In verità, non so in quali termini parlare specificamente della carità, poiché so che tutti i comandamenti del Signore germogliano da essa. Se molti, infatti, sono i rami delle opere buone, una sola è la radice della carità,
nel cui calore i malvagi non possono perseverare a lungo.
Giovanni Gualberto, già monaco nel monastero di San Miniato a Firenze, non è mosso dal desiderio di una nuova forma di vita monastica quando dà inizio alla piccola comunità nei pressi di Vallombrosa, ma si sottrae al governo dell’abate simoniaco per vivere una vita più autenticamente cristiana, con una grande fedeltà alla tradizione monastica, nella forma cenobitica, secondo la Regola di Benedetto. La volontà dei suoi discepoli di raccoglierne l’eredità spirituale nelle diverse fondazioni che erano nel frattempo sorte e l’avvio della prassi del capitolo generale portarono alla configurazione della congregazione vallombrosana tra la fine dell’xi e l’inizio del xii secolo. Il presente lavoro raccoglie testimonianze sull’esperienza personale di Giovanni e sui momenti fondamentali dello sviluppo della congregazione. Carità, obbedienza e distacco dal mondo appaiono l’eredità lasciata da Giovanni e raccolta dai suoi discepoli, che hanno fatto proprie le preoccupazioni che più lo avevano animato nella vita: l’amore fraterno, la comunione e la concordia nella comunità.
“Se vogliamo realmente giungere all’autentica perfezione delle virtù, dobbiamo lasciarci guidare da quei maestri autorevoli, i quali, più che vagheggiarla con vane discussioni, l’hanno realmente raggiunta e ne hanno fatto esperienza, e perciò possono insegnarla anche a noi, guidare anche noi verso di essa e mostrarci la via più sicura per raggiungerla”.
Originario di una regione dell’impero romano (la Scizia, oggi Romania) dove si parlava sia il latino che il greco, Giovanni Cassiano, dopo un lungo soggiorno nei monasteri della Palestina e dell’Egitto, scrisse per i monaci d’occidente, nei primi decenni del IV secolo, le Istituzioni cenobitiche e le Conferenze dei padri, pensate come progetto organico capace di trasmettere e di tradurre in un linguaggio accessibile l’esperienza e l’insegnamento dei “padri” conosciuti in oriente. Nell’assoluta fedeltà all’evangelo propose così un sapiente equilibrio tra vita comunitaria e vita solitaria, mettendo l’ascesi a servizio della carità. La sua opera, ponte e anello di collegamento fondamentale tra oriente e occidente, ha permesso a innumerevoli generazioni di monaci di attingere alle fonti più antiche e autentiche del monachesimo e rimane una delle pietre miliari della letteratura cristiana della chiesa indivisa.
“Poniti innanzitutto alla presenza di Dio in timore e tremore, come chi sta al cospetto dell’imperatore; annullati totalmente e siedi come un bambino contento solo della grazia di Dio e incapace, se non è la madre stessa a donargli il nutrimento, di sentire il sapore del cibo e anche di procurarsene”.
La vita di Romualdo, monaco vissuto tra x e xi secolo, è segnata da numerose vicende legate alle sue fondazioni di eremi e cenobi. Il suo desiderio di dedicarsi senza distrazione alla ricerca di Dio nella preghiera e nell’ascolto della Parola lo spinge a ercare continuamente un luogo in cui potersi dedicare a una vita spirituale intensa e a un'esistenza evangelica. La sua ultima fondazione, Camaldoli, è l’eredità matura lasciata da Romualdo ai fratelli che si erano uniti a lui dando vita a una forma monastica peculiare. Il presente lavoro si propone di rileggere alcune fonti per poter comprendere meglio l’esperienza di Romualdo e la sua reale personalità. I testi qui raccolti esprimono l’anelito iniziale e il progetto dei primi monaci camaldolesi e fanno emergere la centralità dello sviluppo della vita interiore nell’esperienza cristiana e monastica.
Dio è buono!
Nessun sospetto ci colga che il nostro padre Adamo
abbia peccato per volere di lui.
Piuttosto pensiamo rettamente del Signore
e cerchiamolo con cuore semplice.
La volontà di Dio e L’onnipotenza di Dio sono due brevi scritti sul male, il peccato e la redenzione che segnano gli albori della riflessione di Ruperto, abate del monastero benedettino di Deutz all’inizio del xii secolo. Intervenendo per confutare l’idea di una volontà di male presente nel Creatore, Ruperto difende appassionatamente la bontà e l’amore di Dio: il male è solo la persistente deviazione verso la morte da parte di una creatura mutevole e fragile che fatica ad aderire nella fede a un Dio d’amore. Ma la disputa teologica è in realtà il riflesso di un’esperienza umana di rara profondità e modernità: è dal confronto tra i moti del cuore umano e l’unica e ultima autorità infallibile, la parola di Dio, che si schiude davanti a ogni uomo un autentico cammino di speranza. Sì, poiché “Dio è buono”, è lecito continuare a sperare per tutti!
Gesù non solo si manifesta a coloro che si dedicano alla contemplazione, ma anche a quanti camminano con giustizia sulle vie dell’azione. Lo sanno alcuni di voi, poiché spesso Gesù, che hanno cercato nella preghiera senza trovarlo, inatteso è andato loro incontro sulla via del lavoro.
Per Guerrico d’Igny parlano i suoi sermoni: poco sappiamo infatti della sua vita, ma quanto ci ha lasciato nelle omelie tenute ai suoi monaci è di profondo insegnamento per le nostre vite ancora oggi. La sapienza spirituale di questo abate del xii secolo – che, assieme a Bernardo, Guglielmo e Aelredo, è stato giustamente definito “uno dei quattro evangelisti di Cîteaux” – emerge con salda pacatezza dalle pagine qui presentate nella prima traduzione italiana integrale . Frutto dell’assiduità con la Parola nella lectio divina, queste meditazioni bibliche per le diverse festività e i vari tempi dell’anno liturgico costituiscono anche un prezioso strumento per la lettura patristica nella liturgia delle ore quotidiana.
Il monaco consideri la cella come necessaria per la sua salvezza e per la sua vita al pari dell’acqua per i pesci e dell’ovile per le pecore. Più a lungo vi abiterà, più vi rimarrà volentieri; se, invece, prenderà l’abitudine di uscirne spesso e per motivi futili, ben presto l’avrà in odio.
Alla fine dell’xi secolo Bruno di Colonia, già maestro rinomato a Reims, e alcuni suoi compagni si ritirarono nella solitudine della Chartreuse, massiccio roccioso e boschivo presso Grenoble, per praticarvi una vita di tipo semi-anacoretico ritmata dalla preghiera e dal lavoro. Con il sorgere delle prime fondazioni, la stesura e l’approvazione delle prime Consuetudini e l’avvio della prassi del capitolo generale, le diverse case che si ispiravano alla vita dei monaci della Chartreuse presero poi a configurarsi secondo la fisionomia di quello che sarà, verso la fine del xii secolo, l’ordine certosino propriamente detto. I testi qui raccolti testimoniano dei momenti fondamentali di tale processo e ne fanno emergere la qualità schiettamente evangelica . Il lettore trova così un prezioso aiuto per cogliere l’ispirazione che ha suscitato e animato la primitiva forma di vita certosina e che per circa un secolo ha orientato i passi dei suoi principali testimoni e custodi.
Dovete leggere e ascoltare le Scritture divine con desiderio tale che nelle vostre case e dovunque siate possiate parlarne e istruirne gli altri.
La figura di Cesario d’Arles si staglia tra le più luminose della Gallia meridionale nel travagliato periodo della prima metà del vi secolo. Presbitero a Chalon-sur-Saône, poi monaco a Lérins, abate ad Arles e infine vescovo della prestigiosa sede della prefettura delle Gallie, Cesario non si stancherà mai di predicare la Parola a tempo e fuori tempo, preoccupato unicamente che il messaggio evangelico potesse dilatarsi fino a raggiungere uomini e donne di ogni condizione sociale. Profondo conoscitore delle Scritture e delle opere dei padri, si dà cura di sminuzzare il pane della Parola per il popolo di Dio, convinto com’è che il Vangelo sia l’unico cibo solido capace di sostenere l’uomo nel suo pellegrinaggio verso il Padre. Alcuni tra i suoi numerosi sermoni vengono qui ripresentati nella schietta genuinità di un linguaggio che sa toccare il cuore di ciascuno con la sua evangelica semplicità.
Nella solitudine e nel silenzio dell’eremo si acquista quell’occhio dal cui sereno sguardo è colpito lo Sposo e attraverso il quale, se senza macchia e puro, si vede Dio.
Verso la fine dell’ xi secolo, nei decenni in cui la riforma di Gregorio VII impegnava la cristianità occidentale in una duplice lotta per la libertà della chiesa dal potere temporale e per un vigoroso ritorno a una testimonianza di fede più evangelica, alcuni uomini di Dio si ritirarono assieme a uno stimato professore di Reims, Bruno di Colonia, nel massiccio roccioso della Chartreuse, vicino a Grenoble. Immersi nella solitudine e nel silenzio, ma sostenuti dalla vicinanza dei fratelli e dall’intensa carità, gli eremiti certosini sapranno irradiare attorno a sé la loro sete di Dio e il loro amore per gli uomini. Sono qui raccolte per la prima volta in italiano tutte le lettere – a monaci, vescovi, papi, re e semplici fedeli – delle prime generazioni di questi monaci, dal fondatore Bruno al nono priore, Guigo II: dalla franchezza e dall’umiltà di questi testi traspare la limpidezza della testimonianza cristiana e l’ardore di una comunione spirituale che sa rendere parlante anche il silenzio.
“Nel nostro agire non vi sia alcuna discordanza, ma viviamo in una medesima carità ”. Questo l’intento dei primi padri di Cîteaux e della loro opera di riforma del monachesimo agli albori del xii secolo. Con il sapiente equilibrio tra rispetto dell’ autonomia e solidarietà nel bisogno crearono le condizioni ideali per un ritorno alla radicalità evangelica attraverso una rete fraterna di monasteri dove preghiera e lavoro si armonizzavano nella vita quotidiana. Con la Carta Caritatis i padri di Cîteaux avviarono anche un nuovo tessuto di rapporti internazionali allo sfaldarsi del Sacro Romano Impero. Sono qui raccolti per la prima volta in italiano tutti i documenti di quella straordinaria generazione di monaci che nel volgere di mezzo secolo rinnovarono il volto dell’ Europa cristiana (dalla “ Prefazione” di Enzo Bianchi).
Noi rivendichiamo per noi un’affinità profonda con te, visto che il Figlio tuo grazie allo Spirito di adozione non disdegna di assumere lo stesso nostro nome. Questo libro è testimonianza di una ricerca del volto di Dio. Raccoglie due scritti: il De Contemplando Deo, opera tra le più conosciute, meditate e amate di tutto il medioevo, e una breve Oratio, rimasta invece praticamente ignota per lunghi secoli. Autore di entrambi, quello “ spirito inquieto per amore di quiete” che fu Guglielmo di Saint-Thierry, grande figura di monaco cistercense vissuto attorno al 1100. Questa nuova edizione permette a un ampio pubblico di gustare due gioielli della letteratura mistica medievale.