La poesia di Celan, influenzata da Mallarmé, dall'espressionismo e dal surrealismo, è incentrata principalmente sulla problematica etica e metafisica (metafisica del Male) connessa con la persecuzione e il genocidio del popolo ebraico; ma al di là di questa connessione storicamente condizionata essa acquista una valenza universale, che la rende perennemente di attualità e rapportabile a questioni di fondo della nostra civiltà contemporanea. Questo volume presenta il corpus completo del poeta, costituito da nove raccolte, tutte con testo tedesco a fronte e tradotte da Giuseppe Bevilacqua, al quale si devono anche l'introduzione e le note.
I testi poetici del "Canzoniere", capolavoro del Petrarca, sono accompagnati in questa edizione dei Meridiani dal commento curato da Marco Santagata, petrarchista di fama internazionale. Questa edizione, alla luce dell'altissimo numero di studi dedicati al Petrarca usciti nel corso degli ultimi anni, presenta un nuovo commento aggiornato e ampliato.
Il volume presenta tutte le opere del grande filosofo, a eccezione della "Grammatica ebraica", ritenuta dai più intraducibile. Scritti talvolta in olandese ma soprattutto in latino, i suoi trattati rappresentano uno dei caposaldi della filosofia occidentale: oltre all"'Etica" i lettori potranno così leggere, ciascuno con un'esaustiva introduzione e ricche note, il "Breve trattato", il "Trattato sull'emendazione dell'intelletto", i "Principi della filosofia di Cartesio" con l'appendice delle "Riflessioni metafisiche", il "Trattato teolofico-politico" e il "Trattato politico". Di tutti i testi si danno nuove traduzioni, condotte con assoluta coerenza terminologica. Completano il volume le "Lettere" che, suddivise per corrispondenti, contribuiscono a mettere in rilievo discussioni connesse alla genesi di specifiche opere.
"Mio Gherardo, qualche soldato canta; da una baracca all'altra si tenta il coro; [...] qualche aeroplano gironza; la tua arriva; si fa un gran silenzio d'armi." Dal 18 aprile 1916 all'ottobre 1918 Giuseppe Ungaretti, al fronte col 19° Fanteria, intrattiene una fitta corrispondenza con Gherardo Marone, "un giovine che s'appassiona, un giovine di vocazione", direttore a Napoli della rivista letteraria "La Diana". Le lettere, le cartoline e i telegrammi - a cui Ungaretti spesso allega le poesie da pubblicare sulla "Diana" -, oltre a raccontare il sorgere di una salda amicizia e di un sodalizio intellettuale, testimoniano la genesi della grande poesia di Ungaretti, quella che il mondo conoscerà grazie a "Il Porto Sepolto" (1916), "Allegria di Naufragi" (1919) e "L'Allegria" (1931). Questa edizione delle lettere a Marone riunisce, ordina e commenta sia quelle conservate alla Biblioteca Nazionale di Napoli, sia quelle fortuitamente ritrovate nei mercati di Porta Portese e di Salerno, ora conservate all'Archivio del Novecento della "Sapienza" di Roma, e dà testimonianza del miracolo per cui in mezzo all'orrore può prodursi quel "gran silenzio d'armi" da cui fiorisce la poesia.
"La Monarchia temporale, che chiamano 'Impero', è dunque il principato di uno solo e al di sopra di tutti, nel tempo ovvero in ciò e sopra di ciò che ha dimensione temporale. Ora intorno ad essa sorgono tre principali questioni: in primo luogo appunto sorge la questione, se essa sia necessaria al buono stato del mondo; in secondo luogo, se il popolo romano abbia rivendicato a sé di diritto l'ufficio di Monarca; e in terzo luogo, se l'autorità del Monarca dipenda da Dio immediatamente oppure da un ministro o vicario di Dio." È Dante stesso a porre le questioni dottrinali che intende affrontare nel suo trattato. Forme e lingua - il latino - sono quelle tradizionali della trattatistica; rivoluzionarie invece le tesi sostenute, quelle "intemptate veritates" che fanno della "Monarchia" l'"espressione dottrinale del problema del dualismo permanente e della tensione concorrenziale tra due poli, lo spirituale e il temporale". Si tratta di "un'opera che nella tradizione giuridico-politica europea condensa in modo originale, per rielaborarlo in chiave rivoluzionaria, un ampio retaggio d'idee e di dottrine", come afferma Diego Quaglioni, noto studioso di diritto medievale, cui si deve il commento.
"Come scrive Theodor Fontane, il romanzo in fondo racconta solo della morte di un vecchio e del matrimonio di due giovani. Eppure è la storia più leggera, più serena e oserei dire più felice che Fontane abbia mai raccontato. Il miracolo è che 'Lo Stechlin', l'unica opera di Fontane che abbia una esplicita tesi e parli di problemi politici e sociali, non perda mai l'ormai proverbiale leggerezza della prosa dello scrittore, proprio perché tutto ciò che è opinione, programma e convincimento è sempre tradotto nel linguaggio di un personaggio - l'anziano Junker prussiano Dubslav von Stechlin - tra i più grandi che Fontane abbia concepito. Il miracolo insomma è che la struttura retorica del romanzo coincida con la struttura psicologica del protagonista il quale è così in qualche modo il romanzo che attraverso di lui si è fatto personaggio. Per questo 'Lo Stechlin', per lungo che sia, non si disperde, non si frantuma, conserva sempre la sua inconfondibile unità grazie alla sua totale identificazione con la sempre mobile paradossalità del suo protagonista." (Giuliano Baioni)
"Faccio iniziare la storia della vita di Giuseppe, il primogenito della graziosa e bella Rachele, intorno al 1400 a.C, quando in Egitto regnavano i due più famosi Amenhotep, III e IV, da cui risulta che Giuseppe non era 'realmente' il pronipote dell'uomo che da Charran in Mesopotamia emigrò per primo nelle terre occidentali, perché Abramo era vissuto seicento anni prima, al tempo di Hammurapi, il legislatore. Ciò non impedisce che il grazioso e bel Giuseppe si ritenesse suo pronipote, perché la difficoltà, fonte di grandissimo diletto, consiste nel fatto che io racconto di uomini i quali non sanno precisamente chi sono, e perciò la coscienza del loro 'Io' si fonda molto meno sulla chiara distinzione del punto in cui, tra passato e futuro, si situa la loro esistenza che sulla identità col proprio 'tipo' mitico..." (Thomas Mann)
"'Giuseppe e i suoi fratelli' non è un romanzo sugli Ebrei, ma un canto allegro e serio al tempo stesso che celebra l'uomo e fa discendere la sua benedizione non solo sul pupillo di Giacobbe, trascinato dalla vita a compiere un apprendistato tanto severo quanto splendido, ma sull'umanità stessa. Ho avuto cura di caratterizzare Giuseppe come una natura d'artista ed è certamente una benedizione quale si conviene a un artista quella che egli riceve dal padre. Il fascino umano che emana la condizione di ogni artista consiste in questa doppia benedizione: quella che discende dall'alto e quella dell'abisso; è il fascino dei sensi che si fanno spirito e dello spirito che diviene corpo; è una dote che discende dal fondamento materno della vita, dalla sfera dell'istinto, del sentimento, del sogno, della passione; ed è dote che discende dalla sfera paterna della luce dello spirito, della ragione, dell'intelletto, del giudizio ordinatore." (Thomas Mann)
"Il terzo 'Giuseppe' per il suo contenuto erotico è la parte più romanzesca di un'opera che nella sua totalità richiedeva di fare del romanzo qualcosa di diverso rispetto a quanto s'intende comunemente. La variabilità di questa forma letteraria è sempre stata molto grande. Ma oggi sembra quasi che nell'ambito del romanzo rientri soltanto quel che non è più romanzo. Forse è sempre stato così. Per quanto riguarda 'Giuseppe in Egitto', nonostante tutta la psicologia, si troverà stilizzato in senso mitico anche l'elemento romanzesco-erotico, il che vale specialmente per la satira sessuale di invenzione fiabesca racchiusa nelle figure dei due nani. 'Giuseppe in Egitto' mi appariva senz'ombra di dubbio o quasi il culmine poetico dell'opera, anche per la riabilitazione in senso umano che mi ero proposto, l'umanizzazione della figura della moglie di Potifar, la storia dolorosa della sua passione per il maestro di palazzo cananeo al servizio del marito tale solo di nome." (Thomas Mann)
"In 'Giuseppe e i suoi fratelli' si è voluto vedere un romanzo sugli Ebrei, anzi per gli Ebrei. La scelta dell'argomento veterotestamentario non fu certo un caso. Essa era senza dubbio in segreta, testarda e polemica relazione con tendenze del tempo che mi ripugnavano visceralmente, con il razzismo giunto in Germania a livelli inauditi, che costituisce una componente fondamentale del volgare mito fascista. Scrivere un romanzo che è una sorta di monumento allo spirito ebraico era attuale, proprio perché appariva inattuale. Ed è vero, il mio racconto si attiene con una fedeltà sempre per metà scherzosa ai dati della Genesi e spesso va letto come esegesi e amplificazione della Torah, come un midrash rabbinico." (Thomas Mann)
I monaci del monastero di Bose, guidati da Enzo Bianchi, hanno ripercorso in questo volume tutte le tappe della teologia e della spiritualità mariane. Nei primi secoli Maria era simbolo della Luna e della Chiesa dei fedeli, e veniva simboleggiata dalla Luna e dalla Chiesa. Il trionfo della riflessione su Maria avvenne nell'età romanica e gotica, nel periodo di San Bernardo, Dante e Giotto, quando teologi e scrittori e pittori leggevano il libro più misterioso della Bibbia, il Cantico dei Cantici, e vedevano in questo testo ardito il segreto di Maria e dei rapporti tra Dio e l'anima. L'altro grande periodo di riflessione mariana è stato oggetto di alcune formulazioni dogmatiche: l'Immacolata Concezione e l'Assunzione.
Un'edizione critica completa della produzione romanzesca dell'autore triestino. I testi sono ordinati distinguendo gli editi dagli inediti e quelli completi da quelli incompiuti. Un lavoro critico di controllo sui dattiloscritti e sugli autografi dei testi non pubblicati dall'autore delinea un percorso "genetico" che permette di ricostruire il modo in cui Svevo stendeva le sue opere e vi apportava poi successivi interventi correttori. Nel caso delle opere pubblicate si è fatto il confronto di varianti fra diversi testimoni. In entrambi i casi, il lavoro filologico corregge i non pochi arbitri commessi in precedenza e offre un apparato critico di carattere esplicativo, interpretativo e di rimando intertestuale. Saggio introduttivo e cronologia di Mario Lavagetto.