Queste pagine non ricostruiscono tanto un segmento dell'infuocato dibattito cristologico che divampa nell'ecumene cristiana tra Oriente e Occidente nel IV secolo, ma ci restituiscono piuttosto l'immagine, vergata con limpido tratto, di un vescovo come Giovanni Crisostomo che attinge ai tesori della sua teologia per sostenere, confortare e guidare la sua comunità. La synkatabasis costituisce un portolano che garantisce una rotta sicura nella navigazione sul frastagliato oceano della produzione crisostomiana. Anche chi non abbia mai avuto dimestichezza con l'opera di Giovanni Crisostomo otterrà grazie a questo libro - scritto con saldezza cognitiva, con limpidità di riflessione, e con chiarezza espositiva - l'illuminazione su un personaggio e il suo ambiente colti nel divenire di una vita cristiana la cui formazione è tutt'altro che lineare in quella seconda metà del IV esposta a suggestioni di ripiego verso il passato o a tentativi di fuga in avanti. La bellezza di questo testo è racchiusa nella sympatheia fra l'autore antico e il suo studioso contemporaneo, sentimento che, senza nulla togliere all'acribia dell'indagine scientifica, dà spessore, colore e voce a una delle figure più alte del cristianesimo delle origini. A questo eminente padre della Chiesa è dedicato questo libro postumo di Carlo Scaglioni, risultato di una ricerca durata tutta la vita.
Come ormai ammette la grande maggioranza dei suoi studiosi, l'apocalittica è molto più di un semplice "genere letterario" proposto dai testi sacri: "madre di ogni teologia cristiana" (Käsemann), "sacco delle illusioni di tutti i caporali" (Lutero), essa è anche "alimento di tutte le utopie serie o morbose della storia cristiana" (Ravasi). Modalità esistentiva propria dei ceti marginali, paradigma teorico-pratico con cui intere porzioni di umanità dolente percepiscono il mondo e vivono quotidianamente le relazioni umane, la spiritualità apocalittico-millenaristica è la Weltanschauung salvifica propria dei fedeli emarginati e di tutti i reietti che si ritengono ingiustamente perseguitati dalle potenze di "questo mondo", ma che restano nel contempo fiduciosi in un imminente intervento superiore che metta fine al presente obbrobrio e ristabilisca la giustizia violata. L'apocalittica si mostra capace di oscillare da una quietistica teologia dell'attesa - in cui i fedeli semplicemente aspettano e anelano una realtà "altra" e diversa da questa - a una soteriologia del risentimento e della catastrofe catartica, in cui un Dio punitivo e giustiziere verrà presto a distruggere il Male incarnato nei nemici storici del popolo eletto e ad inaugurare un'era millenaria di trionfo a tutto vantaggio dei suoi santi. Questo libro si occupa delle ricadute storiche e degli esiti teologici della spiritualità apocalittica nelle tre grandi religioni abramitiche.
Il XX secolo, e in particolare il periodo successivo al Concilio Vaticano II, ha visto l'ingresso delle donne in teologia, sia per quanto riguarda la ricerca e la produzione scientifica, sia per quanto riguarda il loro inserimento nelle istituzioni accademiche. Le teologhe italiane hanno conseguito i più alti gradi accademici, hanno prodotto ricerche scientificamente rilevanti, insegnano nelle Università e negli Atenei Pontifici, nelle Facoltà e negli Studi Teologici distribuiti su tutto il territorio nazionale. Sebbene l'apporto delle donne abbia raggiunto ormai proporzioni significative non è stata ancora realizzata una ricognizione della loro produzione e della loro presenza nelle istituzioni scientifiche. Chi sono le teologhe italiane? Quante di esse insegnano nelle realtà accademiche? Di cosa si occupano? Quale accoglienza la loro produzione incontra in un campo di plurisecolare monopolio maschile? È stato quindi necessario tracciare un quadro ragionato, sia per quanto riguarda la cosiddetta teologia femminista, sia per ogni altro tipo di produzione teologica femminile. Altrettanto indispensabile si è rivelata sulla consistenza effettiva della collocazione delle donne nelle istituzioni accademiche. La ricerca si presenta suddivisa in due sezioni. La prima consiste in una panoramica della produzione teologica femminile in Italia. La seconda si presenta come una mappatura della presenza delle donne insegnanti all'interno delle istituzioni accademiche.
Dal secondo dopoguerra in poi non poche sono state le accuse di antigiudaismo mosse ai testi del Nuovo Testamento, in particolare al Vangelo di Giovanni. Ciò è dipeso da una mutata sensibilità nell’approccio alle questioni inerenti i rapporti tra ebraismo e cristianesimo, che ha retroproiettato interrogativi spinosi ai primi secoli dell’era cristiana. Si è pertanto resa indispensabile in ambito esegetico e storiografico una riflessione critica sul modo in cui si ricostruiscono le strutture sociopolitiche e religiose del giudaismo del I secolo e alla luce del quale si interpreta nel Quarto Vangelo la relazione conflittuale tra Gesù e i “giudei”, opportunamente collocati nei tempi e nei luoghi costitutivi della loro identità religiosa. Non è un caso, infatti, che tra i sentieri attualmente più battuti della ricerca sul vangelo giovanneo ci sia l’indagine dei profondi legami che esso manifesta con il suo milieu giudaico. Ma come e perché nasce il Quarto Vangelo? Esso è riducibile ad un riflesso della situazione della chiesa giovannea alla fine del I secolo, che rispecchierebbe l’ormai consumata rottura tra comunità cristiana e sinagoga? Oppure il testo può offrire anche elementi utili alla ricostruzione storica del rapporto tra Gesù e i suoi contemporanei? Come possono lavorare insieme esegesi, indagine storica e riflessione teologica per ricostruire tempi, luoghi e protagonisti del Quarto Vangelo? A tali interrogativi il volume “Giovanni e il giudaismo”, grazie ai contributi di insigni studiosi – incontratisi a Napoli presso la sezione san Luigi della Pontifica Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – vuole dare risposta, guidando il lettore alla scoperta sia della ricchezza di temi che il Vangelo di Giovanni offre sia della complessità e pluralità dei campi di ricerca contemporanei, ancora poco recepiti in ambito italiano.
Chi erano i profeti e che funzione aveva la profezia nel cristianesimo antico? Quali ipotesi possono essere formulate sul cosiddetto declino della profezia nel II secolo? Fu l´affermarsi della grande Chiesa a monopolizzare la profezia e a relegare i profeti in una posizione marginale? Alla luce di un rinnovato approccio alle fonti e di nuova documentazione presa in considerazione, si rivela oggi indispensabile riconsiderare alcune questioni centrali: le differenze che si riscontrano nelle Chiese: i rapporti del profetismo cristiano con quello israelitico-giudaico e con quello greco-romano; il tipo di profezia che si esprimeva nei gruppi minoritari e marginali, il ruolo della profezia femminile e dei martiri cristiani, il rapporto tra vescovi e profeti. Il volume raccoglie contributi su queste tematiche di attenti ricercatori e di alcuni tra i più autorevoli studiosi italiani di cristianesimo antico e giudaismo e apre nuove e interessanti prospettive di ricerca.