tra la religione cristiana e la scienza, eppure, se vi sono stati in passato momenti di contrasto, legati a una ingenua interpretazione letterale della narrazione biblica, è innegabile che molti degli scienziati che hanno contribuito in modo determinante al progresso scientifico erano credenti e oggi la Chiesa guarda alla ricerca scientifica con fiducia mentre la teologia riflette con grande apertura su quelle conquiste, come la teoria evoluzionista, considerate un tempo inconciliabili con la fede”.
dalla prefazione di Paolo Portoghesi
Un formidabile ed originale viaggio per immagini - anche inedite - alla scoperta delle radici più autentiche della cooperazione, lette attraverso il Magistero e il profilo pastorale e umano dei Pontefici che si sono susseguiti dalla fine dell'800. Primo di tutti è Leone XIII (che attraverso l'enciclica Rerum Novarum diede impulso alla cooperazione di credito nel nostro Paese), proseguendo con i suoi successori, alcuni già assurti agli onori degli altari, come Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, fino a Papa Francesco, al quale è dedicato un capitolo molto ampio e ricco di immagini, a volte già entrate nella Storia. Una società che voglia rispettare la dignità umana non può essere edificata dal gioco di forze lasciate a se stesse, siano esse la lotta di classe o il mercato. Solo il costante impegno per la giustizia, guidato e completato dall'amore vicendevole, può costruire una società fraterna e solidale. In tale contesto, come hanno riaffermato Papa Benedetto XVI (10 dicembre 2011) e Papa Francesco (28 febbraio 2015), l'azione cooperativa rimane un esempio paradigmatico di un'economia impostata sulla logica della comunione e della fraternità. [...] Il movimento cooperativo può svolgere un ruolo esemplare e paradigmatico: «L'economia cooperativa può svolgere una funzione sociale forte ... essere protagonista del futuro di una nazione e di ciascuna comunità locale ... Può promuovere l'economia dell'onestà! Un'economia risanatrice nel mare insidioso dell'economia globale. Una vera economia promossa da persone che hanno nel cuore e nella mente soltanto il bene comune». [...] Nel ringraziare quanto il movimento cooperativo ha saputo fare, è da augurarsi che possa continuare a svolgere la sua missione, con la forza e l'ampiezza di orizzonti che gli assegna il Santo Padre e continuare ad essere un «segno della misericordia di Dio con gli uomini» (dal testo introduttivo del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano).
Nato da un amore tra una contadina e un giovane notaio, Leonardo crebbe senza ricevere un'educazione regolare. Il padre infatti si rifiutò di legittimarlo. Se questa condizione di libertà dai doveri di un apprendimento rigido e codificato fu certo ragione di grande stimolo alla sua naturale creatività, è innegabile che fu per lui anche motivo di perenne sofferenza. Un'irrefrenabile volontà di riscatto lo portò a intraprendere imprese straordinarie e talvolta troppo ambiziose. Furono il desiderio di gloria e la passione ossessiva per la conoscenza a fargli cercare protezione presso i potenti: da Lorenzo il Magnifico a Ludovico Sforza, dai governatori francesi ai potenti della Signoria veneziana, dalla litigiosa Repubblica di Firenze a Roma, al cospetto di Michelangelo e Raffaello, fino ad arrivare in Francia presso Francesco I. Il mito, l'uomo, che nelle premesse ai suoi scritti si definì provocatoriamente "omo sanza lettere", può essere oggi decifrato dal restauro dei suoi grandi capolavori. L'analisi dell'opera pittorica, la comprensione del dettaglio della sua tecnica compositiva, sono infatti una chiave fondamentale per comprendere la personalità del genio. Insieme agli scritti 'scientifici' e a una ricca documentazione d'archivio, Antonio Forcellino riannoda la storia di Leonardo, di cui il mito ha talvolta messo in ombra la realtà spesso sofferente dell'uomo e del pittore.
Il famoso iconoclasmo bizantino ha influenzato moltissimi movimenti iconoclastici, dalla riforma inglese e dalla rivoluzione francese al movimento talebano, fino all'Isis in tempi recentissimi, tutti incentrati sulla distruzione di immagini come forte dichiarazione politica. Tuttavia, esso è stato sfortunatamente frainteso: questo libro mostra quanto e perché la discussione riguardo alle immagini fosse più complicata e più interessante di quanto non si sia immaginato. Osserva il modo in cui le icone divennero così importanti, chi vi si oppose e come la controversia si risolse all'incirca tra il 680 e l'850. Molte convinzioni ormai largamente accettate riguardo all'"iconoclasmo" - ad esempio il fatto che si trattasse di un'iniziativa imperiale e della causa di una generale e diffusa distruzione di immagini, che fosse avvenuto in un periodo di ristagno culturale - si riveleranno sbagliate. Gli anni dei dibattiti sulle immagini videro infatti progressi tecnologici e mutamenti intellettuali che, accanto ad un'economia in crescita, si conclusero con l'emergere di un impero particolarmente forte e stabile: la Bisanzio medievale.