Un testo per chi desidera scoprire il valore che ha per un ortodosso la Divina Liturgia, attraverso la sensibilità di un letterato che non si discosta dalla Tradizione
Gogol' si reca a Roma ben nove volte durante la sua vita, in cerca di pace e di ispirazione, soggiornandovi a lungo tra il 1837 e il 1847, esponente più illustre di quella colonia russo-romana che nella prima metà dell'800 produce una vivace riflessione sulla Russia e l'Occidente, in una osmosi profonda con l'ambiente cosmopolita di Roma. Questa edizione del racconto "Roma" vuole mettere a fuoco proprio il Gogol' "romano" e "italiano", spesso trascurato e sottovalutato dalla critica. Il racconto è l'omaggio che lo scrittore russo tributa alla Roma del suo tempo e ci restituisce, con una precisione rara, una città scomparsa per sempre, ricca di elementi pittoreschi.
Un Gogol privo della sua consueta ironia che deforma la realtà, crea qui un affresco epico della forza e volontà del popolo cosacco che combatte indomito contro ebrei e polacchi. Da tutta la narrazione emerge la primitiva, selvaggia natura di questo popolo, la sua natura incoercibile, la sua vitalità sfrenata. Sullo sfondo di una natura ora terribile ora bellissima, le scene si susseguono con elementare e immediata potenza; difficilmente il lettore, preso dagli eventi incalzanti, dimenticherà la forza con cui sono descritte. Introduzione di Eridano Bazzarelli. Testo russo a fronte.
Pavel Ivanovic Cicikov viaggia attraverso la Russia comprando "anime morte", i nomi dei contadini morti dopo l'ultimo censimento sui quali i proprietari dovevano pagare le tasse fino al censimento successivo. Vuole usare quei nomi per ottenere l'assegnazione di terre concesse solo a chi poteva dimostrare di possedere un certo numero di servi della gleba. Il romanzo avrebbe dovuto comporsi di tre parti, la terza però non fu mai scritta, mentre della seconda restano solo alcuni frammenti nei quali però il quadro dei vizi e dei difetti russi appare meno fosco che nella prima parte.