Gli Hieroglyphica di Orapollo costituiscono l'unica trattazione sistematica sui geroglifici egiziani che ci sia mai stata tramandata. E' attraverso questo testo che si è determinato il mito dell'Egitto e della sua misteriosa scrittura nella cultura e europea. Storicamente ritenuta una composizione antichissima capace di rivelare i più nascosti significati morali e religiosi, l'opera conobbe una immensa popolarità nei secoli. E' questa la prima traduzione italiana di un testo raro ma molto citato.
Se la guerra del Peloponneso è per Tucidide la più grande mai vista, l'invio di un ingente corpo di spedizione ateniese in Sicilia nel 415 ne è "l'evento più grande". Folgorato dalle proporzioni dell'impresa, acremente appassionato ai suoi retroscena politici, sgomento di fronte alla rovina della poderosa armata, Tucidide ne affronta il racconto, memore di un epico precedente: l'attacco di Serse alla Grecia e la grandiosa nerrazione erodotea. La spedizione in Sicilia è l'Iliade alla rovescia: la sconfitta della Grecia in Occidente si contrappone idealmente all'antica, mitica vittoria della Grecia in Oriente. Ancora una volta, a distanza di secoli, una immensa spedizione per mare, una guerra di conquista lontano dalla patria, un terribile assedio.
Con "Agesilao e Pompeo", Plutarco sceglie di raccontare e raffrontare le vite di due uomini abili nella virtù militare e nella gestione del potere: Agesilao re di Sparta all'inizio del IV sec. a.C., Pompeo generale e uomo politico romano vissuto nel I sec. a.C. Utilizzando come per le altre "vite parallele" il metodo della comparazione dei difetti e delle virtù dei personaggi raffigurati, Plutarco mette a fuoco le due personalità facendo emergere per contrasto i caratteri di ognuno. E' Pompeo a guadagnare la stima di Plutarco che gli riconosce la vera virtù militare e umanità, l'opportunismo e l'inganno sembrano invece a Plutarco tipici del modo di agire di Agesilao.
Il disprezzo della morte, la sopportazione del dolore e degli altri turbamenti, il modo di ottenere la felicità comportandosi con onestà e i limiti del bene e del male. Cinque trattati filosofici, scritti sotto forma di dialoghi, con i quali il celebre retore romano affronta i grandi problemi della vita.
Un Gogol privo della sua consueta ironia che deforma la realtà, crea qui un affresco epico della forza e volontà del popolo cosacco che combatte indomito contro ebrei e polacchi. Da tutta la narrazione emerge la primitiva, selvaggia natura di questo popolo, la sua natura incoercibile, la sua vitalità sfrenata. Sullo sfondo di una natura ora terribile ora bellissima, le scene si susseguono con elementare e immediata potenza; difficilmente il lettore, preso dagli eventi incalzanti, dimenticherà la forza con cui sono descritte. Introduzione di Eridano Bazzarelli. Testo russo a fronte.
"La città del sole", pubblicata in appendice alla "Politica" di Campanella, è una breve ma straordinaria opera, un dialogo poetico in cui si delinea il modello ideale di repubblica immaginata dal filosofo, modello che secondo alcuni studiosi è superiore a quello proposto nell'antichità da Platone e nel Rinascimento da Tommaso Moro. Gli abitanti della Città del Sole vivono secondo la pura legge di natura e l'armonia che c'è tra le varie parti della città deve essere la stessa che c'è tra le varie parti del corpo. In appendice viene pubblicata per la prima volta la "Questione quarta sull'ottima repubblica" in cui il filosofo contesta le obiezioni rivoltegli contro la comunione dei beni e delle donne nella sua città ideale.
Un Seneca feroce, cinico e irridente, lontano dalla seriosa gravità del filosofo, inaspettato per chi lo conosce solo dalle Lettere a Lucilio o dai Dialoghi. L'Apocolocyntosis, l'unica opera di satira politica a noi giunta dall'antichità, bizzarra mescolanza di prosa e poesia, parodia di generi alti e punte di accesa volgarità, racconta il destino ultraterreno del defunto Claudio: non apoteosi, come da prassi per gli imperatori morti, ma apocolocyntosis, cioè "inzuccamento", il processo postumo in cielo e la condanna a giocare a dadi con un bossolo forato. Il tutto scritto con una ferocia e un astio che la rendono una delle pagine più inquietanti del rapporto spesso tragico tra il potere e gli intellettuali. Rossana Mugellesi esplora nell'introduzione le particolarità dell'Apocolocyntosis e della satira menippea, genere di cui l'operetta è l'unico esempio superstite.