Il presente volume non ha l'ambizione di elaborare una nuova definizione del sacramento della Penitenza-Riconciliazione, ma di studiarne la storia e la fisionomia nella prospettiva terapeutica, che non pretende di essere esaustiva, ma ne arricchisce sicuramente la comprensione e ne facilita la prassi.
«L'unzione dello Spirito Santo configura il presbitero a Cristo sacerdote e lo rende capace di agire nel nome di Cristo Capo. Essendo cooperatore dell'ordine episcopale, egli è consacrato per predicare il vangelo, per celebrare il culto divino, soprattutto l'Eucaristia da cui trae forza il suo ministero, e per essere il pastore dei fedeli.
Pur essendo ordinato per una missione universale, egli la esercita in una Chiesa particolare, in fraternità sacramentale con gli altri presbiteri, che formano il "presbiterio" e che, in comunione con il vescovo e in dipendenza da lui, portano la responsabilità della Chiesa particolare»
Nella società occidentale oggi si assiste ad un fenomeno apparentemente contraddittorio: da una parte vi è lo sforzo patetico di rimuovere la morte e i segni del lutto, dall'altra parte la spettacolarizzazione della morte. Ambedue i comportamenti appaiono tentativi maldestri di addomesticare la paura della morte. I riti con cui da sempre in ogni cultura e religione la morte viene circondata hanno lo scopo di aiutare l'uomo ad affrontare l'angoscia per la scomparsa di una persona cara o il pensiero della propria morte dandole un senso. Nel rito cristiano delle esequie la morte è compimento della partecipazione alla morte di Cristo iniziata nel Battesimo e contiene la promessa della risurrezione e della vita nuova che la fede fa sperare. La nuova edizione del rito delle esequie, mentre risponde al bisogno di prossimità solidale e alla domanda di senso delle persone colpite dal lutto, offre modalità celebrative per le diverse situazioni, compresa quella inedita della cremazione. Il volume presenta diversi contributi che affrontano il tema dal punto di vista antropologico, teologico, biblico, ecumenico, liturgico e pastorale, nell'intento di aiutare il credente, e anche il non credente, ad affrontare nella speranza l'ora del distacco e a riscoprire il senso cristiano del vivere e del morire
Il rito del matrimonio non è una realtà statica e predefinita, collocata sopra la storia delle persone e la loro vicenda affettiva. Rappresenta piuttosto la grammatica indispensabile per comprendere la singolare e irripetibile vicenda d'amore che caratterizza il cammino di ciascuna coppia nella prospettiva dell'amore di Dio. Ed è proprio Dio ad avere pensato e voluto per ciascuna coppia una peculiare attuazione di quel mistero grande' di cui i primi interpreti sono il Cristo sposo e la Chiesa sposa. Nulla di ciò che è autenticamente umano nell'esperienza affettiva resta escluso dal cammino sacramentale, di cui il rito è il culmine. I sentimenti nelle più diverse forme e modulazioni, i desideri e le attese nella loro multiforme espressione, l'integralità del dono (a partire dalla sessualità come compimento dell'unione e della fecondità dell'amore), la valenza spirituale che accompagna ogni autentico dialogo d'amore di chi accoglie il progetto di Dio sulla propria vita: tutto trova posto e senso pieno nella ricchezza della celebrazione liturgica, che diviene così punto di arrivo del fidanzamento, ma anche punto di partenza per una vita familiare ricca di grazia e orientata alla santità(CEI, Celebrare il mistero grande " dell'amore, 4).