Crisi educativa, emergenza educativa, crisi di valori… Quello che vediamo svolgersi davanti agli occhi è stato chiamato in molti modi: la trasmissione da una generazione all’altra non funziona più come un tempo. Sembrano saltati i riferimenti, ogni cosa viene messa in discussione, la stessa possibilità di educare sembra svanire nel vuoto della Rete.
Johnny Dotti, che è padre, formatore e pure imprenditore sociale, ci fa intuire in queste pagine la forza rivoluzionaria della tradizione, recuperando parole (ed esperienze) antiche e ridando ad esse forma nuova. Attraverso cinque lettere ad altrettanti interlocutori (due genitori, un prete, una comunità, un giovane e due nonni), Dotti ci fa scoprire il senso autentico e sovversivo della «corresponsabilità», parola che rimanda a una chiamata e a una risposta, cioè al mistero (umano e religioso insieme) della vocazione. L’oratorio, il luogo educativo all’ombra del campanile aperto sulla piazza da secoli, cerniera tra sacro e profano, può essere il caso concreto in cui mettere in gioco la corresponsabilità di usare «mente, cuore e mani» per dare un futuro di senso alla nostra società.
Pagine dense di esperienza e di pensiero, che ci possono aiutare nell’entusiasmante avventura di educare oggi.
Tonino Guerra e Platone, il maestro Manzi e Baden-Powel1, don Lorenzo Milani e Gianni Rodari. E poi le tante esperienze di scuola creativa che incontrava nei suoi viaggi. Gianfranco Zavalloni ha insegnato ispirandosi a questi maestri di vita e di pensiero. Ma al contempo ha dimostrato in concreto che è possibile fare scuola in un modo altro, basato sull'attenzione ai tempi degli alunni, condito con la manualità di chi lavora la terra, attingendo alla sapienza del gioco e facendo vivere agli studenti la propria città come fonte di continue scoperte. E cosi nella scuola di Zavalloni si cura la bella scrittura, si costruiscono colorati aquiloni, si lavora nell'orto, si dialoga con gli anziani, addirittura gli insegnanti viaggiano per aggiornarsi. E un proverbio ispira ogni lezione: «Chi ascolta dimentica, chi vede ricorda, chi fa impara». Gianfranco Zavalloni ci accompagna in un nuovo, affascinante percorso: scoprire che l'avventura dell'imparare è ancora più bella quando insegnanti e alunni la vivono insieme, con lentezza e semplicità.
La scuola odierna, riflettendo le tendenze di buona parte della società umana, è centrata sul mito della velocità, dell.accelerazione e della competizione, come criterio di selezione al quale i bambini vengono educati fin dai primi anni di vita. Dal contatto quotidiano e continuato con la realtà scolastica nasce la riflessione de "La pedagogia della lumaca". Siamo nell'epoca del tempo senza attesa. Questo ha delle ripercussioni incredibili nel nostro "modo di vivere". Non abbiamo cioè più il tempo di "attendere", non sappiamo partecipare ad un incontro senza essere disturbati dal cellulare, vogliamo "tutto e subito. in tempo reale. Le teorie psicologiche sono concordi nel pensare che una delle differenze fra i bambini e gli adulti stia nel fatto che i bambini vivono secondo il principio di piacere (tutto e subito), mentre gli adulti vivono secondo il principio di realtà (saper fare sacrifici oggi per godere poi domani). Oggi gli adulti, grazie anche alla società del consumismo esasperato, vivono come i bambini secondo le modalità del "voglio tutto e subito". È necessario intraprendere un nuovo itinerario educativo. Genitori, insegnanti e tutti coloro che ruotano attorno al mondo della scuola, sono stimolati dalle suggestioni offerte dalla pedagogia della lumaca e possono ricominciare a riflettere sul senso del tempo educativo e sulla necessità di adottare strategie didattiche di rallentamento, per una scuola lenta e nonviolenta.
Sette parole chiave (educazione, cultura, identità, cittadinanza, laicità, etica pubblica, integrazione) da "risignificare" per costruire un'etica condivisa in grado di sostenere la società che sta nascendo.
Perché le religioni a scuola? La religioni a scuola ci sono già, perché un numero crescente di studenti fa riferimento a mondi religiosi diversi; ci sono perché periodicamente si torna a discutere - strumentalmente - del crocifisso in classe o del presepio. In realtà le religioni a scuola non ci sono, o solo marginalmente, come materia di studio e connotato essenziale della cultura. Esiste, è vero, una disciplina chiamata "insegnamento della religione cattolica", però facoltativa e di marca confessionale. Come uscire da questa situazione, ingessata e apparentemente senza sbocco? Un gruppo di studiosi lancia con questo libro la sua proposta, condensata nella "Carta di Brescia" per un "insegnamento curricolare e aconfessionale su religioni e credenza"
Il presente studio offre una visione completa dell'opera di Paulo Freire e raccoglie anche gli ultimi scritti dello stesso, pubblicati negli anni Novanta e postumi.