Anna Coliva e Mario Codognato, curatori della mostra e autori, tra gli altri, dei saggi in catalogo, esponendo Damien Hirst nella Galleria Borghese, hanno compiuto un'operazione culturale straordinaria. L'artista inglese, assoluta e controversa celebrità del mondo artistico contemporaneo, non ha realizzato un progetto site-specific per il museo, eppure le sculture prodotte nel corso degli anni e la nuova serie dei dipinti Color Space sembrano assolutamente e indubitabilmente concepiti per legarsi alle opere, ai colori, alla materia antica e moderna che la Galleria Borghese conserva, e di cui è integralmente tessuta.
La vita del grande fotografo italoamericano, ora novantasettenne, accompagnata da alcuni suoi scatti fotografici.
Una vita trascorsa con la sua inseparabile macchina fotografica Argus C3: da fotoreporter di guerra a fotografo di moda, alla costante ricerca dell’autenticità del volto umano e della bellezza in ogni sua forma.
La fotografia ha una missione:
dare all’uomo il ricordo di una cosa
che è esistita per un secondo, o meno…
che diventa eterno.
Tony Vaccaro
Lo chiamano “il Santo di Urakami”. Fiero come un samurai nella sua etica giapponese, convinto all’ateismo come un uomo occidentale durante i suoi studi universitari di medicina, Takashi viene travolto dal fiume di fede che vive nel quartiere di Urakami, a Nagasaki. Un fiume sgorgato con l’arrivo di Francesco Saverio nel 1549, alimentato per secoli da migliaia di martiri e santi, passando per l’incredibile vicenda dei cristiani nascosti, durata oltre duecento anni.
Diventa Takashi Paolo: fino alla fine vero giapponese e intelligente medico e scienziato.
Il 9 agosto 1945 viene sganciata su Nagasaki la seconda bomba atomica della storia. Takashi Paolo è già gravemente malato di leucemia, a seguito del suo lavoro da radiologo. Decide di tornare a vivere sulle macerie del quartiere distrutto. Passa gli ultimi tre anni di vita costretto a letto, pregando per la pace, incontrando e confortando persone provenienti da tutto il Giappone, testimone di una fede e di un amore tali da vincere la devastazione della bomba atomica.
Noi dovremmo trasformare la nostra vita in poesia.
Dobbiamo scavare sotto la superficie delle cose, cercare la bellezza nascosta che è dappertutto e scoprire la gloria del creato che è intorno a noi. Allora ogni giorno diventerà una poesia.
Siamo vivi, siamo vivi e un intero giorno ci attende.
Takashi Paolo Nagai
Il volume ripropone a quarant’anni dalla pubblicazione italiana de Il potere dei senza potere (1979) e a trenta dalla sua elezione alla presidenza della Federazione Cecoslovacca (1989) il pensiero e la testimonianza di Václav Havel, facendone emergere tutta l’attualità.
La forma è quella dell’intervista (Havel, con indubbio humor, le chiamava «interrogatori a distanza» per distinguerli da quelli, numerosi, che ha subito nelle carceri ceche). Le domande sono poste oggi, le risposte sono tutte tratte, liberamente ma fedelmente, dai suoi libri.
Gli è stato chiesto di tutto: perché è diventato un dissidente, che cosa pensa della vita e della politica, dell’ideologia e della verità, dell’Est europeo e dell’Occidente, della crisi dell’uomo moderno e del suo rapporto con Dio, della fine del Patto di Varsavia e dell’adesione all’Unione europea, della fede e dell’esperienza dell’assurdo, della dignità dell’uomo e della speranza. E del potere dei senza potere, cioè dell’ortolano di Praga e del birraio boemo.
Cioè di ciascuno di noi.
Prefazione di Maurizio Lupi
Introduzione di Enrico Letta
Nella bellezza dei mosaici e dell’architettura del duomo di Monreale, con l’annesso monastero benedettino, è incisa la fede dei nostri Padri.
Una storia che il lettore può qui rivivere idealmente, come se fosse un monaco del XII secolo, seguendo lo stesso percorso che i chierici della cattedrale compivano quotidianamente per andare a svolgere le celebrazioni liturgiche, fissando lo sguardo nel Cristo pantocratore.
Prefazione di Michele Pennisi
La mostra "Verrocchio, il maestro di Leonardo" a Palazzo Strozzi celebra, in occasione del cinquecentesimo anniversario della scomparsa di Leonardo da Vinci, la figura di un artista che fu geniale interprete dei valori del Rinascimento nella Firenze medicea di Cosimo il Vecchio, di Piero e di Lorenzo il Magnifico e che, con la sua bottega e la sua multiforme attività, influenzò un'intera generazione di maestri in Italia e in Europa. Il catalogo della mostra, edito da Marsilio, si apre con un album di immagini in bianco e nero dei monumentali capolavori di Verrocchio non in mostra poiché inamovibili dalle loro sedi, e con i saggi dei due curatori che ricostruiscono magistralmente l'impegno artistico instancabile e versatile del maestro: Francesco Caglioti mette in luce la complessità della figura di Verrocchio scultore, analizzandone la formazione, i generi figurativi, gli allievi e i seguaci; Andrea De Marchi prende in esame la produzione pittorica verrocchiesca e la fondamentale influenza che esercitò su alcuni tra gli artisti più brillanti del Quattrocento fiorentino, da Bartolomeo della Gatta a Perugino, da Ghirlandaio a Lorenzo di Credi, fino all'immenso Leonardo. Il catalogo delle opere è suddiviso in undici sezioni che rispecchiano il percorso espositivo, creando un contrappunto costante fra sculture in marmo, figure in bronzo, in terracotta e in altri materiali plastici, pitture e disegni e restituendoci, tra autografi di Verrocchio e opere dei suoi tanti allievi, seguaci e imitatori, l'affresco di un'intera epoca. Chiude il volume un'ampia e documentata bibliografia raccolta da Francesco Caglioti. Catalogo della mostra, Firenze, Palazzo Strozzi, 8 marzo-14 luglio 2019.
Durante la sua permanenza a Ravenna il Sommo Poeta visitò certamente le splendide basiliche bizantine traendo ispirazione dai loro mosaici.
Fu Giovanni Pascoli a suggerire la rilevanza dell’arte di Ravenna come fonte ispiratrice dell’ultima cantica della Commedia.
Dante è un attento osservatore di ogni forma d’arte, disegnatore lui stesso e necessariamente sensibile rispetto a quel ricco repertorio di immagini fortemente evocative, che per lui ebbero la medesima influenza di una fonte scritta. A Ravenna il poeta esule non trovò soltanto un rifugio tranquillo. Nelle basiliche del V e VI secolo, che si elevavano ancora nobili e preziose, splendevano mosaici dal forte contenuto simbolico. Erano immagini concise e luminose, smaterializzate e prive di tutti quegli elementi sensuali che potevano in qualche maniera ostacolare l’espressione della trascendenza e della spiritualità.
Questa mostra aiuta a comprendere come quell’universo di simboli e trionfi, occultato dall’umile mattone dei monumenti di Ravenna, occupi un ruolo non episodico ma sostanziale nella Commedia come fonte ispiratrice di immagini sublimi dal Paradiso terrestre sino all’Empireo.
Con la sua singolare combinazione di talento, ambizione, energia e immaginazione Jacopo Tintoretto (1518/1519-1594) dominò il campo della pittura nella natia Venezia durante la seconda metà del Cinquecento. Stando ai contemporanei dell'artista e ai suoi primi biografi, egli ambiva a coprire ogni muro veneziano con le proprie tele. Giorgio Vasari lo definì "il più terribile cervello che abbia avuto mai la pittura". Ritenuto, con Tiziano e Veronese, uno dei tre massimi pittori che contrassegnarono l'età d'oro dell'arte veneziana, Tintoretto fu un audace innovatore, tanto da stupire e, talvolta, indignare i suoi pari. Quella pennellata libera ed espressiva che spinse i detrattori a giudicare non finite le sue opere è ora riconosciuta come un passo fondamentale nello sviluppo della pittura a olio su tela. Ancor oggi il pubblico è impressionato dalle dimensioni sovrumane, dal dinamismo pittorico e dal carattere visionario delle opere tintorettiane. Pubblicato in coincidenza con il cinquecentenario della nascita dell'artista, ricorrenza celebrata con mostre sia in Italia sia negli Stati Uniti, questo volume offre una visione esaustiva della carriera di Tintoretto e degli esiti da lui raggiunti. Basandosi sulle ricerche più recenti, un gruppo internazionale di studiosi esplora in profondità vari aspetti dell'arte tintorettiana: dai metodi operativi alla venezianità di Jacopo e all'interesse da lui testimoniato per il ritratto, da accostare a quello rivolto alla pittura sacra, l'ambito da cui deriva principalmente la sua fama. Nuove scoperte biografiche forniscono risposte a interrogativi lungamente dibattuti sul posto occupato da Tintoretto nella società veneziana. Le numerose illustrazioni, molte delle quali dedicate a particolari delle opere, presentano oltre centoquaranta dei più importanti dipinti dell'artista - un'ampia parte dei quali restaurata di recente - insieme a una scelta dei suoi disegni più pregevoli. Il volume, rivolto non soltanto a esperti e studiosi che si occupano del Rinascimento italiano ma anche al lettore non specializzato, si propone come l'analisi definitiva di uno dei giganti dell'arte europea.
Ad aprire le celebrazioni per il bicentenario della nascita di John Ruskin, che si terranno nel 2019, questo volume racconta la storia d'amore, lunga e fruttuosa, tra il famoso critico inglese e la città di Venezia. Durante la sua vita, Ruskin visitò Venezia numerosissime volte a partire dal 1835 e, in seguito ai lunghi soggiorni in città, pubblicò l'opera in tre volumi intitolata «Le pietre di Venezia», un inno alla bellezza, all'unicità e alla fragilità di questa città, destinata a diventare un caposaldo della cultura anglosassone e l'inizio del revival gotico d'epoca romantica. Tra i metodi d'indagine di cui Ruskin si serviva spiccano i numerosi taccuini, schizzi con rilievi architettonici, acquerelli, albumine, planotipi e dagherrotipi (il critico possedeva una primitiva macchina fotografica già nel 1849!). Queste testimonianze iconografiche sono l'oggetto di questo volume, e ci consentono di affrontare Ruskin da un nuovo, certamente meno conosciuto, punto di vista: come artista a tutto tondo e non solamente come scrittore. Catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Ducale, 10 marzo-10 giugno 2018).
“Venezia giace ancora davanti ai nostri sguardi come era nel periodo finale della decadenza: un fantasma sulle sabbie del mare, così debole, così silenziosa, così spoglia di tutto all’infuori della sua bellezza, che qualche volta quando ammiriamo il languido riflesso nella laguna, ci chiediamo quasi fosse un miraggio quale sia la città, quale l’ombra. Vorrei tentare di tracciare le linee di questa immagine prima che vada perduta per sempre, e di raccogliere, per quanto mi sia possibile, il monito che proviene da ognuna delle onde che battono inesorabili, simili ai rintocchi della campana a morto, contro le pietre di Venezia”
- John Ruskin, The Stones of Venice
Uno straordinario viaggio tra arte, politica e società attraverso opere di artisti come Renato Guttuso, Lucio Fontana, Alberto Burri, Mario Schifano, Mario Merz e Michelangelo Pistoletto per raccontare e riflettere sui contrasti, le trasformazioni e le nuove tendenze artistiche in Italia tra la fine del secondo conflitto mondiale e gli anni della contestazione: dall'antagonismo tra Realismo e Astrazione nel dopoguerra al trionfo dell'Informale negli anni cinquanta, fino alla Pop art e all'Arte povera e concettuale negli anni sessanta. Catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Strozzi, 16 marzo-18 luglio 2018).
La storia di Giancarlo Rastelli, oltre ad essere quella di uno scienziato riconosciuto in tutto il mondo per i risultati delle sue ricerche cardiovascolari, colpisce più di tutto per l'esaltazione della normalità. Gian, come lo chiamavano amici e colleghi, è stato un medico, un ricercatore brillante, ma soprattutto un grande uomo, umile, guidato da un profondo amore per la vita e da una vocazione sincera, un marito e un padre che ha saputo affrontare la malattia e la morte. «Gian era stato educato in famiglia ai principi della fede cristiana, e questi principi e questi ideali, vissuti in maniera gioiosa, adulta, senza pietismi ma con profonda convinzione, sono stati la bussola e i mezzi di discernimento di tutta la sua vita. E sono stati la forza che lo ha sostenuto negli anni della malattia e della sofferenza fisica e morale. Infine sono stati la ragione della sua grande speranza fino all'ultimo» (Umberto Squarcia). La bellezza e l'armonia della sua vita, la profonda spiritualità e la costante dedizione alle virtù cristiane hanno affascinato così tante persone da richiedere l'avvio della causa di beatificazione. Nel 2005 l'allora vescovo di Winona (Minnesota), Bernard Joseph Harrington, ha concesso il nulla osta alla Diocesi di Parma per l'apertura della causa, adducendo come ragione la compassion for mankind e l'eroismo con cui Giancarlo Rastelli ha vissuto gli ultimi anni della sua vita, nel totale abbandono alla volontà del Padre.
L'esposizione "Canova, Hayez, Cicognara. L'ultima gloria di Venezia", costituisce l'occasione per onorare un momento speciale della storia artistica della Serenissima, rievocando quella stagione di rilancio culturale nel 1815 con il ritorno da Parigi dei quattro cavalli di San Marco, opera simbolo della città. Questi ed altri aspetti sono narrati ed analizzati nella prima ampia parte del catalogo, attraverso una serie di saggi. Ogni contributo di quest'ampia sezione è accompagnato da immagini e concluso da un dettagliato apparato di note. La seconda parte del catalogo è dedicata alle opere in mostra e si presenta divisa in dieci sezioni, ognuna introdotta da un breve saggio completo di nota bibliografica che contestualizza ed esplicita gli accostamenti espositivi e ripercorrono, nel loro susseguirsi, il periodo storico e artistico che la mostra rievoca. Concludono il catalogo gli apparati relativi alle sezioni di opere esposte e la cronologia.
La storia del Ghetto di Venezia, la sua crescita, la sua architettura, la vita materiale dei suoi abitanti e le loro relazioni con l'intera città sono l'argomento di questo volume. La ricostruzione del Ghetto nelle sue diverse fasi storiche permetterà di seguire lo sviluppo del quartiere; saranno analizzati gli usi e costumi religiosi ebraici, la straordinaria importanza della stampa ebraica veneziana - la prima in Europa - il contesto culturale, artistico e artigianale, linguistico, familiare, economico. In sintesi, un microcosmo completo e affascinante che si sviluppò e prosperò per oltre quattro secoli all'interno della Serenissima Repubblica.
Il catalogo della mostra dedicata ad Aldo Manuzio a cinquecento anni dalla sua scomparsa è un omaggio al più famoso stampatore della storia dell'editoria. Racconta come il libro cambiò il mondo, e come e perché questo cambiamento avvenne a Venezia, città cosmopolita e porta fra oriente e occidente. Ma sarà soprattutto un viaggio nel mondo della cultura e delle arti a Venezia tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento, in una stagione cruciale che vede protagonisti pittori come Bellini, Carpaccio e il più giovane Giorgione (con l'esordio del suo allievo Tiziano), illustri artisti stranieri in visita come Albrecht Dürer, intellettuali di respiro europeo come Erasmo da Rotterdam.
Quaranta "romanzi disegnati", firmati da altrettanti artisti - autori sia delle sceneggiature che dei disegni - raccontano cinquant'anni di storia del fumetto italiano. Sono lunghe storie d'avventura, biografie e autobiografie, trame satiriche, trasposizioni di opere letterarie, cronache della realtà quotidiana. E rappresentano un po' tutte le forme editoriali che hanno fatto conoscere "l'arte sequenziale" in questo mezzo secolo: dalle riviste distribuite in edicola, che per più di trent'anni hanno stampato, anche a puntate, i romanzi a fumetti, ai graphic novel, narrazioni autoconclusive che oggi hanno conquistato gli scaffali delle librerie e soprattutto un pubblico nuovo. "Fumetto italiano. Cinquant'anni di romanzi disegnati" è una panoramica sull'arte del fumetto che prende il via dal 1967, anno in cui iniziò la pubblicazione di "Una Ballata del mare salato", capolavoro di Hugo Pratt, in cui appare per la prima volta Corto Maltese, e prosegue nei decenni successivi con straordinari lavori tra i quali "Sheraz-De" di Sergio Toppi, "Le Straordinarie avventure di Pentothal" di Andrea Pazienza, "Fuochi" di Lorenzo Mattotti, "Max Fridman" di Vittorio Giardino, "Cinquemila chilometri al secondo" di Manuele Fior, "Dimentica il mio nome" di Zerocalcare, passando dal romanzo a puntate ai graphic novel.
Un catalogo che mette insieme i percorsi dei tre Vivarini, raccogliendo e confrontando ciò che è firmato dall'uno o dall'altro, ciò che porta il segno e la testimonianza della partecipazione plurima all'impresa, indagando così le caratteristiche e le peculiarità del linguaggio di ciascuno di loro. Sette decenni di attività generosa di committenze e copiosa di risultati: polittici per chiese e confraternite e tavole per private devozioni, storie di santi e di miracoli, ricordi di antico e scene di conclamata modernità non meno che di toccante pietà.
Cosa mangiavano abitualmente i Greci, i Romani, gli Etruschi? Qual era l'alimentazione dei meno abbienti e in cosa differiva da quella dei ricchi? Come si svolgeva un banchetto in una domus romana? A queste e altre domande si troverà risposta in questo catalogo, frutto di un approfondito lavoro di ricerca durato anni. Assieme alle abitudini alimentari, alle ricette e alle leccornie di un tempo vengono considerati aspetti socio-economici, quali l'agricoltura e la coltivazione, la vita di locali pubblici, taverne e altro, l'arte e la musica che allietavano e accompagnavano il pasto, l'arredo di cucine e sale da banchetti.
L'Inghilterra del Settecento è un paese in cui si concentrano grandi trasformazioni sociali, economiche e culturali che si riflettono, in primo luogo, in campo artistico. Mentre una parte dell'aristocrazia continua a guardare a modelli culturali importati dal continente, emerge un ceto borghese che incoraggia, con maggiore determinazione rispetto alla committenza tradizionale, la crescita di un'iconografia propriamente britannica. Nel volume studiosi inglesi e italiani si confrontano intorno a tale argomento aprendo il dibattito critico al contributo offerto dall'Italia del Settecento. Agli inquadramenti storici e culturali dell'Inghilterra, e di Londra in particolare, si unisce la disamina dello sviluppo di un linguaggio figurativo autoctono in relazione alla tradizione continentale. Da tale confronto derivano le esigenze opposte di ripresa e declinazione della cultura classicista e di distacco da essa, un dibattito che ha condizionato la maturazione dei diversi generi artistici nei quali, dalla pittura di storia, al ritratto e al paesaggio, la scuola britannica ha espresso una propria identità artistica, riconosciuta nell'Ottocento, soprattutto nell'ambito delle ricerche sul paesaggio, immagine della modernità.
Paul Gauguin, Claude Monet, Edgar Degas, Alfred Sisley, Camille Pissarro, Vincent van Gogh, Édouard Manet, Camille Corot, Georges Seurat, Paul Cézanne, Pierre-Auguste Renoir... Attraverso una selezione di straordinarie opere realizzate tra il 1848 e il 1914 dai grandi maestri francesi e appartenenti alle collezioni del Musée d'Orsay, il volume propone un percorso artistico che parte dalla pittura accademica dei Salon e attraversa la rivoluzione dello sguardo impressionista fino ad arrivare alle soluzioni formali dei nabis e dei simbolisti. Pubblicato in occasione dell'esposizione romana, il catalogo ripercorre, nella parte introduttiva, la storia del Museo, i progetti architettonici e allestitivi e le scelte museografiche e curatoriali che hanno guidato il suo allestimento attraverso i saggi di Guy Cogeval, Alice Thomine-Berrada e Xavier Rey (Capire la storia dell'arte raccontata al Musée d'Orsay).
Nato dal desiderio di raccontare la tragicità della scultura moderna a confronto con la classicità del passato, il volume, a corredo dell’importante rassegna romana, racconta l’opera di uno dei più grandi artisti del ’900, Alberto Giacometti, in dialogo con i capolavori della Galleria Borghese, luogo per definizione della scultura.
Come scrive Anna Coliva: “Incontrando le forme sinuose e bianche della Femme couchée qui rêve attraverso le quali si scorgono quelle della Paolina di Canova, il cui volto è riflesso, sull’altro lato, nella Tête qui regarde; nel passo pesante dell’Homme qui marche, in cui risuona l’eco di quello affaticato di Enea sotto il peso di Anchise; nella Femme qui marche, nera e misteriosa come le sfingi di basalto della Sala egizia; nell’equilibrio instabile dell’Homme qui chavire, fuori asse e pronto a perdere l’equilibrio come il David di Bernini; ecco, di fronte a tutte queste opere il visitatore percepirà che le sculture di Giacometti creano attorno a sé l’alone volumetrico di una drammatica cornice immateriale, invisibile ma sensibile.”
Curato da Anna Coliva, direttrice della Galleria Borghese, e da Christian Klemm, illustre studioso dell’opera di Giacometti e realizzatore delle monografie più importanti sull’artista, il volume presenta circa quaranta opere (bronzi, gessi e disegni) dello scultore svizzero; dall’originale confronto con i capolavori antichi conservati nelle diverse sale della Galleria emerge tutta l’energia bruciante dell’arte di Giacometti, che indaga la profondità vitale dei soggetti, scavandone l’anima fino a “ridurre all’osso” la figura umana.
Giacometti. La scultura comprende i testi di Anna Coliva, Casimiro Di Crescenzo, Christian Klemm, Mariastella Margozzi, il catalogo e l’elenco delle opere, gli scritti di Alberto Giacometti, la cronologia di Alberto Giacometti e una selezione delle esposizioni e della bibliografia.
Pietro Bembo è una figura poliedrica nell'Italia del Rinascimento. Veneziano di nascita, padovano di elezione, di casa nella Roma dei Papi, egli fu molte cose insieme, e tutte al massimo grado. Fu poeta, storiografo e bibliotecario della Repubblica veneta, e il letterato che influenzò in modo determinante la letteratura rinascimentale. Con Aldo Manuzio rivoluzionò il concetto di libro, curando volumi di classici di piccolo formato privi di commento, che potessero essere letti al di fuori delle aule universitarie. Amò donne bellissime come Lucrezia Borgia, e cantò l'amore, non solo platonico, negli "Asolani" e nei "Motti". A sessantanove anni fu nominato cardinale da Papa Paolo III, e pose le basi per la leggendaria Biblioteca Vaticana. Oltre che di Raffaello e Michelangelo fu amico, guida e protettore di artisti come Giovanni Bellini, Sansovino, Sebastiano Dal Piombo, Tiziano, Benvenuto Cellini, Valerio Belli, di cui collezionò e spesso ispirò le opere.
Il genio di Mantegna, uno dei grandi maestri del Rinascimento italiano è stato celebrato attraverso tre mostre aperte in contemporanea, il 16 settembre 2006, a Padova, Verona e Mantova. A Verona il nucleo della mostra è stato rappresentato dalle due grandi opere realizzate da Andrea Mantegna per la città: il Trittico di San Zeno del 1456-1459, voluto dall'abate Gregorio Correr, e la Madonna in gloria fra santi e angeli per gli olivetani di Santa Maria in Organo, del 1497, ora al Castello Sforzesco di Milano, e sul forte impatto che esse hanno esercitato sulla cultura figurativa locale dando l'avvio ad uno dei periodi più alti della storia artistica veronese, come sottolineò per primo, fin dalla metà del Cinquecento, Giorgio Vasari e poi grandi studiosi dell'età moderna come Bernard Berenson, Rudolph Wittkower. Il catalogo presenta il multiforme panorama culturale veronese, dal quale emergono personalità di grande interesse, ancora poco studiate ma tutt'altro che minori: Francesco Benaglio (circa 1432 - 1492), Francesco Bonsignori (circa 1460 - 1519), Liberale da Verona (1445 - 1526/29), Francesco Dai Libri (circa 1474 - 1555), Girolamo Dai Libri (circa 1452 - prima del 1514), Domenico Morone (circa 1442 - dopo il 1518).