La lunga storia della magia e dell’alchimia.
Fuori dagli schematismi del razionalismo imperante, ma anche dalle semplificazioni dell' "esoterismo di massa".
Dall'Alessandria ellenistica ai campus americani in rivolta, dalla Firenze rinascimentale alla Zurigo di Jung, un viaggio attraverso l'eredità del pensiero magico, ancora attivo nell'Europa del razionalismo e del progresso.
Una tesi storica largamente diffusa e riconosciuta indica la massoneria come il vero strumento strategico che ha assicurato il successo della Rivoluzione francese: le logge, permeate dallo spirito anticlericale di correnti interne come quella degli Illuminati di Baviera, avrebbero rappresentato il centro di una cospirazione contro il trono e l’altare. Il sorprendente studio di Eduardo Callaey segue l’evoluzione dell’Ordine attraverso il Diciottesimo secolo per sfatare quello che lui dimostra essere un mito. La massoneria non fu affatto l’ispiratrice e l’artefice della Rivoluzione francese – e della violenza sanguinaria che ne macchiò l’epilogo. In realtà, se è vero che nelle logge del Settecento circolavano ideali repubblicani e progressisti e che molti illuministi e giacobini avevano gravitato al loro interno, i fatti dimostrano che la massoneria tradizionale, di origine giudaico-cristiana e iniziatica, fu una vittima del Terrore rivoluzionario e venne annientata in una guerra fratricida. Dalle sue ceneri sarebbe rinata una nuova organizzazione, più vicina a un partito politico che a una «scuola di misteri», in cui la dea Ragione avrebbe preso il posto dei Gran maestri dei riti esoterici. E fu proprio questa massoneria razionalista, figlia del «secolo dei lumi», a perpetuare il mito rivoluzionario e complottista, oscurando arbitrariamente l’altra anima dell’Ordine. Questo saggio fornisce la chiave per comprendere la trama occulta – e occultata – della storia massonica, la grande contraddizione che ancora oggi attraversa l’Ordine, l’eterna diatriba fra i seguaci della tradizione spiritualista e chi individua nelle logge un efficace sistema di azione politica.
A cinquantanove anni, trentotto dei quali trascorsi in cella, Renato Vallanzasca rimane nei ricordi di questo paese, nell'immaginario delle vecchie e delle nuove generazioni, il volto del bandito, l'emblema di una vita criminale "al massimo", l'icona violenta di una città e di un'epoca: l'inquieta e brumosa Milano degli anni Settanta. Di lui tanto si è detto e si è scritto, i contorni della cronaca sono presto sfumati nella leggenda, ed è proprio questo uno dei motivi che hanno portato l'uomo a guardarsi allo specchio, a frugare nel secchio della memoria, a incontrare Carlo Bonini per raccontare una volta per tutte la propria versione dei fatti, "la vera storia di Renato Vallanzasca". L'ex boss della Comasina ha rapinato, ha ucciso. "Per pudore" nei confronti delle sue vittime, spiega, non ha mai chiesto perdono. "Per lealtà con se stesso" e con il suo personale codice d'onore, ha sempre rifiutato di vestire i panni del collaboratore di giustizia. E con lo stesso rigore e la stessa lucidità ricostruisce il suo passato, senza cadere in compiacimenti, facili ipocrisie o repentine e sospette conversioni. È una storia di sangue, quella di Renato Vallanzasca, una storia non priva di sorprese, stravaganze e inediti retroscena, una storia che affonda le sue radici in un'infanzia ribelle, in quella che appare come una precoce vocazione al crimine.
Fra duelli di spade, colpi di moschetto e il fragore del fuoco dei cannoni, continua l'avventura rivoluzionaria dei coloni americani, alimentata da una crescente fierezza patriottica e da un rinnovato, incontenibile spirito indipendentista. E l'inverno del 1776, dopo dieci anni di tensione, finalmente è arrivata la resa dei conti, e il governo ribelle di Philadelphia, deciso a liberarsi dal giogo della tirannia britannica, ha autorizzato la creazione della marina militare degli Stati Uniti - un imperdonabile affronto alla flotta più potente del mondo. Il brigantino armato Charlemagne mostra ancora i segni dell'ultima avventura nelle acque di Bermuda, ma la lotta per la libertà impone una nuova, audace impresa: assalire il deposito d'armi britannico sull'isola di New Providence, nelle Bahamas. Il tenace capitano Isaac Biddlecomb, disincantato ma fiducioso reduce di sanguinose battaglie sui mari, si trova così a guidare il primo assalto anfibio della storia navale americana, scoprendo però che il più insidioso pericolo da affrontare è un equipaggio indisciplinato e diviso, sull'orlo dell'ammutinamento per via degli odi trasversali. Di fronte alla minaccia di essere tradito e di perdere il comando della sua nave, Biddlecomb deve trovare il modo di unire i propri uomini contro il comune nemico e portare a termine la delicata missione. Nel frattempo la marina reale inglese si prepara ad affondare il Charlemagne - e la Rivoluzione - sotto il devastante attacco dei suoi cannoni.
La nuova avventura del capitano Alatriste nello sfavillante mondo del teatro del Secolo d'Oro. Le opere di Lope de Vega e Caldéron de la Barca riempiono i corral di Madrid, mentre la città è animata da una fervida vita mondana, fra duelli di spada e di versi poetici, intrighi di corte, schermaglie amorose, invidie e sgambetti per i favori della Corona. Alla malia del teatro non sfugge neppure il malinconico capitano dai folti mustacchi e dallo sguardo di ghiaccio, che si è invaghito di María de Castro, la più famosa attrice dell'epoca, godendo del privilegio di essere ricambiato. Ma sulla bella María ha messo gli occhi Filippo IV in persona e, come tutti sanno, nessuno può "andare a caccia nella riserva del re". Ferito nell'orgoglio, Alatriste non può soffocare le proprie emozioni e si ribella al capriccio reale, contro i consigli del poeta Francisco de Quevedo e le minacce del potente conte di Guadalmedina. E mentre anche il suo giovane scudiero Iñigo Balboa impara a proprie spese che la passione per una donna nasconde più insidie di qualsiasi fendente, il capitano Alatriste si scoprirà pedina di oscuro complotto. Ancora una volta Pérez-Reverte schiude le porte dell'avventura e dell'immaginazione sullo sfondo di un potente ritratto d'epoca, offrendoci allo stesso tempo un'articolata mappa poetica delle passioni umane.
Tarda estate 1775. Il generale George Washington scopre che la quantità di polvere da sparo si è ridotta a non più di nove colpi per ogni uomo. Un piano disperato viene messo in atto in fretta e furia: mandare una nave, sotto il comando del capitano Isaac Biddlecomb fino a Bermuda per impossessarsi delle scorte inglesi, che, come risaputo, si trovano lì. Ma il piano è una trappola organizzata da un traditore infiltratosi fra i patrioti nella quale finirà lo stesso Biddlecomb. Washington spedisce il suo aiutante di campo, maggiore Edward Fitzgerald, a scovare il traditore, mentre Biddlecomb dovrà ricorrere a tutta l'astuzia ed esperienza per proteggere i suoi uomini e la sua nave, e per impadronirsi della polvere da sparo che è la linfa vitale della lotta per la libertà. Divisi da un oceano, ma uniti dalla causa, come dalle proprie paure personali, Biddlecomb e Fitzgerald dovranno guardarsi da un nemico comune: la più grande potenza militare al mondo...
Ambientato sotto il regno di Ramses III, l'ultimo dei grandi faraoni, il romanzo è la storia avventurosa di una famiglia di ladri di tombe. Personaggi storici e di finzione si intrecciano dando vita a un ampio affresco sull'antico Egitto, ricco di dettagli sulla vita quotidiana, i costumi, la lotta per la sopravvivenza delle classi più povere e gli interessi di potere dell'aristocrazia; in cui si percorrono le strade buie di Menfi, la capitale amministrativa, e si ritrova la bellezza dei paesaggi, la ricchezza e la magnificenza dell'architettura, la grandezza degli eserciti impegnati nella battaglia contro i popoli vicini, lo splendore della corte faraonica.