Il volume raccoglie gli scritti editi e inediti di Romano Guardini su Dostoevskij. Le figure religiose nelle sue opere: il popolo, le donne devote, i miti e il sacro, gli uomini spirituali, il pellegrino Makàr, l'angelo, la ribellione, La Leggenda del Grande Inquisitore e Ivan Karamazov, Kirìllov, il simbolo di Cristo, la figura di M?skin, l'Idiota. I temi: il paganesimo, l'ateismo, l'espressione religiosa e il male, il tramonto dei valori cristiani. Come afferma Guardini emerge "l'intensità religiosa" e "il modo di esprimere il sacro" nella "creazione di Dostoevskij".
Il contenuto di queste pagine, scritte nel 1949, si può considerare un contributo preveggente alla questione riguardante l'inizio vita, oggi tanto dibattuta. Guardini vi ribadisce alcuni principi di fondo che ritiene irrinunciabili, quali anzitutto la natura di "essere personale" del nascituro: una natura che non è di tipo biologico o psicologico, ma «esistenziale» (existentiell) e che è per lui alla base della dignità di ogni essere umano. Una dignità che non può essere messa a disposizione di alcuna considerazione utilitaristica, sia essa fatta valere da un singolo, dalla società o dallo Stato. Ciò porterebbe a considerare e a trattare l'essere umano come "mera cosa" di cui altri possono disporre liberamente.
Gli scritti editi e inediti di etica, che mostrano l'attualità della riflessione morale di Guardini dopo l'epoca Moderna, in particolare la sua dimensione "dialogica", dove il Tu non è solo Dio, ma l'altro, la persona, la comunità...
Gli scritti di Romano Guardini su Friedrich Hölderlin (1770-1843), la cui filosofia e letteratura hanno caratterizzato il pensiero dell'Ottocento e del Novecento.
Il nuovo volume dell'Opera Omnia di Romano Guardini indaga la figura di San Bonaventura (1217/1221 circa - 1274), uno dei maggiori teologi medievali amico di san Tommaso d'Aquino.
A cura di Oreste Tolone
COMMENTO: Attesissimo questo volume dell'Opera Omnia, raccoglie le riflessioni inedite di Guardini su Dante. Con la sua finezza letteraria e filosofica, oltre che teologica, il pensatore italo-tedesco ne disegna un ritratto peculiare, d'interesse per gli studiosi di Dante e di Guardini.
COMMENTO: Il volume XXVI/1 dell'Opera Omnia è incentrato sulla corrispondenza epistolare tra Guardini e l'amico Josef Weiger. Uno spaccato della cultura cattolica europea della prima metà del '900.
Il secondo tomo del terzo volume dell'Opera Omnia di Romano Guardini pubblica, in prima mondiale, l'Antropologia. Con documenti inediti.
Nel 1841 fu pubblicato il libro di Ludwig Feuerbach, L'essenza del Cristianesimo, nel 1907 quello di Adolf von Harnack con lo stesso titolo. I due celebri scritti, che tante controversie accesero nel mondo cristiano e fuori di esso, appaiono, il primo, distruttivo e, il secondo, riduttivo di ciò di cui intendevano precisare l'essenza: né certo la religione "umanistica" feuerbachiana, né l'orientamento "liberale" harnackiano con la limitazione drastica del kérygma evangelico alla sola proclamazione del Regno, sono adeguati all'oggetto della loro indagine. Con quest'opera, che in brevi ma incisive pagine affronta il medesimo sgomentante tema, Romano Guardini propone alcune idee fondamentali sull'essenza di quella realtà che ha inserito nella storia del mondo l'esigenza tormentosa e beatificante della scelta: il messaggio di vita divina, l'annuncio di salvezza, la rivelazione della verità trascendente nel Cristo. Quest'essenza, messa a confronto con la sostanza di altre predicazioni "religiose" come quella buddhistica, l'eleva da esse nella sua assoluta eterogeneità: non è un discorso di consolazione, non è un metodo etico, non è un'elaborazione teoretica dell'esistenza umana e del mondo.
Lo spirito della liturgia è una classica interpretazione della spiritualità liturgica, germinata da una straordinaria potenza d'intuizione e da una perspicacia anticipatrice dei movimenti storici, quale il Guardini ha sempre testimoniate. Il volume, che uscì nel 1919 nella collezione "Ecclesia orans" promossa dall'abate Ildefons Herwegen di Maria Laach, nulla ha perduto a tutt'oggi della sua forza di penetrazione, del suo vigore di sintesi. Nei santi segni l'autore avvia ad una calda comprensione della liturgia e del suo simbolismo. Gli si apre dinanzi così, intatta, la ricchezza di allusione e di appello religioso insita nel segno della croce, nell'inginocchiarsi, nel vario atteggiarsi della mano di chi prega, nell'incedere processionale, nel battersi il petto, nel cero, nell'acqua benedetta, nella fiamma sacra, nella cenere penitenziale, nell'incenso, nella luce, emblema della verità di Dio, nel pane e nel vino, nell'altare coi suoi lini, nel calice e nella patena, nella benedizione, nelle campane. Lo spazio nelle sue direzioni, il tempo con l'avvicendarsi dei ritmi quotidiani, rivelano, essi pure, un'arcana consacrazione liturgica. Profondità cristiana e sensibilità lirica si fondono armonicamente in queste pagine.
Libro che ha anticipato l'attuale dibattito sulla post-modernità, "La fine dell'epoca moderna" (1950) è il luogo in cui Guardini dà il meglio di sé come filosofo e teologo. Con radicalità teoretica, ma anche con sensibilità letteraria, Guardini traccia i lineamenti dell'affermarsi dell'idea di modernità. Un'idea che si compie e disintegra con la prima guerra mondiale. Non è la logica stessa della modernità - si chiede Guardini - a metter capo ad un inaspettato ritorno del caos, interno ed esterno? "L'uomo sta nuovamente di fronte al caos... In questo secondo caos si sono riaperti tutti gli abissi delle origini". Che ne è del kerygma cristiano in quest'epoca che "non ha ancora un nome"? Con disincanto Guardini rigetta ogni nostalgia restauratrice. Certo, all'altezza dei tempi "la solitudine della fede sarà tremenda"; ma non v'è qui un kairós provvidenziale? "La fede diviene più parca, ma anche più pura e più grave": una fede in cui rivive l'idea cristiana di persona. E gli scuotimenti che caratterizzano la nuova epoca non comportano la necessità di reinterrogare i fondamenti del concetto di Potere? È quanto Guardini fa nel secondo saggio qui raccolto (1951), dispiegando una lucida, e straordinariamente attuale, analisi delle radici teologiche e antropologiche del potere.
Nei due scritti qui raccolti ("Accettare se stessi" - "Conosce l'uomo solo chi ha conoscenza di Dio") Guardini parte dalla domanda costitutiva del soggetto: «Chi sono io?». Una domanda inquietante, nel tempo della compiuta modernità, in quanto non si danno risposte immediate e certe. Consumate le identità fondate su una presupposta autosufficienza dell'immagine dell'uomo, per Guardini la domanda esistenziale ritrova una risposta nella Parola: questo è il senso del biblico essere fatti ad immagine e somiglianza di Dio. In questo Nome l'uomo ritrova se stesso, ritrova il proprio nome. Ma sarà un ritrovarsi solo nel tempo del Giudizio. Nel frattempo - nel «nostro tempo glaciale…in un cosmo totalmente estraneo» - all'uomo che non cessa di cercarsi, Dio si dà nella polarità della lontananza e vicinanza: fedele alla chiamata - ostinato nella ricerca del proprio "nome nuovo" - sarà solo chi, rifiutando ogni sicurezza idolatrica, attenderà in una fede certo povera, ma pura.
La traduzione italiana dell'opera in cui Guardini traccia le linee della sua antropologia filosofica: l'immagine dell'uomo, del mondo, della Provvidenza alla luce della Rivelazione cristiana.
Gli scritti di Guardini su Socrate e Platone, con la pubblicazione in prima mondiale di vari inediti del pensatore. Un libro che rivela Guardini interprete tra i massimi dei padri della filosofia occidentale. L'Autore è tra i più importanti teologi del XX secolo. L'introduzione è firmata da E. Berti.
L'autore, con le tre meditazioni qui raccolte, ha inteso fare opera non teoretica, ma pratica: invitare cioè, con l'urgenza di un appello rivolto alla singola persona, ad un ripensamento del problema del bene, della coscienza e dei rapporti che li legano nel vivo dell'azione.
Costante è stata l'attenzione di Guardini per le opere d'arte nella loro valenza storico-metafisica. Basti qui ricordare le interpretazioni di Dante, Dostoewskij, Mörike, Hölderlin, Rilke: ormai dei classici dell'ermeneutica contemporanea. In questo breve saggio Guardini traccia i lineamenti della sua estetica: il costituirsi della forma artistica, le immagini, il senso, il nesso tra etica e bellezza, il rapporto con la realtà al di là degli equivoci del realismo. Un'estetica che proprio nel riconoscimento dell'autonomia ontologica dell'opera d'arte - "ha sì un senso ma non uno scopo [...] Non mira a nulla, ma significa; non vuole nulla, ma è" - ne disvela il coté teologico: "quel carattere religioso insito nella struttura dell'opera d'arte in quanto tale; nel suo rinvio al futuro, a quel "futuro" puro e semplice che non può più essere fondato a partire dal mondo. Ogni autentica opera d'arte è essenzialmente "escatologica" e proietta il mondo al di là, verso qualcosa che verrà".
Nuova edizione di un classico del pensiero guardiniano: il lettore è guidato nei grandi romanzi, nei personaggi, nelle idee di Dostoevskij.
Una stessa ispirazione guida "tutta la mia opera: raggiungere uno sguardo d'insieme che abbracci l'esistenza cristiana nella sua complessità". Sono le parole che aprono questo libro, che potrebbe definirsi una fenomenologia dell'esistenza cristiana, interpretata in senso filosofico, psicologico e teologico. Che cos'è la libertà? La grazia? Il destino? Domande che Guardini dispiega con rigore e chiarezza, conducendo il lettore sui significati inaspettati, e più profondi, di una vita nella fede. Un'analisi che - proprio per il respiro della riflessione guardiniana - illumina sì la vita del credente, ma anche, e forse soprattutto, di ogni uomo che si interroghi sul senso della propria esistenza.