Questo volume dell’«Annuario di etica» si occupa dell’utilizzo della nozione di ‘natura’ nelle etiche contemporanee e nel relativo dibattito. È facile intendere la considerevole attualità di questo tema, che è presente come questione di fondo nella maggior parte delle più significative discussioni di etica pubblica: si pensi alle questioni di bioetica e a quelle sull’ambiente, ove sono in gioco l’idea della natura umana e del suo rapporto con la natura in senso cosmologico.
Il volume è ripartito in quattro sezioni. Le prime due sono costituite da Saggi e da Contributi. I Saggi affrontano la questione a livello dei fondamenti, così come sono proposti da alcune tradizioni filosofiche viventi: etica analitica, nuove forme dell’etica kantiana, etica neoclassica, etica dei diritti. I Contributi, invece, presentano e discutono l’utilizzo dell’idea di ‘natura’ in ambiti determinati: il ‘naturalismo’ analitico, la sua critica nella teoria della ‘sopravvenienza’, la neuroetica, la bioetica, l’etica del Gender, l’ecoetica. La terza sezione del volume è costituita da un Forum di discussione tra E. Lecaldano, M. Moneti Codignola, A. Da Re, G. Cantillo. La quarta sezione è una Rassegna bibliografica, che recensisce volumi significativi sul tema dell’«Annuario».
Il volume documenta, con ricchezza teorica e tematica, che il tema della natura presente nell’etica contemporanea è un crocevia inevitabile, anzitutto a motivo della presenza sempre più incisiva della cultura e della mentalità tecno-scientifica, la cui artificialità si definisce in relazione dialettica con la naturalità. L’argomentazione morale non può evitare, perciò, di interrogarsi nuovamente se lo statuto del sapere morale non implichi un riferimento a un principio di senso e a un paradigma di valore, che chiamiamo ‘natura umana’.
L’incidenza delle nuove tecnologie sui nostri modi di vivere è ormai ben nota, tanto a livello di esperienza quotidiana, quanto come oggetto di studio delle scienze umane. Meno studiate, ma non meno significative, sono invece le conseguenze di questi processi, non solo da un punto di vista filosofico, ma più precisamente su un piano etico. Ovvero nell’individuazione di principî e criteri di comportamento capaci di guidarci nelle nostre azioni.
Che cosa si intende per realtà virtuale? In che modo possiamo o dobbiamo comportarci quando navighiamo in internet, quando chattiamo con gli amici, quando il nostro avatar si muove in Second Life? Sono solo alcuni dei quesiti a cui si cerca di dare risposta in questo nuovo numero dell’«Annuario di etica», intitolato appunto Etica del virtuale.
L’intento è approfondire e dare precise indicazioni di comportamento riguardo alla possibilità che oggi abbiamo di vivere in una dimensione che sempre più marcatamente assume i caratteri della virtualità.
Nella prima sezione del libro, «Il virtuale e l’etica», si definisce il concetto di ‘virtuale’ e si discutono i criteri di comportamento che possono essere assunti in questa nuova situazione. Nella seconda sezione, «Virtuale, naturale, artificiale: applicazioni pratiche e problemi etici», sono raccolti interventi che analizzano, sotto diverse angolature, le conseguenze e le opportunità legate alla sempre più massiccia ‘artificializzazione’ del reale. La terza sezione propone le testimonianze di ricercatori e professionisti che si confrontano quotidianamente, nella loro attività, con la portata etica dei problemi legati al mondo virtuale: da Derrick de Kerckhove a Gianluca Nicoletti, da Guglielmo Tamburrini e Giuseppe Trautteur. Chiude il volume un’utile bibliografia ragionata.
Adriano Fabris è professore ordinario di Filosofia morale all'Università di Pisa, dove insegna anche Etica della comunicazione e Filosofia delle religioni, e dirige il Master in Comunicazione pubblica e politica e il Centro interdisciplinare di ricerche sulla comunicazione (CICO). A Lugano ha promosso invece il Master in Scienza, filosofia e teologia delle religioni. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Paradossi del senso (Brescia 2002), Etica della comunicazione interculturale (Lugano 2004), Teologia e filosofia (Brescia 2004), Guida alle etiche della comunicazione (a cura di, Pisa 2004), Etica della comunicazione (Roma 2006), Senso e indifferenza (Pisa 2007).
Siamo stati abituati a pensare al mercato come al luogo in cui si dispiega solo una razionalità astratta e impersonale, misurata dagli incrementi di efficienza, produzione e profitto. In realtà, l’economia resta una forma dell’agire umano che include sempre un preciso «valore di legame» e impone scelte attraverso le quali individui e collettività possono orientarsi alla ricerca del bene comune oppure cedere alla logica della legge del più forte.
Lo scambio – lo diceva già Aristotele – è uno dei fattori decisivi per «la felicità della comunità politica». L’economia non può perciò semplicemente delegare alla politica le questioni di giustizia, specie nel momento in cui proprio la politica appare in difficoltà nell’assicurare il «governo» del mercato globalizzato con le sue evidenti asimmetrie e nei suoi paradossi. E tuttavia si pone il problema di capire quale giustizia sia in effetti possibile.
Questo secondo numero dell’Annuario di Etica affronta tale problema, muovendo da una constatazione e mettendo alla prova una tesi. La constatazione è questa: il tradizionale ruolo dello stato, come titolare e garante della «forza» della giustizia attraverso le leggi, appare profondamente logorato; da una parte le sue regole sono mal sopportate, dall’altra sono reclamate, ma invano, perché non è più questa la dimensione in cui si muovono interessi, risorse finanziarie e know-how tecnologico. La tesi è conseguente: in questa situazione di stallo, in cui facilmente crescono le disuguaglianze e si alimentano i conflitti, si deve ripartire dalla originaria natura etica del mercato. Ovvero: la dimensione comunicativa del riconoscimento e della reciprocità può e deve diventare (o tornare a essere) un fattore rilevante all’interno della funzione razionalizzatrice del calcolo del capitale. Il richiamo alla società civile non rappresenta, in questo contesto, una fuga in una riserva protetta del bene e dell’agire disinteressato, ma un modo per ripensare concretamente le radici, i luoghi e i fini della politica.
Stefano Semplici è professore associato di Etica sociale nell’Università di Roma «Tor Vergata». Fra le sue pubblicazioni più recenti, oltre a numerosi saggi e contributi sui principali temi dell’etica pubblica e applicata, Un’azienda e un’utopia. Adriano Olivetti 1945-1960 (a cura di, Bologna 2001), Il soggetto dell’ironia (Padova 2002).