Questo libro invita a una riflessione su un tema attualissimo. Il mondo del lavoro è attraversato da una trasformazione radicale e incessante. Tanto le organizzazioni sociali, in primo luogo i sindacati, quanto gli strumenti normativi, presentano lacune e risultano spesso inadeguati nella loro opera di difesa sociale. Le interviste qui riportate a una ventina di cristiani militanti nel mondo del lavoro esprimono in modo convincente, perché derivato dall'esperienza, i problemi e le esigenze che si presentano. E se il mondo cattolico in genere preferisce dedicarsi a un sociale di prossimità, è pur vero che i problemi che oggi affliggono le persone hanno spesso scala globale e se si intende affrontarli occorre predisporre pensieri e forme di organizzazione proporzionati allo scopo. Papa Francesco ha parlato molto francamente di questi temi ma la Chiesa è fatta di strutture complesse che hanno bisogno di tempo per prendere coscienza e trasmettere il messaggio tra i fedeli. Nella realtà della comunità cristiana e di fronte a un problema come quello del lavoro, sembra importante che l'iniziativa parta dal basso. Da qui si possono elaborare nuove idee, esperienze e stili di vita che immettano nel mondo del lavoro elementi di fiducia e di speranza sulla possibilità di una sua umanizzazione.
Un viaggio nelle prigioni con il più alto numero di stranieri per incontrare giovani che vivono a metà tra due mondi: un Paese di origine a cui non appartengono più e un'Italia che li ha cambiati più di quanto si aspettavano. Molti sono arrivati come minori non accompagnati, altri sono praticamente una seconda generazione mancata, che non ha portato a termine l'integrazione. Nel carcere un passato difficile si intreccia con un presente di coabitazione ricco di sfide. Che vuol dire sentirsi italiano, magrebino, ecuadoriano o albanese? Che cosa vuol dire vivere la fede cattolica, evangelica, islamica oppure ortodossa in carcere? Come passare dal culto del denaro e della violenza alla cultura dello studio e del lavoro? Il libro accosta con rigore il tema del carcere a quello degli stranieri, senza cadere in facili schematismi, analizzando anche da un punto di vista statistico le connessioni tra immigrazione e criminalità. Al tempo stesso l'autore compie una precisa scelta di campo: lavorare per il reinserimento e la prevenzione.
Sono passati duemila anni da quando Seneca scriveva un libro dal titolo De brevitate vitae {La brevità della vita) rivolto criticamente a coloro che consideravano la vita troppo breve; egli saggiamente argomentava che la vita non si misura dal numero degli anni, ma da come viene vissuta. Se questo giudizio rimane sempre valido, esso però oggi si trova a confrontarsi con una realtà che è all'opposto: la vita degli anziani sta diventando lunga, secondo alcuni troppo lunga. Il problema degli anziani non può essere visto come qualcosa che riguarda solo loro; l'intera società è messa in gioco per trovare un nuovo equilibrio sociale soddisfacente, sia nei rapporti che nella distribuzione di attività, mezzi, opportunità. I ruoli dovranno essere più fluidi; i confini tra lavoro e pensioni, tra lavoro e attività, tra generazioni, tenderanno a saltare. E un'opera imponente, rielaborativa e ricostruttiva, quella che ci aspetta e che ha come condizione prima una cultura aperta e disponibile, una forma di riconversione culturale. Un grande compito spetta in proposito al sindacato, perché in Italia è il sindacato a organizzare cinque milioni di pensionati: tuttavia molte esigenze di oggi non riguardano specificatamente il pensionato, ma più ampiamente l'anziano. Se vorrà mantenere il proprio ascendente, il sindacato dovrà dunque rispondere a queste nuove esigenze e farsi carico di più ampie prospettive.
Dov'è finito il movimento per la pace dopo il 2003? Una cultura di pace deve riprendere forza e, con essa, un movimento che sperimenti percorsi nuovi per una partecipazione più attiva ai grandi temi internazionali. Il mondo globale, con le sue smisurate dimensioni e le sue radicate connessioni, ha bisogno di donne e uomini dalla coscienza globale. La cultura della pace deve diventare una passione condivisa e un appuntamento rilevante nell'educazione delle giovani generazioni. Tutto questo, però, può maturare se persone consapevoli riprendono a parlarne in tutte le sedi. Il mondo globale non è solo un grande mercato, dominato da forze economiche che non si controllano, né uno scenario dove contano solo pochi poteri. Siamo parte di questa storia globale, che ha tanti attori, piccoli e grandi. E speriamo che questa storia si sviluppi in una prospettiva di pace, che è la migliore condizione possibile per l'umanità.
"Le situazioni che viviamo oggi pongono sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli: il Signore è attivo e all'opera nel mondo". Queste parole, pronunciate da papa Francesco al Convegno ecclesiale di Firenze, offrono un prezioso suggerimento per guardare al grande travaglio che caratterizza questo inizio di Terzo Millennio. Uno degli aspetti più vistosi del "cambiamento d'epoca" di cui parla il Papa è il tumultuoso processo di mescolamento di popoli e culture in cui oggi siamo immersi. Più di dieci anni orsono, proposi di descrivere questo processo con l'"ardita metafora" del "meticciato di civiltà e culture", da intendere come "mescolanza di culture e fatti spirituali che si producono quando civiltà diverse entrano in contatto". L'umana avventura della libertà di ogni singolo e di ogni popolo non fa che mostrare la profondità dell'amore di Dio che ha scelto, per comunicarsi, di passare, con la croce di Cristo, attraverso la libertà finita e il suo continuo vagabondare.
Fin dall'inizio del suo pontificato papa Francesco ha proposto all'attenzione di tutti il tema delle periferie. Nel cristianesimo, le periferie hanno una storia lunga e complessa, anzi sono un crocevia di storie e di esperienze differenti. Di fatto, però, il Pontefice ha rinnovato l'interesse della Chiesa attorno a questa tematica. "La Chiesa - aveva detto Bergoglio poco prima di essere eletto - è chiamata ad uscire da se stessa e andare nelle periferie, non solo geografiche, ma anche nelle periferie esistenziali: dove alberga il mistero del peccato, il dolore, l'ingiustizia, l'ignoranza, dove c'è il disprezzo dei religiosi, del pensiero e dove vi sono tutte le miserie". Questo libro muove dalle parole del Papa per andare alla ricerca delle periferie concrete e metaforiche che dai testi sacri giungono attraverso i millenni fino alle metropoli in cui viviamo, interrogandoci sul senso profondo della crisi che la Chiesa sta attraversando e sul cammino di speranza che è possibile percorrere per dare al messaggio cristiano una nuova centralità.
Contro la retorica della politica, un'inchiesta fatta sul campo da chi ogni giorno vive tra i banchi di scuola. Questo libro racconta di intonaci e infissi che crollano, di strutture inaccessibili ai diversamente abili, prive di agibilità statica e igienico-sanitaria. Svela il ritardo tecnologico dell'Italia rispetto all'Europa: una scuola su due non è connessa a Internet. Un'Italia capace di legiferare l'introduzione del registro elettronico senza dotare le scuole dei personal computer. E intanto la grande distribuzione, con la complicità del MIUR, entra nelle classi "regalando" computer ogni cinquantamila euro di spesa. Ecco la cattiva scuola: un luogo abitato sempre più da ragazzi migranti abbandonati da un sistema d'istruzione che li integra solo sulla carta. Resta una speranza: quella di chi va controcorrente, di dirigenti e insegnanti silenziosi innovatori; di coraggiosi sindaci che cercano di salvare le piccole scuole iscrivendo alle lezioni i nonni. #lacattiv ascuoia mostra entrambe le facce della medaglia.